Nei prossimi 10 anni assisteremo a quella che si potrebbe definire una democratizzazione dei private asset, hanno detto nei giorni scorsi Luca Tenani, amministratore delegato di Schroders Italy Sim, e Charles Hopkinson-Woodley, head of alternative products di Schroders, in occasione di una presentazione alla stampa incentrata proprio sulle potenzialità del private capital e per far passare il messaggio che Schroders intende essere protagonista di questo trend, vista la sua forte esperienza anche in questo settore: sul totale dei 508,2 miliardi di euro gestiti da Schroders a livello globale a fine giugno 2018, 34,4 miliardi di euro sono rappresentati da private asset, in forza anche del fatto che nel 2017 l’asset manager ha comprato Adveq, specialista di private equity, e quest’anno Algoquin Management Partners, real estate manager specializzato nel settore alberghiero
Più in particolare, Schroders sta pensando a prodotti finanziari che abbiano un’architettura aperta e che siano più liquidi di un fondo di private capital ed è già a lavoro con intermediari e private banker per studiare prodotti ad hoc in grado di portare un servizio oggi riservato a un investitore istituzionale anche a quello più retail.
L’iniziativa di Schroeder si inserisce in quello che sta diventando un vero e proprio trend. Nei giorni scorsi Fideuram Alternative Investments Mercati Privati Globali ha lanciato infatti con Partners Group un fondo chiuso, ma non riservato e con una soglia d’ingresso di 100mila euro, dedicato ai clienti private e upper affluent che permette di investire su quattro differenti asset class e cioé private equity, private debt, infrastrutture e real estate.
Una ventina di giorni fa Mediobanca Private Banking ha annunciato l lancio di un primo fondo dedicato ai clienti privati per investire in modo integrato in strumenti illiquidi (si veda altro articolo di BeBeez). La strategia del fondo, battezzato Mediobanca Private Markets Fund I, è stata sviluppata dalla statunitense Russell Investments, advisor globale di clienti istituzionali e leader globale nel processo di selezione dei manager negli alternativi. Russel Investments sarà anche il gestore operativo del fondo.
Lo scorso luglio, infine, il gruppo Azimut, che lo scorso luglio aveva lanciato il fondo Azimut Private Debt, il primo fondo di questo tipo dedicato agli investitori retail e distribuito dalla rete di consulenti finanziari e wealth manager del gruppo. Il fondo, gestito da Azimut Capital Management sgr, ha come advisor P&G sgr, DeA Capital Alternative Funds sgr e Green Arrow Capital sgr (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando a Schroders, Tenani e Hopkinson-Woodley hanno sottolineato che oggi soltanto il 2% del capitale medio investito in private equity proviene da wealth manager e un altro 2% dal family office e questo perché i periodi di lock up sono lunghi, le commissioni alte e le strutture complesse, ma è anche un tema di governance, trasparenza, accessibilità alle operazioni e profilo rischio-rendimento. Tutte variabili che tengono gli investitori retail, pur con possibilità finanziarie da private banking, lontani da questo tipo di asset. Senza contare, poi, i limiti imposti dalla normativa italiana, che permette ai private banker di proporre ai loro clienti investimenti in private asset soltanto per un importo massimo pari all’1% del loro patrimonio, mentre contemporaneamente i fondi riservati hanno ticket minimi di investimento di 500 mila euro.
Non a caso AIFI negli ultimi mesi ha chiesto al governo di abbassare la soglia minima dell’investimento in asset alternativi tramite private banking dagli attuali 500 mila a 200 mila euro e di immaginare veicoli di investimento dedicati al private banking con focus sull’economia reale e quindi su private equity e venture capital (si veda altro articolo di BeBeez). Un’idea quest’ultima cavalcata per prima da Assofintech, con la sua proposta di inserire nella Legge di Bilancio una norma che favorisse canalizzazione verso il venture capital del risparmio privato, ma con particolare riferimento al private banking, che per definizione è punto di riferimento di investitori privati che sono in grado per dimensione del patrimonio e per tipo di approccio al rischio, di investire in asset illiquidi (si veda altro articolo di BeBeez). L’incentivo proposto è rappresentato da un regime di esenzione fiscale per i redditi diversi e per i redditi di capitale percepiti da persone fisiche residenti in Italia prodotti da fondi di investimento europei a lungo termine, cosiddetti ELTIFs o European Long-Term Investment Funds, a condizione che quei fondi prevedano nel proprio regolamento l’obbligo di investire almeno il 5% delle somme raccolte in Oicr che investano prevalentemente in startup innovative e/o in pmi innovative.
Quanto alla soglia minima di investimento in asset alternativi, AIFI sta lavorando a stretto contatto con l’Associazione Italiana del Private Banking per arrivare a ridurla da 500 mila euro a 200 mila, ferma restando la percentuale massima dell’1% del patrimonio. Ciò significa a clienti con patrimonio di 20 milioni di euro il private banker potrebbe proporre investimenti alternativi per 200 mila euro, mentre ora a quei clienti non li può proporre. Si amplierebbe in maniera importante la platea dei potenziali investi