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uanto rende investire in navi? Teoricamente, molto. Si può arrivare anche all’11% all’anno per tre anni, se tutto va bene. Ma si può perdere anche parecchio, sino a oltre il 7% all’anno nello stesso periodo.
E’ il risultato di una serie di simulazioni che ha condotto Venice Shipping e Logistics per BeBeez e che sono state pubblicate in anteprima sabato 3 giugno da MF Milano Finanza. Si tratta del primo di una serie di esercizi che Vsl elaborerà per BeBeez, sotto il nome di Vsl Shipping Equity Index, per diverse tipologie di navi, sulla base delle previsioni di mercato di Clarkson Research Services (per scaricare il documento con le previsioni di Irr dello Shipping Equity Index clicca qui).
In uno scenario positivo per i noli, un investimento oggi in una nave Medium Range Tanker (una petroliera di medie dimensioni) di seconda mano dell’età di 5 anni con un’ipotesi di disinvestimento tra tre anni può dare un rendimento (Irr) di ben l’11,25% all’anno, se l’operazione viene finanziata a leva, oppure l’8,25% senza leva.
Ma certo, quello è il caso migliore. Se si immagina il caso base, in cui i noli si attesteranno attorno ai 14 mila dollari al giorno, allora l’Irr previsto è molto più contenuto e nell’ordine del 2,4%. Basterebbe però, che i noli scendessero di un 10% rispetto all’ipotesi di base, perché l’investimento avesse un ritorno negativo del 7,4% all’anno. Perdita che sarebbe contenuta all’1,4% all’anno, nel caso di investimento senza ricorso alla leva.
In una prospettiva di 5 anni, invece, il rischio di perdita sarebbe molto più contenuto anche nel caso di investimento a leva, con una perdita di circa il 2,9% all’anno nel caso peggiore e la possibilità di guadagnare oltre il 10% nel migliore dei casi. L’esercizio, ripetuto per un investimento in una nave Handy Bulk (una portarinfuse secche di medie dimensioni), porta invece a rendimenti positivi molto più contenuti e a perdite potenziali molto più elevate, soprattutto in una prospettiva a 3 anni.
Ma dove andrà il mercato dei noli nei prossimi 5 anni? Secondo un modello previsionale presentato la scorsa settimana in
Università Bocconi a Milano e sviluppato dal
CerTeT (Centro di Economia Regionale, dei Trasporti e del Turismo) in collaborazione con Venice Shipping e Logistics (scarica
qui il modello CerTeT-Vsl), infatti, i noli per esempio di per una nave portarinfuse secche del tipo Cape size contrattualizzata per un anno, sono destinati a salire dai minimi segnati nel 2016 sotto quota 13 mila dollari al giorno, sino a 13.507 dollari quest’anno, a stallare l’anno prossimo e poi a salire in maniera lenta, ma costante nei successivi 4 anni per arrivare a oltre 15.500 dollari nel 2020 e a oltre 28mila dollari nel 2022.
Certo, si tratta ancora di livelli minimi, se si pensa che il picco del 2007 era stato a oltre 110 mila dollari al giorno. Nello stesso anno, il massimo dei noli per una Medium Range Tanker era invece stato poco sopra i 25 mila dollari al giorno, mentre nel 2016 si era scesi attorno ai 15 dollari dopo un minimo d ripresa attorno ai 17 mila nel 2015. Le previsioni del modello sono per una discesa dei nolti ancora quest’a nno e l’anno prossimo sino a verso 13 mila dollari, per poi risalire a oltre 14300 nel 2020 e a oltre 17200 nel 2020.
Il modello Certet Bocconi-Vsl evidenzia che l’aumento dei noli risulta legato in maniera esponenziale al tasso di utilizzo della flotta mondiale per ciascun tipo di nave, con in particolare un’impennata nel momento in cui il tasso di utilizzo supera l’86%. Più nel dettaglio, considerando che il tasso di utilizzo della flotta è dato dal rapporto tra la domanda di trasporto e la capacità massima della flotta attiva, valori di utilizzo della flotta superiori all’80%, il nolo inizia a salire e con oltre l’88% accentua la propria crescita, ma con valori intorno al 92% produce un nolo sino a 5 volte superiore a quello che caratterizza le fasi deboli del mercato. Al momento dello scoppio della bolla dei noli nel 2007, il tasso di utilizzo era per esempio del 95% per una Panamax (nave portarinfuse secche, le cui dimensioni permettono il passaggio nelle chiuse del canale di Panama), mentre oggi siamo attorno all’80%