Ha chiuso in sordina l’attività degli investitori di venture capital in Italia nel 2022, con un ultimo trimestre che ha visto una raccolta di circa 200 milioni di euro rispetto ad un terzo che aveva invece registrato un vero e proprio boom, con oltre un miliardo di euro di raccolta (si veda qui il Report Venture Capital Q3 2022 di BeBeez).
Per quanto riguarda i primi due trimestri dell’anno, il secondo trimestre aveva segnato un rallentamento, con solo circa 550 milioni (si veda qui il Report Venture Capital Q2 2022 di BeBeez), mentre nel primo la raccolta era ammontata a 755 milioni (si veda qui il Report Venture Capital Q1 2022 di BeBeez). Il tutto, quindi, per un totale di circa 2,57 miliardi di euro per 339 round contro i 2,9 miliardi, spalmati su 535 round del 2021 (si veda qui il Report Venture Capital 2021 di BeBeez).
I dati sono raccolti da BeBeez Private Data (il database di BeBeez disponibile in abbonamento, clicca qui per informazioni e per un upgrade del tuo abbonamento BeBeez News Premium).
In un quadro globale di rallentamento globale, dunque, il mercato italiano del venture capital appare in salute. L’anno scorso, secondo i dati del Vem monitor, elaborati da Aifi insieme con Intesa Sanpaolo Innovation Center, E. Morace & Co. Studio legale e con il supporto istituzionale di Cdp venture capital e Iban Association, che dallo scorso anno utilizza l’approccio di BeBeez e considera non solo le startup e scaleup italiane, ma anche quelle con sede estera e fondate da italiani, il 2022 si è chiuso con 370 operazioni (initial e follow on) rispetto alle 317 dell’anno precedente (+17%). Se si guarda solo ai nuovi investimenti, initial, questi sono stati 310 rispetto ai 285 del 2021.
Per quanto riguarda l’ammontare investito in startup italiane sia da operatori domestici sia esteri, il valore si attesta poco meno di 1,9 miliardi di euro distribuiti su 349 round, in aumento rispetto ai 992 milioni per 291 operazioni del 2021.
Al contrario, diminuisce l’ammontare investito in realtà estere fondate da imprenditori italiani che passa da 919 milioni a 302 milioni di euro e da 26 a 21 operazioni. Sommando queste due componenti, il totale complessivo si attesta a 2,2 miliardi di euro (erano 1,9 miliardi nel 2021), (si vedano qui il comunicato stampa e qui il rapporto completo).
Si legge nel report che “in linea con la contrazione a livello globale, la componente dedicata agli investimenti in startup estere promosse da founder italiani ha visto un calo e ha raggiunto 260 milioni di euro (erano 914 nel 2021). Considerando l’apporto dei follow on, quindi, si arriva a sfiorare 1,9 miliardi di euro per le startup italiane e poco più di 300 milioni di euro per quelle con sede all’estero ma con forti legami con l’imprenditorialità del nostro Paese”.
Le dimensioni, però, restano limitate rispetto a quelle di altri sistemi paese. Una situazione che da un lato ha permesso di godere di un luogo protetto di fronte all’estrema volatilità registrata negli ultimi mesi a livello internazionale, ma che va necessariamente superata in ottica futura, secondo quanto ribadiscono all’unisono gli operatori del mercato.
Il totale degli investimenti in tt (technology transfer) 2022 è stato pari a circa 100 milioni di euro su 46 operazioni. Questi risultati sono arrivati grazie anche all’impatto dei fondi della piattaforma ITAtech che a oggi hanno raccolto complessivamente oltre 300 milioni di euro realizzando, dal 2018, 118 investimenti per un ammontare totale pari a oltre 160 milioni di euro (compresi i co-investitori).
Dal punto di vista settoriale, l’Ict monopolizza l’interesse degli investitori di venture capital, con una quota del 39% delle società target. L’Ict è costituito per il 40% da operazioni su startup nel comparto dei digital consumer services, e per il 60% su società con focus su enterprise technologies. A seguire, il 10% delle target oggetto di investimenti initial è stato diretto verso i servizi finanziari, l’8% verso l’energia e ambiente e l’healthcare.
Dice ancora il report Vem Monitor: “Punto comune rispetto a quanto mappa to nel 2019, 2020 e 2021 è la presenza di startup fintech che attraggono capitali molto rilevanti per potersi sviluppare rapidamente, quest’anno anche affiancate da realità attive nell’ambito energy, che richiedono molto capitale sin dalle primissime fasi di vita. Allo stesso modo, si registrano deal di ammontare rilevante anche per le realtà estere con founder italiani ma, rispetto allo scorso anno, non sono stati registrati round superiori ai 100 milioni di euro“. Dopo l’Ict, comunque, continua a confermarsi al secondo posto il fintech (che infatti in base ai dati di BeBeez ha raccolto da solo oltre 900 milioni di euro di capitali dagli investitori, si veda qui il Report Fintech 2021 di BeBeez, disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data).
Con riferimento all’attività di corporate venture capital, nel 2022 é stata confermata una notevole presenza di imprese nei round. In particolare, è stata registrata la partecipazione delle corporate negli investimenti a supporto delle realtà imprenditoriali nascenti o nella fase di primo sviluppo in circa il 26% dei round complessivi, poco meno rispetto al 2021. Resta in crescita costante, infine, l’apporto dei business angel. “L’aumento è stato del 20%. Nel 2022, inoltre, l’80% degli investimenti in startup italiane ha visto il loro coinvolgimento, insieme ai fondi o in autonomia, per un totale di 1,5 miliardi di euro immessi nel comparto”, ha spiegato Paolo Anselmo, presidente di Iban.
Relativamente alle sole startup con sede in Italia, venture capital e corporate venture capital hanno investito 371 milioni di euro su 205 round, le attività di sindacato tra venture capital, corporate venture capital e business angel hanno fatto registrare investimenti pari a quasi 1,5 miliardi di euro su 144 operazioni e i soli business angel hanno investito 79 milioni in 72 round. Ed ecco che il totale di queste attività porta la filiera dell’early stage in Italia ad aver investito oltre 1,9 miliardi di euro su 421 round. Aggiungendo anche gli investimenti in startup estere con founder italiani, quello complessivo si attesta a oltre 2,2 miliardi di euro su 445 round, come accennato sopra.
Come per gli anni passati, a livello di investimenti initial, la Lombardia è la regione in cui si concentra il maggior numero di società target, 124, coprendo il 44% del mercato (era il 42% nel 2021, con 106 società). Seguono Lazio (13%) e Piemonte (10%).
“Siamo diventati adulti ma ora è necessario moltiplicare il numero gestori di fondi domestici, oggi circa 40 rispetto a una media europea di 150. Stiamo attraversando una fase di innovazione tecnologia crescente, in Europa è stato creato con il supporto di Bei un fondo di fondi di oltre 3 miliardi, al quale Germania, Francia, Spagna hanno apportato ciascuna oltre un miliardo di risorse. L’Italia partecipa solo marginalmente, ed è un peccato”, ha detto il presidente di Aifi, Innocenzo Cipolletta.
E la distanza con il resto dell’Europa? “È colmabile. La crescita delle operazioni follow on, sia in numero che ammontare, sembra indicare una maggior dimensione delle imprese”, ha detto Pierluigi De Biasi, partner dello studio legale E. Morace&Co. Ora serve una maggiore capacità di investire anche nel late stage, oltre a maggiori risorse. “Stiamo vivendo una fase di maturità. Come Cdp abbiamo fatto la nostra parte, soprattutto generando un effetto leva sia per la raccolta dei fondi che per gli investimenti nelle start up. La prossima sfida su cui lavorare è legata a un maggiore coinvolgimento di soggetti, come le casse previdenziali, i fondi pensione, le assicurazioni”, ha concluso Alessandro Scortecci, responsabile business development di Cdp Venture.