Ci sono ancora pochi giorni per aderire all’offerta di acquisto di azioni proprie da parte di EPS Equita PEP SPAC 2 spa, la Spac nata nel maggio 2018 dalla scissione di EPS Equita PEP Spac, la Spac promossa da Equita Group e Private Equity Partners spa e quotata su Aim Italia nel luglio 2017, dopo aver raccolto 150 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).
La Spac, infatti, non avendo eseguito nei tempi dovuti la business combination, ha annunciato lo scorso novembre un piano di riacquisto di azioni proprie in modo da permettere agli azionisti di accelerare i tempi di uscita dall’investimento, senza dover aspettare i tempi tecnici della liquidazione della società (si veda altro articolo di BeBeez). L’offerta, iniziata l’11 novembre, si chiuderà il prossimo 9 dicembre.
EPS Equita PEP aveva condotto la business combination con ICF (Industrie Chimiche Forestali), società che produce ed esporta nel mondo adesivi e tessuti ad alto contenuto tecnologico, quotata oggi all’Aim Italia (si veda altro articolo di BeBeez). A EPS 2 era stato quindi assegnato il patrimonio di EPS di 74,36 milioni di euro, cioé il patrimonio che non era stato necessario per l’acquisizione di ICF e non utilizzato per l’acquisto delle azioni proprie a seguito dell’esercizio del diritto di recesso da parte dei soci di EPS che non avevano approvato la business combination.
EPS 2 aveva 18 mesi di tempo per concludere la business combination e i 18 mesi scadevano lo scorso 10 novembre. Dopodiché la società sarebbe andata automaticamente in liquidazione. Visto che a ridosso di quella data non era stato possibile portare in porto l’operazione, i promotori della Spac hanno deciso di giocare d’anticipo e chiedere agli azionisti di allungare la vita della società, in modo tale da mettere in atto delle azioni che permettessero appunto agli stessi azionisti della Spac di uscire dall’investimento senza dover attendere altri mesi, dopo i due anni e mezzo durante i quali avevano visto i loro capitali parcheggiati.
Nel dettaglio, quindi, EPS 2 ha varato un progetto di acquisto di azioni proprie a 10 euro per azione per un totale complessivo di 72,7 milioni di euro, per le quali gli azionisti della Spac eserciteranno l’opzione di vendita tra l’11 novembre e il 9 dicembre, con regolamento il 13 dicembre. Contemporaneamente, comunque, e sempre sino al prossimo 9 dicembre, EPS 2 potrà comprare anche azioni ordinarie interamente liberate sul mercato Aim Italia, a un prezzo compreso tra i 9 e i 10 euro per azione.
Teoricamente c’era anche un’altra soluzione, che era quella di esercitare il recesso a 10 euro per azione, rispetto alla decisione dell’assemblea di modificare lo statuto allungando la vita della società. Il recesso è stato effettivamente esercitato da tanti azionisti che rappresentano lo 0,14% del capitale. Ma attenzione. Per questi azionisti esiste ancora un’alea di rischio che i tempi diuscita dal loro investimento siano più lunghi di quanto immaginano. In base al codice civile, infatti, la società potrà acquistare automaticamente a 10 euro le azioni oggetto di recesso e quelle che non sono state portate in offerta o vendute sul mercato, soltanto se la percentuale di azioni acquistate dalla società sarà almeno pari al 90% del capitale. Nel caso in cui la percentuale sia più bassa, le azioni che rappresentano la differenza (sia quelle per cui è stato esercitato il recesso sia quelle per le quali non è stat presa alcuna decisione) finiranno nel calderone della liquidazione e quindi quegli azionisti dovranno attendere degli altri mesi per rivedere i loro soldi.
Quanto alle ragioni per le quali la Spac non è riuscita a portare in porto la business combination, secondo quanto risulta a BeBeez i promotori hanno ritenuto che il contesto di mercato non fosse cambiato rispetto a quello che ha portato al fallimento delle business combination proposte da altre Spac nell’ultimo anno. Il risultato delle elezioni politiche del marzo 2018 aveva spaventato molti investitori, soprattutto gli esteri, e chi aveva raccolto capitali tra gli stranieri ha subito il fuggi-fuggi. Il risultato è stata una depressione delle quotazioni che in molti casi per le Spac a fine 2018 viaggiavano molto sotto i tradizionali 10 euro utilizzati in ipo da praticamente tutte le Spac.La situazione economica finanziaria non certo brillante, che ha colpito soprattutto le pmi, si è tradotta in una serie di riscatti per i fondi small cap che quindi hanno dovuto via via disinvestire, mentre gli investitori esteri si sono via via disaffezionati ai titoli a più bassa capitalizzazione. E anche quest’anno è proseguita la sostituzione degli investitori che avevano sottoscritto la Spac in ipo, tipici fondi di investimento in small cap, con investitori con approccio opportunistico, che sono via via entrati sul titolo a prezzi bassi con l’obiettivo di esercitare il recesso al prezzo di ipo al momento dell’annuncio della business combination, indipendentemente dalla qualità dell’azienda target proposta (si veda altro articolo di BeBeez).
D’altra parte le Spac che avevano raccolto soldi sul mercato quando ancora tutto questo non era accaduto venivano da un vissuto molto diverso. Il mercato azionario cresceva e questo rendeva in automatico le valutazioni alle quali le aziende target andavano in quotazione molto convenienti, perché i pochi mesi che intercorrevano tra gli accordi per la business combination e l’effettiva conclusione dell’operazione e la quotazione rendevano i multipli proposti più bassi di quelli ai quali giravano poi i titoli comparable, a seguito dell’apprezzamento del mercato. Poi il mondo è cambiato e per di più sono venuti a mancare i Pir, congelati dalla modifica normativa di un anno fa. Ora la nuova versione della legge dovrebbe riportare i Pir a essere attivi sul mercato small cap quotato e quindi a essere nuovi potenziali investitori nelle prossime Spac (si veda altro articolo di BeBeez). Che però è ragionevole pensare che, se verranno lanciate, saranno studiate in modo tale da evitare che le strutture siano facili bersaglio dei “recessisti” di professione.