Mentre alla Camera è ancora in discussione il Decreto fiscale, volevo sottolineare un tema di cui BeBeez ha parlato la scorsa settimana e cioé il via libera in Commissione Finanze della Camera all’emendamento al decreto fiscale che modifica la disciplina dei Pir (Piani Individuali di Risparmio (si veda altro articolo di BeBeez). Il voto era molto atteso perché la modifica in questione prevede la sostituzione dei due vincoli del 3,5% del patrimonio dei Pir da investire rispettivamente su Aim Italia e in fondi di venture capital con un unico vincolo del 5% del 70% del patrimonio da destinare a società di medio-piccola capitalizzazione diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib e Fitse Mid della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Sparisce quindi ogni riferimento al venture capital, mentre chi ne beneficia è il mercato Aim, non ipo ma sul secondario.
Il punto infatti è che questa norma finisce con lo spingere ancora una volta gli investimenti sul mercato secondario e non in ipo, così i soldi non arrivano alle imprese ma a chi vende i titoli sul mercato. Andrebbe invece premiato il Pir che investe in pre-ipo o ipo. E poi mai un Pir andrà a investire direttamente in società non quotate, se non sull’Aim, perché è troppo oneroso in termini di due diligence per un fondo che è strutturato per investire soprattutto su aziende quotate. Tutte le altre pmi non quotate, che sono il vero tessuto del paese, restano quindi fuori dal radar dei Pir. Se invece si spingesse in qualche modo l’investimento dei Pir in fondi di private equity, di venture capital e di private debt, allora sì che si creerebbe un vero volano virtuoso per l’economia reale.
Dico questo perché, ricordo, l’emendamento all’art. 13 del decreto prevede che “in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70 per cento del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato (…) o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio dello Stato; la predetta quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 25 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, e per almeno un ulteriore 5 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB e FTSE MID della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati”.
A fine ottobre aveva iniziato l’iter in Commissione Finanze un ddl a firma di Sestino Giacomoni, vice presidente della Commissione Finanze in quota Forza Italia, sempre con l’obiettivo di modificare la normativa sui Pir (si veda altro articolo di BeBeez). Oggi Giacomoni è il primo firmatario dell’emendamento riformulato da Governo e maggioranza. Conosco Giacomoni e so che è attento alle segnalazioni del mercato. Ed è per questo che mi sono permessa di scrivergli queste mie considerazioni su Linkedin. Magari a un prossimo giro riusciamo a cambiare qualcosa, chissà …