Cassa Depositi e Prestiti sarà sempre più impegnata nello sviluppo del mercato del private debt italiano, considerato in senso lato e quindi incluso il direct lending, compreso anche quello intermediato dalle piattaforme fintech. Lo ha spiegato molto chiaramente ieri Andrea Nuzzi, head of corporate and financial institutions di Cdp, in occasione del suo intervento al webinar organizzato dall’Osservatorio Minibond della School of Management del Politecnico di Milano sull’evoluzione del mercato del private debt in Italia, e di cui BeBeez è stato media partner (si veda qui il video del webinar, qui il comunicato stampa e qui altro articolo di BeBeez).
Il tutto mentre Cdp continua comunque a finanziare anche direttamente le aziende italiane, di solito in tandem con una banca. In questa prima parte dell’anno le operazioni di questo tipo hanno riguardato società come la filiera delle verdure surgelate Orogel, i trattori Argo Tractors, la chimica Esseco, Latteria Soresina, il Gruppo Italiano Vini, il marchio di moda Pinko, le giostre Zamperla.
Nuzzi sul tema ha spiegto che “Cdp nel contesto attuale ha condotto molte operazioni di finanziamento ad aziende italiane, sempre insieme a un cofinanziatore, che fosse una banca o un investitore di direct lending oppure di private debt. Le operazioni di private debt, però, per noi hanno una valenza importante dal punto di vista dell’accompagnamento delle pmi sul mercato dei capitali, perché un’azienda per collocare un bond deve intervenire sulla sua pianificazione finanziaria in maniera puntuale, deve rendere trasparente ed efficiente la sua governance e sopratutto essere pronto a una vera e propria due diligence, cosa che invece viene fatta nel caso di un normale finanziamento bancario, che prevede soltanto un’istruttoria”.
In tema di investimenti in minibond, Nuzzi ha ricordato l’impegno di Cdp come anchor investor di basket bond, una soluzione che ritiene molto interessante perché “permette di mettere in contatto investitori molti grandi con aziende anche molto piccole, sino a 7-10 milioni di euro di ricavi; e anche perché permette di finanziare queste aziende per scadenze che di norma il sistema bancario non prevede, tra i 7 e 10 anni contro i 48-60 mesi dei prestiti tradizionali”. E poi ancora, ha aggiunto Nuzzi, “si possono declinare i finanziamenti a seconda del profilo di credito delle aziende emittenti. Se sonno aziende che inn media hanno un buon merito di credito, allora si possonno strutturare bond unsecured a scadenza più lunga. Per esempio abbiamo fatto così nel caso del basket bond che abbiamo sottoscritto per le aziende della Lombardia (si veda altro articolo di BeBeez, ndr). Nel caso in cui si tratti di aziende un po’ più deboli sul fronte del profilo di credito, allora meglio strutturare bond secured. In questo caso, Cdp può sfruttare il suo ruolo di Istituto Nazionale di Promozione e utilizzare i fondi comunitari per ricorrere alla garanzia da parte delle Regioni, divenendo anchor investor di queste emissioni. E’ stato strutturato così per esempio il basket Garanzia Campania Bond (si veda altro articolo di BeBeez, ndr) e così è anche per quello in collaborazione con la Regione Puglia (si veda altro articolo di BeBeez, ndr). Si pensi che in queste due regioni dal 2012 al 2019 sono stati collocati in 42 minibond (33 in Campania e 9 in Puglia) e che invece quest’anno grazie ai basket bond arriveremo a collocarne 26 entro fine mese e che in tutto l’anno supereremo il totale collocato in tutti gli anni precedenti”.
Si tratta di operazioni che a Cdp piacciono molto, tanto che, ha aggiunto Nuzzi, “vorremmo replicare il modello anche in altre regioni in Nord Italia e non soltanto al fianco di originator e arranger di estrazione bancaria, come abbiamo fatto sinora, ma anche extra-bancari. Penso alle piattaforme di finanziamento fintech o alle piattaforme di intermediazione tra domanda e offerta che ora si stanno a loro volta trasformando in arranger”.
E a proposito di piattaforme fintech, Nuzzi ha detto anche che “Cdp potrebbe investire direttamente nelle note di cartolarizzazioni di prestiti e altri finanziamenti intermediati dalle piattaforme oppure investire in fondi di direct lending o meglio di credito diversificato che a loro volta investono in cartolarizzazioni. In alcuni di questi fondi abbiamo già investito (per esempio Springrowth, Anthilia BIT, HI Crescitalia pmi, ndr)”.
L’approccio di investimento di Cdp nei fondi di private debt si è in effetti modificato in questi ultimi tempi. “Dal 2014 a oggi Cdp ha svolto un ruolo pioneristico per fa nascere il mercato del private debt in Italia, tramite il fondo di fondi di Fondo Italiano d’Investimento sgr. Ora che l’industria è nata e le esigenze sono più sofisticate, abbiamo elaborato una strategia complementare a livello di gruppo, in base alla quale Fondo Italiano d’Investimento investirà su fondi di private debt cosiddetti ‘selettivi’ con un portafoglio massimo di 15-20 posizioni e che hanno un approccio all’investimento che si basa su una due diligence dell’azienda emittente che richiama quella del private equity. Per contro, Cdp si concentrerà su fondi di credito diversificati, con portafogli di almeno 35-40 posizioni, ma anche 70-80. E questo perché la nostra analisi avrà come focus il portafoglio e si concentrerà sulla diversificazione e sulla granularità. Peraltro i fondi di credito diversificato sono per loro natura di dimensione media più grande di quelli di private debt, partono diciamo da 200 milioni e vanno a salire, quindi richiedono a loro volta agli investitori a monte un impegno di investimento più importante”.