I Consigli di amministrazione di Moby e CIN, hanno presentato istanza di concordato in bianco. Per questo motivo non si è tenuta l’assemblea per l’approvazione del bilancio 2019, prevista per il 29 giugno (si veda qui il comunicato stampa).
La nota di Moby spiega che “questa scelta ha l’obiettivo di permettere alle società di continuare le trattative con i loro creditori per raggiungere un accordo di ristrutturazione sotto la supervisione e la protezione del tribunale di Milano, per proteggere la continuità aziendale e assicurare la normale operatività delle rotte per clienti, impiegati e aziende partner. Infatti il gruppo Moby spera di raggiungere, entro i termini stabiliti dalla legge, un accordo con i suoi creidtori che sia equo, di comune soddisfazione e capace di garantire che le aziende possano superare le correnti difficoltà e continuare il rilancio del gruppo nell’interesse di tutte le parti coinvolte”.
In un post su Facebook, il patron di Moby, Vincenzo Onorato, ha scritto: “Abbiamo superato la crisi del Coronavirus, siamo vivi e forti! Forse l’unica compagnia che produce ancora ricchezza ed occupazione in un quadro dei collegamenti marittimi mondiali devastante. Per prevenire altri attacchi e non compromettere la stagione sono ricorso ad una procedura che obbliga la finanza a dialogare con noi”.
La famiglia Onorato, cui fa capo Moby, sta trattando da tempo con banche e obbligazionisti (riuniti nell’Ad Hoc Group e prevalentemente hedge fund, tra cui Soundpoint Capital, Cheyenne Capital e York Capital) un accordo di ristrutturazione del debito, pari a 560 milioni di euro.
La compagnia di traghetti controllata dalla famiglia Onorato non ha pagato né la cedola sul bond da 300 milioni di euro, con ha scadenza 15 febbraio 2023 e cedola del 7,75%, negoziato alla Borsa del Lussemburgo, né gli interessi dovuti sulla linea di credito revolving da 260 milioni, per il pagamento dei quali è stato lasciato scadere anche il periodo di grazia (si veda altro articolo di BeBeez).
In conseguenza di questo, lo scorso aprile Moody’s ha declassato Moby, riducendo a C da Ca il rating corporate e a Ca da Caa3 il rating del bond. Inoltre, l’agenzia di rating ha lasciato l’outlook negativo per l’azienda, in quanto potrebbe avere difficoltà a rifinanziare il suo debito in assenza di un accordo di ristrutturazione (si veda altro articolo di BeBeez).
I numeri dei 9 mesi del gruppo lo scorso 12 dicembre avevano evidenziato un ulteriore netto peggioramento della situazione della cassa (si veda altro articolo di BeBeez): a fine settembre 2019 Moby aveva cassa per 56,2 milioni contro gli 89 milioni di euro di fine giugno e contro i 125,5 milioni di cassa che aveva a fine settembre 2018. Nei nove mesi, quindi, il gruppo armatoriale ha bruciato oltre 115,9 milioni di euro dopo i 108,1 milioni bruciati nei primi nove mesi del 2018, mentre tra gennaio e giugno era stata bruciata cassa per 83,1 milioni (si veda altro articolo di BeBeez).Nei nove mesi i ricavi erano in crescita a 501,3 milioni di euro dai 478,8 milioni dei nove mesi 2018, con un ebitda ricorrente a sua volta in rialzo a 118,6 milioni (da 68,3 milioni) al netto degli effetti del nuovo standard contabile IFRS16, con un debito finanziario netto in rialzo a 591,3 milioni (da 558,6 milioni), che però al lordo dell’impatto dell’IFRS16 diventa di 728,5 milioni. I numeri dell’intero 2019 non sono stati comunicati, ma le attese sono per ricavi consolidati per 610-620 milioni, un ebitda ricorrente di 75 milioni e una perdita d’esercizio a causa delle svalutazioni
Ricordiamo che già dopo i numeri della semestrale, i fondi obbligazionisti nel settembre 2019 avevano presentato al Tribunale di Milano un’istanza di fallimento nei confronti di Moby, lamentando un’insolvenza prospettica e futura, prevedibile nel febbraio 2020, quando Moby avrebbe dovuto pagare la cedola sul bond (si veda altro articolo di BeBeez)
Nel maggio scorso, i commissari straordinari di Tirrenia hanno sequestrato navi di Moby-Cin per un importo complessivo di 115 milioni di euro. La mossa è dovuta al fatto che i tre commissari si sono resi conto che non è possibile prelevare tali somme sui conti bancari di Tirrenia, a meno di intaccare la gestione ordinaria e sottrarre risorse alla sua attività di trasporto, con un forte impatto sulla garanzia del trasporto marittimo sulle rotte gestite dalla compagnia di navigazione (si veda altro articolo di BeBeez). Moby deve infatti sistemare la questione del debito residuo da 180 milioni di euro a saldo dell’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin che nel 2012 ancora non era di Moby e che Moby deve ancora a Tirrenia. Quest’ultima era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 135 milioni erano stati pagati al closing dell’operazione nel luglio 2012 e altri restanti 62 milioni pagati nel febbraio 2016 in occasione del rifinanziamento del debito (si veda altro articolo di BeBeez). I restanti 180 milioni dovevano essere pagati in tre rate: la prima rata da 55 milioni andava pagata nell’aprile 2016, la seconda da 60 milioni entro l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021.
Moby infine dall’aprile scorso è in trattative per vendere il suo ramo d’azienda dedicato ai mezzi ausiliari. La cessione permetterebbe a Moby di fare cassa per rimborsare in parte i creditori. Tra i possibili acquirenti si dice che ci sia l’imprenditore Davide Calderan, attivo nel settore a Venezia. La divisione varrebbe attorno ai 40-50 milioni, ma sulla cessione pende la spada di Damocle delle revocatorie (si veda altro articolo di BeBeez).
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