La storicizzazione, garanzia di lunga tenuta
L’arte è una componente importante dell’impresa e per Azimut sono molte le affinità tra l’artista che realizza un’opera e l’imprenditore che costruisce un’azienda. Se ALI Expo Azimut 2019 ha il titolo “L’arte di fare impresa” non poteva mancare un riferimento all’arte ed è stato lo stesso presidente e fondatore Pietro Giuliani ad aprire i lavori sul tema “L’arte contemporanea e i suoi mercati” con il saluto di Edoardo Bosi, Head of Art Advisory Azimut Capital Management SGR.
Il riferimento a Leonardo, celebrato nel 2019 per i cinquecento anni dalla morte, offre lo spunto per la sintesi del sapere enciclopedico e dell’originalità del costruire nell’arte come nella tecnica. Non è un caso che quando il Genio rinascimentale lasciò i Medici per trasferirsi a Milano presso Ludovico il Moro si presentò non come artista ma come ingegnere dell’acqua.
Il massimo comun denominatore tra mercato dell’arte ed impresa comprende l’indipendenza che è libertà, nonostante il vincolo con i mecenati e i clienti, l’innovazione e soprattutto la ricerca dell’unicità, la ricerca costante di internazionalità e la resistenza alle sfide del tempo con la capacità di rinnovarsi.
Certamente il mercato dell’arte, come ha sottolineato il moderatore, Giacomo Nicolella Maschietti, è sui generis e secondo i report più accreditati come quello di Art Basel, vale a livello mondiale circa 67 miliardi di dollari che in fondo non è enorme ma certamente in crescita, anche se tutto da decifrare.
Si tratta di un mercato totalmente deregolamentato, il più grande del mondo dopo quello della droga, come ha detto il Times in modo provocatorio. Oggi si muove su due canali, quello delle aste che regolano le vendite pubbliche e quello dei privati tra gallerie, fiere e dealer.
“In Italia il mercato dell’arte contemporanea sta allargando progressivamente il coinvolgimento dell’interesse – ha spiegato Mariolina Bassetti, Chairman Post-War & Contemporary Art Continental Europe Christie’s (la più antica casa d’aste al mondo, fondata nel 1766) – legato inscindibile dalle emozioni più che altri prodotti del mercato. Oggi nell’andamento altalenante tipico dei mercati, la globalizzazione aiuta la tenuta nel tempo. Negli Anni ’90, ad esempio, con la caduta dello yen si è assistito ad una grossa flessione, determinata dal peso consistente in quel periodo degli acquisti dei giapponesi; diversamente nel 2008 la caduta di Lehman Brothers ha determinato solo un fermo, lo spazio per una riflessione, che si è concentrato sulle aste di novembre di New York. Poi tutto è ripreso.”
Aste e gallerie si dividono il mercato con una logica di integrazione, per cui mentre il gallerista scrive in un certo senso il futuro della storia dell’arte, la casa d’asta storicizza questo lavoro promuovendolo a livello internazionale.
Sempre più d’altra parte alle gallerie si chiede di diventare una sorta di azienda e, in Italia, ancora in pochissimi casi, piccole multinazionali, come nel caso della Galleria Continua e della Massimo De Carlo a Milano, con una sede a Londra ed una a Hong Kong, rappresentata all’incontro di Azimut da Flavio Del Monte, con un’esperienza di 30 anni.
“L’allargato interesse per l’arte contemporanea, ha sottolineato Del Monte, spinge le gallerie ad espandere la propria presenza a livello internazionale dove ci sono piazze importanti; una spinta che arriva sia dai clienti sia, soprattutto, dagli artisti che rappresentano i nostri primi clienti.”
Il mercato dell’arte si costruisce infatti nel tempo come nel caso di Rudolf Stingel, uno dei cavalli di razza della galleria, il cui successo commerciale è recente. L’ascesa della sua quotazione è stata dovuta agli investimenti dei collezionisti che hanno puntato, più che sull’artista, proprio sull’autorevolezza della galleria e questo racconta quelle che sono le dinamiche odierne per la costruzione di un successo anche economico.
Venendo più specificatamente al mercato italiano, ci si chiede perché le quotazioni di artisti top degli Anni ’60, quali Fontana, Bonalumi e Castellani, siano praticamente la metà di quelle degli americani dello stesso periodo, quali Rauschenberg. La risposta è duplice, da una parte la non adeguatezza del mercato italiano nella promozione e valorizzazione dei propri artisti e forse anche la maggior debolezza finanziaria nazionale; di contro però la crescita graduale di una quotazione è un’assicurazione per un mercato sano e meno rischioso come dimostra il caso di Paolo Scheggi, artista che muore negli Anni ’70 e che fino al Duemila costa relativamente poco, nonostante la partecipazione alla Biennale di Venezia. Poi entra nelle aste di Londra e il suo valore triplica con un crescendo di interesse da parte dei collezionisti convinti di comprare ancora a cifre ragionevoli per vendere poi a molto, dando vita al cosiddetto mercato secondario. Per altro si tratta di una scommessa sempre aleatoria. In effetti dopo il Duemila, in 7 anni, le opere di questo artista hanno avuto una flessione notevole con opere rimaste invendute alle aste.
La storicizzazione degli artisti, al contrario consente una tenuta di lunga durata, come un investimento nel mercato obbligazionario rispetto a quello azionario, secondo l’esempio proposto dalla Bassetti. In questo senso un artista come Maurizio Cattelan ha beneficiato di una storicizzazione che gli ha consentito di raggiungere vertici in termini di quotazioni senza precipitare. Dietro le quinte c’è il lavoro di una galleria come la De Carlo con un rapporto che in questo caso è simboleggiato da un’installazione in cui il gallerista è stato fisicamente attaccato alla parete da Cattelan con lo scotch.
L’arte è stata d’altronde una delle componenti fondamentali della due giorni Azimut, a cominciare dall’esclusiva exhibition curata da Christie’s, con una selezione di opere provenienti da numerose collezioni. Non solo esposizione. Ma non si può parlare di arte senza considerare anche l’innovazione e la tecnologia applicate al mondo artistico.
Con l’esperienza “Innovazione e tecnologia nel mondo dell’arte” di ALI Expo, il visitatore è stato trascinato in un viaggio attraverso le installazioni robotiche di Donato Piccolo, che ha presentato il suo Butterfly Effect; o l’imponente scultura del Laoconte di Davide Quayola, che riprende la tradizione classica italiana rileggendola con linguaggio digitale; e così l’immersività di Jakob Kundsk Steensen; e il lavoro di video di uno dei maggiori videoartisti europei, Daniele Puppi.
E’ stata allestita anche la possibilità di fare esperienze delle opere di Arnaldo Pomodoro attraverso la realtà virtuale in un’inedita esperienza immersiva prodotta dalla Fondazione Pomodoro. E, infine, tre pittori, durante la due giorni, hanno dipinto opere sul tema dell’impresa.
a cura di Ilaria Guidantoni