Il Museo “Amedeo Lia” della Spezia ospita, fino al 19 dicembre 2021, “Dante e Giotto. Dialogo e suggestione”, a cura di Andrea Marmori, Direttore del Museo e coordinatore dei Musei Civici e Francesca Giorgi. L’esposizione, promossa dal Comune della Spezia, si inserisce nelle celebrazioni dantesche, ponendo a confronto la produzione letteraria di Dante, a fondamento dello sviluppo della lingua e della cultura italiane, e i testi figurativi contemporanei, dove Giotto è il protagonista di una rivoluzione lenta ma dirompente che porta l’immagine a dire parole universali, ma rompendo definitivamente con lo schema di tradizione che bizantina, figure ieratiche, appiattite sullo sfondo che non lasciano trapelare emozioni. In Giotto il realismo delle figure e il sentimento giocano un ruolo di primo piano. La mostra prende l’avvio da eccezionali documenti figurativi, provenienti da Firenze e Castefiorentino: la Madonna con il Bambino di Cimabue, con il più che probabile intervento del giovane Giotto, e il Santo Stefano eseguito da Giotto negli anni della piena maturità, tra il 1320 e il 1325, quando in contemporanea è attivo a illustrare le vicende di “San Francesco” nella Cappella Bardi a Santa Croce. Quest’ultimo, in come ha fatto notare il Direttore, guida d’eccezione per la stampa, segna un balzo in avanti rispetto all’opera di Cimabue, soprattutto per
i tratti realistici del volto. A questi sono associati un considerevole nucleo di dipinti a fondo oro, la cui realizzazione si colloca negli anni della vicenda biografica dantesca e giottesca, provenienti dalla Collezione permanente, ad iniziare dal Compianto di Lippo di Benivieni, compiuto a Firenze allo scadere del XIII secolo, per giungere al malinconico San Giovanni nel deserto del più abile tra gli allievi di Giotto, il raffinato Bernardo Daddi. Di grande suggestione l’allestimento curato dal Direttore con una scelta che non sovrasta le opere, ponendosi allo stesso tempo in modo coraggioso, ma con un timbro fortemente contemporaneo. La scelta di una campitura di colore deciso, di un verde acceso, insieme alla penombra, crea un effetto di sorpresa e magia che fa risaltare l’opera con fondo oro, rievocando la suggestione che doveva provocare nelle chiese e negli ambienti del tempo. Interessante il dialogo che le parole e i testi esposti creano con i dipinti senza dar vita a un percorso didascalico quanto a una suggestione emozionale e del sentire.
«I quadri di Giotto che possono muoversi dai musei di appartenenza – dichiara il Sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini – si contano
sulle dita di una mano, ed è un grande orgoglio per la Città della Spezia aver organizzato una mostra proprio sul più grande del Trecento. Si valorizza sempre più il nostro “piccolo Louvre” con mostre straordinarie: il dialogo con Dante è poi l’occasione per mettere in risalto anche il nostro patrimonio bibliotecario».
E poi oggetti sontuari e pagine miniate che offrono la straordinaria occasione di comprendere quale riverbero abbia infatti avuto la rivoluzione giottesca, come ben dimostra il foglio di Pacino di Bonaguida, nel quale ricerca di naturalezza e vigore espressivo paiono debitori dei ritmi ampli e distesi della Cappella Peruzzi di Giotto. A rafforzamento ecco infine i materiali librari provenienti dalla Biblioteca Mazzini che attestano la fortuna editoriale dell’opera di Dante e lo sviluppo degli studi indefessamente dedicatigli, come ben illustra il manoscritto di Giovanni Sforza relativo alla presenza di Dante in Lunigiana, confermata, oltre che dalle molteplici citazioni nella “Commedia”, da documenti spesso non più consultabili perché andati perduti, conosciuti solo grazie a queste puntuali quanto insostituibili registrazioni.
La mostra è l’occasione per scoprire “il museo che non ti aspetti”, slogan creato dal Direttore, perché si tratta di una realtà che merita per la ricchezza, la varietà delle opere nonché per la filosofia del collezionismo Amedeo Lia, infaticabile nella sua ricerca, che nato nel 1913 e morto a quasi cento anni. Il Museo Civico a lui intitolato è stato istituito nel 1995 e aperto al pubblico nel dicembre 1996, grazie all’importante donazione di opere d’arte di Amedeo Lia e della sua famiglia al Comune della Spezia. Collezionista instancabile ha raccolto un lascito di circa 1150 opere che vanno dall’epoca classica, al tardo antico, al medioevo e per finire al XVIII secolo. Sono conservati dipinti, miniature, sculture in bronzo, rame, avorio, legno, vetri, maioliche, oggetti d’arte di tutti i generi raccolti con passione e che documentano il gusto e la cultura dell’arte in Italia e in Europa, con una predilezione per i fondi oro e la pittura medioevale.
Il Museo merita anche per l’allestimento, per nulla scontato, rispettoso della struttura architettonica, che come nel piano interrato dove la chiesa originaria divenne poi nel Settecento un ospedale con l’istituzione di una ‘quarta’ di navata che non appartiene alla grammatica dell’architettura ecclesiastica. La scelta dei colori e delle luci sottolinea la discontinuità passato e presente mettendo in dialogo la contemporaneità con la memoria; mentre l’organizzazione degli oggetti e la loro distribuzione nel percorso valorizza le singole opere, le consentendo una fruizione non faticosa per lo sguardo che potrebbe perdersi in tanta ricchezza.
a cura di Ilaria Guidantoni