Saipem, controllata da ENI al 30,5% e da Cassa Depositi e Prestiti al 12,5% e quotata a Piazza Affari, attiva nel settore dell’energia e dell’oil&gas e delle relative infrastrutture, ha annunciato la vendita alla scozzese KCA Deutag (KCAD), attiva nello stesso comparto, di tutte le attività di perforazione su terraferma (Drilling Onshore) in cambio di 550 milioni di dollari e di una partecipazione del 10% della nuova entità combinata che si verrà a creare a valle dell’operazione (si veda qui il comunicato stampa di Saipem, qui quello di qui quello KCAD e qui la presentazione agli analisti di KCAD). Nell’ambito dell’operazione, Saipem è stata assistita da JPMorgan e Lazard, mentre Barclays è stato il financial advisor di KCAD.
KCAD effettua perforazioni, e opere di ingegneria e tecnologia sia su terra sia in mare con circa 110 impianti di perforazione in 20 Paesi e impiega 8,300 persone. Ha chiuso il 2021 con un fatturato consolidato di 1,19 miliardi di dollari e un ebitda di 237 milioni.
Da fine 2020 il gruppo è controllato dagli ex finanziatori, che a seguito della ristrutturazione del debito hanno acquisito l’intero capitale, lasciando dei warrant all’ex azionista di controllo Pamplona Capital Management, fondato da Alexander Knaster, e all’ex azionista di minoranza Al Qahtani Investments (AQI). Mentre sono definitivamente usciti di scena gli altri azionisti di minoranza GoldenTree Asset Management, EIG Global Energy Partners e BlackRock.
A valle di quell’operazione il debito del gruppo era sceso da 1,9 miliardi di dollari a 505 milioni, portando il rapporto tra debito finanziario netto ed ebitda a 1,4 volte, sulla base di un ebitda dei 12 mesi a fine settembre 2020 di 274 milioni e di un debito finanziario netto di 392 milioni. Ciò a seguito dell’accordo di lock-up , firmato il 31 luglio 2020, con un comitato ad hoc di detentori delle obbligazioni garantite e dei prestiti a termine dell’azienda e con alcuni finanziatori della linea di credito revolving (si veda qui il comunicato stampa di allora e qui la presentazione agli analisti). Pamplona aveva a sua volta acquisito il controllo di KCA Dutag nel novembre 2010, quando aveva comprato il pacchetto azionario di maggioranza da First Reserve che a sua volta preferì uscire dall’investimento con un write off anziché iniettare equity nell’azienda e affrontare un lungo processo di ristrutturazione del debito (si veda qui articolo di Reuters). Contemporaneamente GoldenTree Asset Management, EIG Global Energy Partners e BlackRock, avevano invece convertito a capitale il finanziamento mezzanino e avevano quindi affiancato Pamplona (si veda qui PrivateEquityNews). Successivamente, nel 2018, KCAD aveva acquisito Dalma Energy da AQI e Gulfcap Energy, con AQI che aveva reinvestito (si veda qui il bilancio pro-forma 2018 di KCAD).
Quanto a Saipem, effettua perforazioni su terra (onshore) a livello globale in 13 Paesi fuori dall’Italia, soprattutto in Medio Oriente e nelle Americhe, impiegando circa 4.000 addetti e 83 impianti di perforazione di proprietà. Un’attività che nel 2021 ha fruttato ricavi per 347 milioni di euro (410 milioni di dollari) e un ebitda rettificato di 82 milioni di euro (98 milioni di dollari) nel 2021. L’acquisizione, precisano le parti coinvolte, non comporta trasferimenti di debiti finanziari da Saipem a KCA Deutag, il che significa che l’operazione è stata condotta sulla base di un enterprise value di 611 milioni, pari a 6,2 volte l’ebitda.
La combinazione tra le attività di perforazione di Saipem con quelle di KCAD sarà luogo a un gruppo globale con ricavi pro-forma 2021 di 1,8 miliardi di dollari e 443 milioni di ebitda, incluse le sinergie di costo di 24 milioni e le riattivazioni di 9 impianti di peforazione di Saipem e di altri 3 di KCAD.
L’operazione è per Saipem un ulteriore passo verso un modello di business più focalizzato, che concentra gli sforzi sulle trivellazioni offshore e sostenendo al contempo il raggiungimento degli obiettivi di struttura di capitale e di liquidità. I proventi della transazione miglioreranno infatti la liquidità di Saipem, riducendo lil debito netto e sostenendo la realizzazione del piano industriale 2022-25.
Non a caso il deconsolidamento delle attività di perforazione era già stato adombrato a fine marzo in occasione dell’aggiornamento del Piano strategico 2022-25 da parte del Consiglio di amministrazione (si veda qui il comunicato stampa di allora). L’operazione è da inserirsi nel progetto di rafforzamento patrimoniale che si è reso ancora più necessario dopo il profit warning lanciato dal gruppo a fine gennaio, quando ha comunicato di aver rivisto il backlog di ordini e aver ritirato gli outlook annunciati il 28 ottobre 2021. I particolare, era stata prevista una perdita per il 2021 di oltre un terzo del capitale sociale, situazione che per defiinizione rihciede quindi una ricapitalizzazone. Proprio a questo fine a fine marzo la società ha avviato contatti preliminari con controparti bancarie oltre che con gli azionisti ENI e CDP per verificare la loro disponibilità a supportare una adeguata manovra finanziaria.
La chiusura della transazione Saipem-KCA ora è soggetta al completamento dello scorporo dell’attività venduta dal gruppo guidato da Francesco Caio e al completamento della ricapitalizzazione da 2 miliardi di euro di cui Cdp ed ENI si sono già impegnate a sottoscrivere il 43% e che, fatto salvo l’ok di Consob tra il 12 e il 14 giugno, dovrebbe partire intorno al 20 giugno per poi concludersi a metà luglio prima della semestrale (si veda qui il comunicato stampa di Saipem). Il closing dell’operazione è quindi previsto entro il 31 ottobre 2022 per le attività in Medio Oriente ed entro il 31 marzo 2023 per le Americhe.