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E’ andato definitivamente in soffitta ieri il progetto di rete unica tlc, così come immaginato da CDP Equity, Open Fiber, Macquarie Asset Management, TIM e KKR. E allo stesso modo sono rientrate del tutto le aspettative di opa totalitaria su TIM, con il titolo che ha lasciato sul terreno il 5,24%, chiudendo a 0,2062 euro a PIazza Affari.
In occasione del suo intervento ieri a Roma a 5G Italy, la conferenza internazionale promossa e organizzata dal CNIT (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni), il sottosegretario Butti ha infatti detto chiaro che non ci sono le condizioni economiche per procedere con il Memorandum of Understanding per la rete di TIM e che l‘opa totalitaria è fantasia (si veda qui l’intervista di Butti).
Sino alla prima mattina si pensava che il progetto rete unica fosse ancora sul tavolo, sebbene non nei termini previsti (si veda altro articolo di BeBeez), dato che martedì una nota, a doppia firma del Ministro delle Imprese e del Made in Italy (ex MISE), Adolfo Urso, e il sottosegretario Alessio Butti, con delega alle telecomunicazioni, spiegava che il governo si prendeva altro tempo fino al 31 dicembre per decidere sull’offerta di Cassa Depositi e Prestiti per integrare le reti di TIM e Open Fiber e creare così una rete unica nazionale e invitava tutti i protagonisti della vicenda a sedersi a un tavolo per definire “le migliori soluzioni di mercato percorribili per massimizzare gli interessi del Paese, delle società coinvolte e dei loro azionisti e stakeholder, tenendo conto delle normative esistenti a livello nazionale ed europeo e degli equilibri economici, finanziari ed occupazionali”. Così ieri di mattina Cdp Equity, Macquarie e Open Fiber hanno risposto con un comunicato congiunto con il quale si sono allineati alla decisione del governo e hanno detto che “ritengono opportuno soprassedere alle scadenze previste dal Memorandum of Understanding relativo al progetto di integrazione tra le reti di TIM e Open Fiber sottoscritto in data 29 maggio 2022 anche con TIM e KKR, e manifestano sin d’ora piena disponibilità a partecipare al suddetto tavolo di lavoro”.
Ricordiamo che l’accordo siglato lo scorso maggio tra TIM, CDP Equity, Macquarie e Open Fiber prevedeva che in prima battuta venissero separate le attività infrastrutturali di rete fissa da quelle commerciali di TIM e che poi le attività infrastrutturali di TIM venissero integrate con la rete controllata da Open Fiber, di cui CDP Equity detiene il 60% del capitale sociale, con il resto in mano a Macquarie Infrastructure dal dicembre 2021 (si veda altro articolo di BeBeez). E infatti a inizio luglio il Consiglio di amministrazione di TIM aveva conferito mandato all’ad Pietro Labriola di svolgere ogni attività utile per il conseguimento dell’obiettivo strategico del superamento dell’integrazione verticale e della riduzione dell’indebitamento della società attraverso operazioni di trasferimento e valorizzazione di alcuni asset del gruppo, con il piano di scorporo, che, come già illustrato a grandi linee da Labriola in occasione della presentazione del Piano industriale 2022-2024 lo scorso marzo, prevede appunto la possibilità di separare gli asset infrastrutturali di rete fissa (NetCo) dai servizi (ServiceCo, che include TIM Consumer, TIM Enterprise e TIM Brasil) (si veda altro articolo di BeBeez).
Certo, era chiaro in tutto questo che il nodo principale da sciogliere fosse il valore della rete. Ricordiamo che il colosso del private equity Usa KKR nell’aprile 2021 ha acquisito il 37,5% di FiberCop, la società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (cosiddetto ultimo miglio, dalla cabina in strada alle abitazioni) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di TIM (80%) con Fastweb (20%). Allora KKR aveva investito in FiberCop 1,8 miliardi di euro, sulla base di un enterprise value di circa 7,7 miliardi di euro, mentre Fastweb aveva ottenuto il 4,5%, in cambio dell’apporto della sua quota di FlashFiber (si veda altro articolo di BeBeez). Ora Vivendi, socio forte di TIM con il 23,5% del capitale, si dice ritenga che l’intera rete di TIM valga ben 31 miliardi di euro, compresi 10 miliardi di debito che verrebbero trasferiti a NetCo, numero questo che sarebbe lontano da quello ipotizzato dalla maggior parte degli analisti compreso tra i 17 e 21 miliardi, oltre che da CDP Equity, KKR e Macquarie che sarebbero gli azionisti finali. Si dice che alla fine la valutazione potrebbe aggirarsi sui 25 miliardi. Ma chissà. E proprio perché quello del valore rischiava di essere un tema cruciale, tale da far abortire su. nascere il progetto, si erano diffuse sempre più forti le voci relative a un piano del governo per lanciare su TIM un’opa totalitaria (Progetto Minerva)
In ogni caso, sino a ieri mattina un qualche accordo da trovare attorno al famoso tavolo del governo era sembrato possibile. Ma poi è arrivata la bomba. In occasione del suo intervento ieri a Roma a 5G Italy, il sottosegretario Butti ha infatti detto chiare due cose. La prima è che il Memorandum of Understanding per la rete di TIM da parte di CDP “si è afflosciato perché non ha trovato condizioni economiche, non c’era copertura economica, non perché non piacesse al governo. Allora il governo ha posto una serie di domande sul valore della rete, qualcuno dice 31 miliardi, qualcuno 24, qualcuno 15 miliardi. Allora chi fa il valore? Lo fa l’advisor, lo fanno gli azionisti? Se lo fanno gli azionisti allora facciamo 100. Vogliamo capire se quel progetto aveva o meno il consenso dell’Europa. C’è il tema della verticalità di un’azienda che viene a impattare sulle competenze e sugli obiettivi europei. L’Europa è stata abbastanza chiara e il governo ha cercato di affrontare la questione in pochissimo tempo”.
E qui è arrivata la seconda dichiarazione: in tale scenario, per Butti, “l’opa totalitaria è una fantasia“. Resta invece in piedi l’ipotesi di un’opa parziale: “Gli strumenti in merito all’ipotesi di un’opa parziale su TIM evidentemente saranno individuati, ma quando leggo opa totalitaria, dico ‘nessuno ne ha mai parlato’, questo mi sembra abbastanza evidente”.
A quel punto ieri in serata è arrivato il comunicato stampa di TIM, a valle della prevista riunione del Consiglio di amministrazione, che ha a sua volta manifestato al governo “la propria disponibilità al confronto nelle sedi istituzionali” e “ha preso atto del comunicato congiunto diffuso oggi da CDP Equity, Macquarie Asset Management, e Open Fiber relativo al Memorandum of Understanding sottoscritto lo scorso 29 maggio, che può pertanto considerarsi decaduto e privo di effetti”.
Detto questo, si legge ancora nella nota, TIM proseguirà comunque con il suo piano delayering, cioé di separazione della infrastrutture di rete dal business dei servizi, presentato al mercato lo scorso 7 luglio in occasione del Capital Market Day e in linea con il Piano industriale 2022-2024 presentato lo scorso marzo dall’amministratore delegato Pietro Labriola (si veda altro articolo di BeBeez), e a questo fine è pronta “a valutare tutte le opzioni strategiche, che consentano di perseguire al meglio gli obiettivi del superamento dell’integrazione verticale e della riduzione dell’indebitamento”.