Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n. 14 del 21 ottobre 2023,
di Giuliano Castagneto
E’ l’uomo più amato e allo stesso tempo temuto dai gestori italiani di fondi di private equity e private debt, perché ha in mano una ricca cassa, che può fare la differenza nel successo di una raccolta, soprattutto di questi tempi in cui il fundraising è sempre più difficile. Ma Luigi Tommasini, senior partner di Fondo Italiano d’Investimento sgr (FII sgr) e head of funds of funds, con FII sgr sin dalla nascita dopo precedenti esperienze in Ardian e Apax Partners. che, in questa intervista esclusiva a BeBeez Magazine, rassicura: “Le risorse che abbiamo indirizzato ai mercati alternativi hanno consentito di superare periodi di difficoltà di raccolta ed è ipotizzabile che le risorse da noi gestite avranno un ruolo importante nel superare anche questo nuovo gap di raccolta, in particolare in un momento in cui le imprese hanno ancora più bisogno di capitali per crescere”. Intanto sta analizzando sei fondi dedicati alla finanza sostenibile da inserire nel portafoglio del nuovo fondo di fondi Impact Investing, il primo del genere in Italia con focus su fondi di private equity, di private debt e social basket bond ma anche fondi di late-stage venture capital, lanciato nel novembre 2022 con 50 milioni di euro impegnati da CDP e con un target di raccolta complessiva di 120 milioni (si veda articolo di BeBeez). Uno lo ha già selezionato, è il Fidec di Xenon Private Equity.
FII sgr sin dalla nascita nel 2010 è stata un battistrada nell’investimento in asset alternativi, soprattutto private equity e private debt, per un’ampia platea di investitori istituzionali, soprattutto enti previdenziali, grazie anche all’importante ruolo, anche come investitore, della CDP, azionista al 55% dopo l’ultimo riassetto (si veda articolo di BeBeez). Oggi FII gestisce poco meno di 2,9 miliardi di euro. ma ha l’obiettivo di arrivare a 4 miliardi entro il 2025, stando al piano industriale varato nel 2022 (si veda articolo di BeBeez), ripartiti tra fondi d’investimento diretti in private equity e di fondi di fondi di private equity e di private debt. L’sgr in passato ha istituito anche i due fondi di fondi di venture capital Fondo di Fondi di Venture Capital (FOF VC, 163 milioni) e Fondo Italiano d’Investimento – FII Venture (FII Venture, 91 milioni), ma una volta dismesso il portafoglio di questi fondi, l’attività nel settore non continuerà, visto che CDP l’ha interamente demandata a CDP Venture Capital sgr (si veda articolo di BeBeez). Finora i fondi dell’sgr hanno investito nell’equity di 114 aziende con 86 exit, l’ultima delle quali, Healthware (si veda articolo di BeBeez), risale a solo pochi giorni fa. Non a caso per tutta questa attività a FII sgr lo scorso maggio è stato consegnato il Premio speciale volano private equity e private debt (si veda qui il video, al min 5:44) .
Domanda. Lo scorso maggio nel suo intervento in occasione dei 10 anni di BeBeez (si veda qui il video della tavola rotonda private debt), ci aveva raccontato che i fondi di private debt avevano reso circa 400 punti base più del BTP. Qual è la situazione oggi, ora che il BTP a 10 anni ha raggiunto il 5%?
Risposta. Per il più recente fondo di fondi di private debt da noi gestito, e in particolare per gli oltre 80 strumenti di società che già abbiamo in portafoglio, abbiamo riscontrato un rendimento lordo medio equivalente pari al tasso euribor più circa 600 pb. I primi strumenti che sono stati rimborsati dai fondi in portafoglio hanno dato un rendimento superiore al 14%. Questo perché sono aziende che hanno fatto ricorso ai fondi private debt per sostenere processi di crescita, anche per linee esterne, cioè tramite acquisizioni, in linea con la nostra strategia di investimento sempre orientata a finanziare lo sviluppo delle aziende. Sono strumenti che si affiancano alle forme di finanziamento più tradizionali fornite dal sistema bancario.
D. Una situazione dei mercati monetari molto più complessa rispetto a solo due anni fa non ha avuto conseguenze sull’accesso al capitale da parte delle imprese? I debitori saranno disposti ancora a pagare spread ampi come prima rispetto al debito sovrano?
R. I problemi sono gestibili, ma finanziare le imprese è diventato più complesso. Il nostro fondo di fondi si focalizza su fondi di debito selettivi, cioè su fondi che costruiscono portafogli di 10 – 15 strumenti, spesso di capitale ibrido, ovvero un misto di capitale di rischio e debito con riscontri positivi in una fase di incertezza in cui la definizione delle valutazioni delle aziende è più complessa. Chiaramente i gestori di questi fondi devono avere capacità di analisi sia di credito sia di capitale di rischio. La pandemia prima, le spinte inflattive e le crescenti instabilità geopolitiche poi hanno reso complessa la lettura dei risultati delle società. L’inflazione si è prima riflessa sui costi e solo in un secondo momento sui ricavi in uno scenario di crescente difficile lettura in cui è sfidante capire se, quando e come eventualmente ci troveremo in una fase recessiva dell’economia.
D. Questo può portare a un rallentamento del flusso di operazioni, soprattutto nel private equity?
R. Non necessariamente, perché in un contesto simile si creano opportunità soprattutto di crescita per linee esterne. Il capitale di investitori istituzionali si focalizzerà su quei gestori che maggiormente sapranno dimostrare di essere in grado di gestire simili processi. Abbiamo comunque osservato come alcune vendite attese nei portafogli di private equity si stiano prolungando oltre le iniziali aspettative.
D. E’ la filosofia che intendete adottare?
R. La filosofia di investimento dei fondi di fondi resta coerente con quanto abbiamo implementato in questi primi tredici anni di attività dei fondi di fondi: professionalità dei gestori, focalizzazione alla crescita e attenzione alla modalità di generazione dei rendimenti, ponendosi come interlocutore di fiducia dei gestori stessi.
D. Anche sul fronte della raccolta non mancano i problemi. Secondo gli ultimi dati AIFI, presentati circa un mese fa, la raccolta nel primo semestre 2023 si è contratta del 32% al netto degli apporti di capitale di origine “istituzionale”, come quello della CDP…
R. Oggi nel private equity la raccolta è molto complessa e nel private debt lo è ancor di più, a causa della percepita concorrenza innescata dalla crescita dei rendimenti del debito sovrano. Penso però che questo sia un momento favorevole per costruire portafogli, anche nuovi, di private equity e private debt.
D. Ma i capitali gestiti da istituzioni come FII, di derivazione pubblico-istituzionale, saranno chiamati a supplire al deficit di raccolta dei capitali indipendenti?
R. I nostri capitali sono di varia provenienza istituzionale, tra cui Cassa Depositi e Prestiti, primarie istituzioni italiane e fondi pensione in prevalenza negoziali. I nove fondi di fondi di Fondo Italiano gestiscono oltre 2,1 miliardi di euro raccolti da oltre 40 investitori istituzionali. Questi strumenti hanno anche il compito di promuovere lo sviluppo di un mercato dei capitali alternativi che favorisca la crescita delle imprese del nostro paese, così come abbiamo fatto nel 2010 con il primo fondo di fondi di private equity, nel 2012 con il fondo di fondi di venture capital e nel 2014 con il fondo di fondi di private debt. I nostri fondi hanno concorso a mobilitare circa 10 miliardi di euro nel mercato italiano. Gli investimenti finalizzati da Fondo Italiano in oltre 75 fondi hanno coinvolto capitali di terzi per 5 volte, investendo in oltre 600 aziende. Il primo fondo di fondi di private equity, ad esempio, aveva investito in 16 fondi; i 16 fondi hanno supportato la crescita di 114 aziende che hanno effettuato oltre 100 acquisizioni. Di queste aziende oltre due terzi sono già state vendute generando un ritorno di oltre 2,5 volte l’investimento, principalmente grazie alla loro crescita dimensionale e processi di managerializzazione favoriti dai gestori. Le risorse che abbiamo indirizzato ai mercati alternativi hanno consentito di superare periodi di difficoltà di raccolta ed è ipotizzabile che le risorse da noi gestite avranno un ruolo importante nel superare questo nuovo gap di raccolta, in particolare in un momento in cui le imprese hanno ancora più bisogno di capitali per crescere.
D. Quindi lei prospetta una situazione in cui, a fronte di tanti deal potenziali, ci saranno pochi soldi?
R. Nel mercato esistono gestori che hanno finalizzato raccolte significative e che ancora hanno capitali da investire, ma l’attuale attrito nella raccolta di fondi alternativi potrebbe creare un gap di mercato per alcuni gestori malgrado siano stati storicamente in grado di saper creare valore sia per le aziende italiane sia per i loro investitori.
D. Quanto potrebbe durare ancora questa situazione?
R. Purtroppo è legata a fattori su cui gli operatori economici hanno scarso controllo, e quindi è fondamentale prepararsi ad affrontare un periodo di incertezza.
D. Per un gestore di fondi di fondi quali sfide oggi si pongono in termini di asset allocation?
R. L’asset allocation è un compito dei nostri investitori. Noi offriamo loro le migliori opportunità per gestire al meglio le componenti delle loro asset class.
D. Avete appena lanciato il fondo Basket Eque che ha l’obiettivo di raccogliere 50 milioni di euro dedicati ad aziende campane. La CDP, azionista di controllo di FII sgr, ha sottoscritto i bond emessi da Campania Basket Bond che hanno finanziato 65 aziende della stessa regione. Ci saranno delle sinergie tra le due iniziative, considerato che molte di quelle aziende hanno un track record di più di tre anni?
R. Basket Eque, realizzato in collaborazione con l’Ente regionale Sviluppo Campania ed Elite | Gruppo Euronext, investirà nel capitale di rischio o in strumenti di capitale ibrido di aziende che riterremo meritevoli, con il supporto di una garanzia fornita dalla finanziaria regionale Sviluppo Campania. Le transazioni saranno finalizzate in co-investimento con altri gestori, facilitando quindi l’attrazione di ulteriori risorse e competenze nel territorio. Non escludiamo a priori che alcune delle aziende che hanno fatto ricorso al Basket Bond Campania saranno anche nel portafoglio di Basket Eque. Il fondo è complementare all’iniziativa del Basket Bond con lo scopo di catalizzare risorse in un tessuto economico dinamico come quello campano, che però ad oggi non ha ancora beneficiato di capitali significativi da parte di investitori di private equity.
D. Come mai proprio la Campania? Quali vantaggi relativi avete visto rispetto ad altre aree?
R. Il progetto è nato da un costruttivo confronto con Sviluppo Campania che con approccio innovativo ha voluto ampliare l’esperienza positiva dei Basket Bond per movimentare risorse anche di capitale di rischio per il territorio campano. È un significativo progetto pilota potenzialmente replicabile.
D. L’anno scorso il FII ha lanciato un fondo dedicato agli investimenti in veicoli articolo 9 della SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), i quali non hanno avuto vita facile. Molti di essi tra il 2022 e il 2023 sono stati declassati ad art.8. E in Italia i fondi conformi all’art. 9 sono pochissimi. Tanto che a fine settembre non risultavano ancora investimenti fatti dal vostro nuovo fondo. Cosa pensa di questi sviluppi nell’ambito della finanza sostenibile?
R. La filosofia di investimento di FOF Impact è quello di facilitare lo sviluppo di fondi di impatto in Italia e creare le condizioni perché questa un’asset class risulti interessante per investitori istituzionali. Le cose cominciano a muoversi, così come accaduto in passato per le altre asset di cui siamo stati pionieri (private debt e venture capital) proprio con l’intento di fare da apripista ad altri investitori. Anche in questo caso era necessario identificare gestori con cui sviluppare questa tipologia di fondi. Di recente abbiamo investito in Fidec, il nuovo fondo di impact investing di Xenon Private Equity dedicato al verticale della circolarità e decarbonizzazione, che ha già finalizzato un primo closing (e un investimento) raccogliendo capitali prevalentemente da investitori esteri. Stiamo analizzando altri sei veicoli, alcuni dei quali promossi da società di gestione che hanno accolto lo stimolo di Fondo Italiano e la sfida di sviluppare questa strategia di investimento che vuole coniugare i ritorni finanziari con una precisa pianificazione, misurazione e raggiungimento di tangibili impatti sociali e ambientali . Quindi anche in Italia le cose cominciano a muoversi, così come accaduto in passato per le altre asset class, private equity, private debt, di cui siamo stati pionieri, proprio con l’intento di fare da apripista ad altri investitori. Anche in questo caso ci vorrà un po’ di tempo.
D. Voi gestite sia fondi a investimento diretto sia fondi di fondi. In questa situazione molto incerta quale strumento ritiene migliore per un investitore istituzionale?
R. Dipende dall’investitore, in particolare dalla sua esperienza. Un investitore nuovo all’investimento in asset alternativi e che vuole costruire rapidamente un portafoglio diversificato potrebbe optare per i fondi di fondi, in quanto offrono un grado di diversificazione maggiore, adatto anche a una fase di elevata volatilità come quella attuale.
D. Dopo le ultime iniziative, fondo Basket Eque, Fondo di fondi sostenibili, cosa avete in cantiere a breve medio termine?
R. Stiamo avanzando con la raccolta e la crescita dei fondi diretti e del fondo di fondi di Impact Investing. Abbiamo approvato anche l’istituzione di FIPEC, fondo di co-investimento di private equity dedicato al mercato italiano che potrà beneficare del virtuoso network di gestori sviluppato dalle nostre attività di fondi di fondi e che completa l’offerta della nostra piattaforma a servizio dei nostri investitori.