La Fondazione Rovati di Milano è un punto di incontro della città, aperto all’esterno anche grazie alla contaminazione fra antico e moderno, non solo un museo tradizionale, uno spazio espositivo, dando vita a percorsi dinamici e sfide nell’allestimento; dove tornare grazie a mostre temporanee che si inseriscono negli spazi esistenti, entrando in dialogo con la collezione permanente.
Fra Piazza San Babila e Porta Venezia, di fronte ai Giardini dove il Museo di Storia Naturale e il Planetario raccontano come glamour e cultura, collezioni storiche e ricerca scientifica a Milano da sempre si danno la mano, c’è un palazzo nobiliare che ospita in modo originale il contemporaneo.
Anche la collezione permanente infatti si nutre di elementi contemporanei come gli arazzi di Francesco Simeti, Alla corte della Civetta, o la stanza nella quale le creazioni fantastiche di Luigi Ontani, che si perdono in viaggi lontani, suggestioni orientali, fra sacralità ed erotismo, dialogano con i vasi etruschi.
Così BeBeez è tornato a visitare gli spazi in occasione di due esposizioni, in programma fino al 3 marzo, Gioielli Castellani della collezione Rohschild provenienti dal Musée des Arts Décoratifs di Parigi, visibili nell’ipogeo; e i Tesori etruschi-La Collezione Castellani tra storia e moda con reperti del Museo Etrusco Nazionale di Valle Giulia a Roma.
Quindici gioielli realizzati dalla nota famiglia di orafi romani negli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento arricchiscono la mostra Tesori etruschi, creando una suggestione di gusto: sono infatti gioielli ispirati all’archeologia.
Raffinata collezionista e mecenate, Charlotte de Rothschild (1822-1899) fu una figura di spicco del mondo parigino ed europeo, innamorata del Belpaese al quale la legava una sottile sensibilità. La raccolta di gioielli Castellani, acquisiti tra il 1862 e il 1877, rientra in una più ampia donazione di Charlotte de Rothschild; si tratta di 273 oggetti preziosi, che contribuì notevolmente ad arricchire l’allora collezione del Musée des Arts Décoratifs, che all’epoca (ancora noto come Union Centrale des Arts Décoratifs) contava complessivamente solo 395 pezzi. Alcuni gioielli ripropongono monili antichi oggi esposti al Musée du Louvre, come una spilla con grifone e diversi elementi di una parure con scarabei egizi, che i Castellani avevano avuto modo di studiare da vicino durante una lunga opera di restauro e catalogazione della collezione del marchese Giampietro Campana tra il 1858 e il 1861.
Un altro nucleo è ispirato a motivi iconografici cristiani come il pesce, lo splendido pavone, non a caso scelto per la locandina della mostra, o la colomba dello Spirito Santo. E prendono spunto dalle raffigurazioni in alcune importanti chiese romane medievali e dalle tecniche utilizzate per decorarle: è il caso del pendente e degli orecchini con Leone di san Marco, in cui le superfici volutamente irregolari del raffinato micromosaico accentuano gli effetti di vibrazione della luce.
La mostra è accompagnata dal volume edito da Fondazione Luigi Rovati con un testo del curatore della mostra Mathieu Rousset-Perrier, conservatore delle collezioni medievali, rinascimentali e orafe del Musée des Arts Décoratifs di Parigi (costo 10 euro).
Sempre a Milano, tra l’altro, una preziosa demi-parure con collana e orecchini di turchesi cabochon e oro realizzata dalla Bottega Castellani per Rosina Trivulzio è custodita al Museo Poldi Pezzoli.
L’esposizione a tema etrusco si inserisce come un approfondimento nella collezione permanente della Fondazione Rovati, con l’arrivo dei più importanti reperti archeologici e gli straordinari gioielli della collezione Castellani, tra le raccolte antiquarie romane più ampie e prestigiose.
Tra l’altro la collezione del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, oltre 80 pezzi, finora non era mai uscita nella sua completezza e questo è il risultato della collaborazione tra un‘istituzione pubblica e un‘istituzione privata che vede i due musei impegnati nel valorizzare il patrimonio etrusco e la storia del collezionismo che si sviluppa attorno ad esso.
L’attività di Fortunato Pio Castellani e dei suoi figli Alessandro e Augusto, orafi, collezionisti e mercanti di antichità, s’intreccia con la stagione delle grandi scoperte di scavo nei territori anticamente abitati dalle popolazioni etrusche e italiche. La famiglia Castellani infatti avvia e sviluppa anche un’intensa attività di collezionismo e promuove scambi di antichità provenienti dalla Penisola, in cui interesse storico, esigenze di studio, sentimento nazionale e commercio internazionale s’intrecciano. L’esposizione approfondisce con un pannello molto chiaro ed efficace la storia della famiglia Castellani, della sua bottega orafa, che lancia la moda della gioielleria antica, e della sua straordinaria collezione raccolta negli anni e donata in parte al Museo di Villa Giulia nel 1919, per entrarvi ufficialmente nel 1926, e in parte disseminata nei musei di tutto il mondo. La bottega chiude poi nel 1927 per difficoltà finanziarie e mancanza di clienti. In occasione della mostra alla Fondazione per la prima volta un nucleo consistente della Collezione Castellani lascia Villa Giulia.
Le sei sezioni della mostra espongono numerosi gioielli antichi accanto a fedeli riproduzioni ottocentesche, come il pendente in oro a testa di Acheloo; ceramiche attiche, come la kylix attribuita al Pittore di Phrynos; e ceramiche mediterranee, come l’hydria prodotta a Caere e attribuita al Pittore dell’Aquila.
La Sala azzurra ospita un dialogo tra l’oreficeria etrusca, affiancata alla produzione ottocentesca della bottega Castellani, con i gioielli contemporanei di Chiara Camoni, artista presente con una serie di sculture-gioiello ottenute fondendo oggetti preziosi con un processo inverso, che “dalla forma ritorna verso l’informe, e dal quale si genera inaspettatamente altra bellezza”, collane sculture enormi, molto raffinate.
La mostra ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Italiana, prestigioso riconoscimento che viene attribuito a iniziative ritenute di particolare interesse culturale, scientifico, artistico, sportivo o sociale.
Vale la pena uno sguardo al Giardino, pubblico, dove fino a oggi è visibile l’installazione di Giancarlo Neri Bosco Verticale? No, Albero orizzontale (di Natale), una distesa di palle di vetro che di sera si illuminano di tanti colori, come enormi fiocchi di neve, una decorazione natalizia, terreno scivoloso per un artista, che ha accolto la sfida nella città in cui il Bosco verticale ha fatto da detonatore.
a cura di Ilaria Guidantoni