Il partenariato pubblico privato vincente per una cultura di promozione del territorio
La cultura in soccorso di un territorio poco conosciuto, l’Alta Brianza, ingrediente rivitalizzante dell’economia locale: questo quanto succede a Campsirago, borgo minuscolo il cui nome rimanda ai campi arati – pochi a dire il vero da queste parti, essendo già una zona montana in mezzo a un castagneto, intorno al quale ruota per altro l’economia del posto – sede di una comunità d’artisti promotrice del Festival delle Esperidi.
La storia – che ci ha raccontato Michele Losi, ideatore della manifestazione e Direttore artistico della stessa e della Residenza, oltre che Presidente di ScarlattineProgetti – parte dal Medioevo e da un borgo rurale tra i meglio conservati della zona. Abbandonato negli Anni Cinquanta del secolo scorso, fu teatro negli Anni Settanta di un insediamento hippie internazionale che ha conosciuto momenti di gloria e di deragliamento nello spirito del tempo. Negli Anni Novanta poi fu di nuovo abbandonato per passare successivamente nelle mani della famiglia Fumagalli, proprietaria della Candy che aveva in animo un progetto fortemente speculativo di cui resta traccia nel grande – quanto inutile – parcheggio al quale mise presto fine l’opposizione della Cooperativa Nuova Agricoltura che ingaggiò una battaglia giuridica, vincendola. Il progetto fu fermato e si assistette ad una graduale ripopolazione dell’area. Contestualmente un gruppo di artisti dettero vita ad un festival sperimentale, con un’organizzazione artigianale, non essendoci le infrastrutture minime, Campsirago Teatro, dove passarono molti artisti e autori, del calibro di Marco Baliani, che concluse la propria esperienza nel
2001. Fu allora che Michele Losi, insieme a Giulietta De Bernardi, Anna Fascendini e Josef Scicluna, venuti a conoscenza dell’esperienza precedente, in una notte in Grecia nell’isola di Ikarìa, partorirono quest’idea. Il nome Esperidi ricorda le ninfe della sera custodi del pomo d’oro, simbolo sapienziale e confacente all’idea del Festival. Tra l’altro, la coincidenza ha voluto che nel Medioevo sorgesse un eremo tuttora presente sul territorio – attualmente proprietà privata – dedicato a San Genesio, attore romano del IV secolo d.C. e quindi legato al mondo del teatro. Il Genius loci appare comunque legato al sacro, pagano prima cristiano poi, e al mondo dell’arte, dello spettacolo e alla fusione con la natura. Il Festival nasce nel 2005 con un’idea di immersione nel paesaggio che il luogo suggerisce, lasciando da parte la modalità tradizionale del palco. Le attività culturali e il teatro fanno dunque da guida per scoprire una Brianza inedita sia perché poco nota sia perché può essere riscoperta in modo nuovo grazie alle camminate performative ispirate agli alberi.
Cuore del festival di arte immersiva, che ha il patrocinio del Comune, della Provincia e della Regione, è Palazzo Gambassi dove c’è la residenza degli artisti che fanno vita comune durante la manifestazione, oggi in concessione all’Associazione culturale che organizza nel periodo dell’ultima settimana di giugno fino ai primi giorni di luglio varie attività, ScarlattineProgetti, oltre una serie di laboratori nel corso dell’anno. L’edificio risale al XV secolo ed è stato per secoli un palazzo della comunità essendovi il forno per cuocere il pane, un pozzo di acqua sorgiva, la stalla, la ghiacciaia, tutti elementi che esistono ancor oggi e che presto saranno riqualificati. Nell’Ottocento diventa poi proprietà dei Conti Corno e tra l’altro nel 1873 vi soggiornò la Regina Margherita in visita al vicino Santuario della Madonna del Sasso. Torna poi ad essere proprietà degli abitanti fino a quando la famiglia Gambassi sarà proprietaria quando poi negli Anni Ottanta del Novecento passa al Comune di Colle Brianza. E’ nel 2009 che l’amministrazione locale lo dà in concessione al Festival e cominciano i lavori di restauro. A marzo scorso sarebbe scaduta la concessione ma un Accordo di Partenariato Pubblico Privato con il Comune (introdotto dalla riforma del Codice Appalti Pubblici del 2016) consentirà con un contratto di 25 anni più 25 una piena operatività a ScarlattineProgetti in sinergia con l’Amministrazione pubblica per il progetto “Campsirago luogo d’arte”, uno dei due accordi di questo tipo in Lombardia. Un passo molto importante perché rende possibile la partecipazione a bandi sia pubblici sia privati e proprio in coincidenza con il Festival è stata comunicata la vittoria del Bando Borghi del Ministero della Cultura per la rigenerazione dei piccoli borghi storici con attività e patrimonio culturali (linea B del Bando per comunità sotto i 5mila abitanti). Inaspettatamente il borgo di appena 36 abitanti si è
aggiudicato all’incirca un milione e 600mila euro per i lavori di rifacimento e valorizzazione che dovranno essere compiuti entro il 2026, pena la perdita dei fondi stessi. Un’occasione importante di impiegare i fondi europei per sostenere la cultura e rivitalizzare un territorio sia con il Festival che finalmente avrà dei fondi e il potenziamento delle attività culturali, sia per il progetto ambizioso di riqualificazione che prevede, nello specifico, la trasformazione del parcheggio in un mercato per i produttori locali; la realizzazione del Granaio delle idee, struttura smontabile ecosostenibile e polifunzionale (infopoint, biglietteria del festival, spazio espositivo e di coworking); il rifacimento delle tribune e del palco grande oltre che la corte interna; la riqualificazione del sentiero romanico; la realizzazione di un ostello nell’edificio rurale adiacente; la trasformazione della chiesa seicentesca sconsacrata di San Bernardo in padiglione culturale; e, infine, la sistemazione dell’antico lavatoio con installazioni luminose e un paesaggio sonoro ispirato al culto delle acque qui molto presente fin dall’età del ferro.
L’edizione del 2002, forte di questa prospettiva, intende radicarsi ancor più nel solco della tradizione, giunta ormai alla XVIII edizione, senza un tema specifico ma il cui sottotitolo, Following the Sun, evidenzia bene l’idea del matrimonio con la natura pensando di unire gli antichi sentieri e così i luoghi del festival attraverso il camminare per avvicinare il pubblico a un modo nuovo di fruire del teatro, lento, consapevole e concentrato; non solo ma partecipativo. In particolare sono stati realizzati due spettacoli di Performing Art costruiti site specific, Human Body di Principio Attivo Teatro, compagnia pugliese che per dieci giorni sul posto ha adattato lo spettacolo al luogo e Amleto. Una questione personale, penultima produzione della Residenza e Hansel e Gretel, ultima produzione della Residenza di teatro immersivo, che si svolge nel bosco. Percorso immersivo individuale e collettivo ad un tempo che si sviluppa su un doppio binario, una passeggiata collettiva lungo un sentiero nel bosco con soste nei quali si incontrano gli attori e un cammino silenzioso lungo il quale ogni spettatore ascolta in cuffia riflessioni che intrecciano i drammi dell’anima di ciascuno di noi con la tragedia shakesperiana. Gli spettatori
dopo il prologo che guarda la vallata fino a Milano, sono divisi in due gruppi che ad un certo punto si ricongiungono. Un’idea interessante per avvicinare al teatro anche persone non abituate, bambini, e chi invece voglia vivere l’esperienza del teatro e non solo vederla. Un impegno non facile per gli attori che hanno dato una grande prova di energia. Regia originale e complessa sebbene facilmente fruibile, meno ancorata al testo, si nutre dell’immediatezza dell’emozione, con qualche nota sopra le righe nella recitazione.
Il calendario ospita poi altri spettacoli come Alfredino. L’Italia in fondo a un pozzo, spettacolo prodotto dal Centro Teatrale MaMiMò con Fabio Banfo che ripercorre la storia di Alfredino Rampi precipitato a 36 metri di profondità in un pozzo a Vermicino. Lo spettacolo è un monologo, spettacolo di teatro giornalistico, ben realizzato e costruito anche nel testo che racconta un affresco dell’Italia di allora, con un sapiente uso della musica con un effetto contrasto. Là dove cominciava, forse involontariamente, la spettacolarizzazione del dolore televisivo con dirette fiume, lo spettatore alternava sul piccolo schermo la visione di tragedia, in corso, e commedia simboleggiata dalla pubblicità; anticipando un modo schizofrenico e paradossale del nostro vivere. Abbiamo avuto modo di vedere anche Abito della Compagnia teatrale Bocchi Scarrocchia, lavoro impegnativo, duro, che va nella linea del teatro danza, nato nel 2016 come teatro in appartamento e poi ripensato con l’avvento della pandemia. Spettacolo denso, ma per certi aspetti claustrofobico, profondamente autentico. La trasgressione è il risultato di un vissuto, della rappresentazione del disagio umano, dell’abito appunto del vivere. Abito come modo di comportarsi, come abitudine, ma anche come abitare con i rituali domestici di una coppia nella vita e sul palcoscenico, che ci hanno raccontato i due interpreti Agnese Bocchi e Tobia Scarrocchia che replicheranno il 7, il 14 e il 21 luglio e il 4 agosto a Recanati nella loro casa atelier dove presenteranno anche il nuovo spettacolo La Capra. La complicità, le fantasie, il delirio di una coppia in bilico sul baratro in un gioco complesso che rischia la confusione, frutto anche di un percorso di ricerca psicologico e psichiatrico.
Interessante lo spazio dato alla Lettura dell’opera integrale di Cesare Pavese, prosa e poesia, con alternanza di attori, Marco Gobetti, Ruggero Dondi, Anna Delfina Acostanzo e altri lettori giovanissimi, un modo per incontrare generazioni diverse e stili vari. Ma non solo.
Una maratona che si è contagiato conclusa a mezzanotte di giovedì sera con “Lavorare stanca”. L’esperienza, come ci ha raccontato Marco Gobetti, è nata nel 2008 nelle Langhe dove il paesaggio, in particolare grazie ad un sistema di amplificatori diffusi, la voce delle vigne, risuonava della voce del grande scrittore del Neorealismo e poi 13 anni fa al Festival delle Esperidi. Qui l’idea è di far vivere il luogo nel mito rendendo universale il sentire nello spirito di Pavese. La ripetizione della lettura, la dimensione di continuità, un’esperienza estrema per certi versi amplifica il Genius loci raccogliendo le energie millenarie qui raccolte. La lettura ad alta voce partecipata ripropone l’artigianalità della voce e del gesto, togliendo ogni forma di spettacolarizzazione del teatro e rendendo all’osso la scena, fa sì che con la focalizzazione sull’ascolto condiviso, “lo spettacolo avvenga nella testa degli spettatori”.
Il bilancio tracciato da Michele Losi è quello di un percorso iniziato nel nulla, ma diciotto anni fa, a tra case diroccate e l’assenza di un progetto culturale sul territorio, mentre oggi c’è, al di là del Festival, una visione integrata con i luoghi e con la loro memoria. Al di là dell’impatto sul turismo e sull’economia locale, il progetto evidenzia come cultura e natura non siano distinte se non antitetiche, quando i poli di un binomio vincente. In questo caso la natura trae energia dai luoghi e a sua volta li rivitalizza ed è questa la scommessa della stagione invernale che comincerà a settembre con almeno due fine settimana al mese tra laboratori e spettacoli.
a cura di Ilaria Guidantoni