Anticipazioni romane.
z2o Sara Zanin Gallery e Borghini Arte lanciano la stagione autunnale dalla Capitale
Le Gallerie d’arte sempre più spesso, alla vigilia della pausa estiva, quando non si trasferiscono nei luoghi di vacanza, danno appuntamento a visitatori, critici e clienti per il ritorno in città. Dalla Capitale l’annuncio per la nuova stagione è di z2o Sara Zanin Gallery, laboratorio di arte contemporanea di grande sperimentazione e di Borghini Arte, spazio centralissimo a due passi da via Condotti.
z2o Sara Zanin Gallery, in collaborazione con Collezione Agovino, presenta Evgeny Antufiev (qui sotto una sua opera) con Dead Nations: golden age version, a cura di Marina Dacci che inaugurerà sabato 21 settembre 2019 e resterà aperta fino al 25 ottobre 2019 nella Chiesa di San Giuseppe Delle Scalze, Salita Pontecorvo a Napoli, luogo di mistero della sua penombra e delle sue ferite.
Il progetto è un inventario, una spremitura della nostra identità, una narrazione per immagini di valori, fragilità, desiderio di potere e di immortalità che hanno caratterizzato l’andamento della nostra storia. Antufiev lascia tracce, una sorta di “eredità” di un’epoca finita o che sta per finire, ma che ha l’ambizione di rivolgersi a una qualche posterità, spinta da un horror vacui per paura di scomparire, di estinguersi. L’artista si confronta con un’architettura religiosa; si interroga sull’idea di chiesa intesa non solo come luogo di preghiera, ma come depositaria di un racconto della storia umana, dell’essenza dell’umano: pregna di segni, di segreti da scoprire. Declina lo spazio come una capsula del tempo, una navicella in cui chi giunge dal futuro rinviene artefatti e oggetti simbolici che testimoniano ciò che l’uomo ha prodotto e ha voluto lasciare nel suo passaggio. L’immortalità nella memoria è cosa nota: qui Antico e Futuribile si mescolano in una sorta di game in cui aleggia il mistero.
“Tutta la mostra è un racconto aperto a interpretazioni multiple che scardinano la dimensione spazio-temporale in cui l’energia si sviluppa in un processo circolare grazie anche a una commistione formale tra il pop e la rilettura della cultura classica”, come scrive Marina Dacci.
Borghini Arte aprirà invece la stagione romana il 25 settembre (allestita fino al 26 ottobre) con Renata Rampazzi /Patrizia Bonanzinga in Scintille (Qui a fianco la locandina).
Una doppia personale illuminando lo spazio espositivo con tutte le tonalità del fuoco: dall’arancione fino all’esplosione dei rossi. Le due artiste, attraverso la pittura e la fotografia, creano immagini fatte di scintille incandescenti che non si spengono rapidamente. Le tele di Renata Rampazzi, torinese, nata negli anni Cinquanta da una famiglia italo francese, sono espressione di puro colore, raffinate, eleganti e coinvolgenti dove l’astrazione è vissuta come contenuto e non come estetica od ornamento. Il rosso dei suoi olii, dunque, prende vita, si muove fluido e lento come la lava di un vulcano ed improvvisamente si accendono scintille inaspettate. L’idea è di attrarre il viaggiatore per un viaggio nel vortice dei colori, non un semplice sguardo. L’artista compie studi artistici laureandosi in architettura e approfittando del fatto che in questi anni Torino è, con Roma, il centro di sperimentazioni in linea con il cambiamento informale maturato negli Stati Uniti e in Francia. Nel 1975 espone al Centro Olivetti di Parigi e varca i confini nazionali entrando all’Accademia di Salisburgo, fondata da Oskar Kokoschka. Lavora così accanto a Emilio Vedova attraverso il quale si avvicina all’espressionismo astratto, poi sotto la guida del cinese Zao-Wou-Ki. Negli anni Novanta si trasferisce col marito e regista Giorgio Treves a Roma, dove tuttora risiede e lavora.Le sue opere diventano soprattutto di grande formato e la pennellata si fa più distesa e ricca di trasparenze e cromatismi. Sono di questi anni i suoi primi lavori su carta con le tecniche della guache e dei pastelli grassi. Entra in contatto con l’ambiente del cinema e ad esempio per Gruppo di famiglia in un interno, Luchino Visconti le chiede alcune tele dai toni blu e viola, che il grande regista chiama “le mie montagne incantate”. Seguono grandi esposizioni come nel 2011 al Grand Palais di Parigi in occasione di Art Paris e alla 54 o alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, a Palazzo Venezia, Roma, al XLIII° Premio Vasto, Scuderie di Palazzo Aragona, a Vasto.
Patrizia Bonanzinga, nata a Bolzano nel 1954, invece, invita l’osservatore ad entrare, quasi fisicamente, nell’immagine proponendo fotografie digitali fruibili come se fossero vecchie diapositive, muovendosi costantemente tra la tradizione e la modernità, lavorando con la tecnologia del digitale.
Laureatosi in matematica all’Università di Siena, dopo differenti attività lavorative nel campo dell’educazione e della formazione professionale, lavora per molti anni come ricercatrice nel settore delle telecomunicazioni presso la Fondazione Ugo Bordoni di Roma. La sua passione per la fotografia nasce negli anni ’70 e vivrà a lungo all’estero come a Pechino con la sua famiglia. E’ lì che decide di diventare fotografa professionista. Ha vinto numerosi premi e ha svolto corsi in ambito universitario, collaborando per più di dieci anni con la rivista Fotografia Reflex; autrice anche di saggi e articoli legati alla critica fotografica su riviste specializzate. Sviluppa il suo lavoro secondo due piani distinti, attraverso i suoi viaggi in territori sensibili per raccontare storie realizzando reportage usando le classiche tecniche analogiche, da una parte; e, dall’altra, si interroga sulla relazione tra fotografia e realtà: costruisce dei medi formati digitali dove le immagini sono tagliate e rimontate; in tal modo cerca di esprimere una nuova realtà, a volte molto plausibile a volte completamente surreale. Dal 2013 è rientrata a Roma.
a cura di Ilaria Guidantoni