Oscilliamo, piume provvisorie di pavone, come spicchi di ruota e vanità, vano è il tutto, diceva il poeta, e noi è questo che siamo, un vortice che gira su se stesso in attesa dell’arresto. Va bene, siamo mortali, nel labirinto aperto che si schiude a un avvenire d’eternità o forse di un nulla eterno, ma comunque infinito. In quest’ingorgo di senso, ci dimeniamo, attorcigliandoci, Tesei esistenziali, nel filo scarlatto della bella Arianna: noi non meritiamo la voce di un Dio che ci guidi, né il mormorare di un’indicazione di massima, quel che ci è dato, unicamente, è il riardere di un gorgo che c’incatena. Noi sussultiamo alla paura, ma questa nostra finitezza che chiamiamo mortalità c’imprigiona dolcemente e dona a tutti i nostri gesti la sola cosa che gli dei possono invidiarci: l’unicità delle nostre azioni che, una volta compiute nel tempo finito, sono definitive, anche al di là dell’eterno stesso. Noi viviamo una certezza. L’incertezza che ci attende non ha nulla di sicuro se non che è perenne. Ma tu, Teresa, da dove vieni? Dopo la vita si è morti, ma cosa si è prima di nascere? Una parentesi tra due misteri che la premono rendendola quadra: il muro di fronte a noi, il muro dietro e, nel mezzo, l’inferno che arde. Com’è bello il fuoco, Teresa! Ma gli uomini, quaggiù, lo utilizzano per bruciare e bruciarsi. Com’è bello l’ardere delle fiamme, quando non diventa materia per infuocare frecce di guerra, lo scoppiettare incantato, quando non è il mitragliare di una rappresaglia! La vendetta e l’invidia popolano questa nostra contingenza, siamo stretti nella morsa di un appetito satanico, per appagare un insaziato (insaziabile) desiderio di potenza (impotenza). La gente che troverai, Teresa, è piena di contraddizione. E tutti, ti dico tutti, anche chi si presume immune dal male ed elargisce morale, è anch’egli attanagliato dall’insensatezza. Che essere strano che è l’uomo! Cioè quel bipede che un giorno sarai. Sempre il poeta diceva che nascere è una sciagura, e cos’è dunque un genitore se non un propagatore di questa disgrazia, un egoista e spietato omicida del sonno pacifico della non esistenza da cui sei stata tratta? Con quale diritto ti abbiamo dato la vita? Creatore, perché hai voluto creare la tua creatura? Questo sì che sarà tuo diritto domandare, a noi prima di tutto, e poi a quel Dio che, rendendoci a sua immagine e somiglianza, ci ha instillato dentro il suo germe: il vizio di riprodurre se stesso in simulacri. Ma almeno questo mi conforta: la speranza che tu sia migliore degli uomini che ti hanno preceduta. Con un atto egoista, tua madre ed io abbiamo generato una speranza. Ci siamo arrogati un diritto non nostro per donare al mondo una nuova opportunità. Tu sei l’eco anticipatrice di un futuro possibile. Quanti uomini sono stati gettati nel vento, precipitando nella gravità senza che neppure sognassero di volare! Io, Teresa, sono uno di quelli. Sì, posso ancora ribaltare un passato imperfetto, ma il tempo, figlia mia, è veramente impietoso. Se capirai questo, sarà forse comunque inutile, perché la nostra natura procrastina e dimentica, ma sarà l’unico insegnamento sensato che mi sento di darti con certezza. Per il resto mi è tutto nebuloso, tranne la direzione infallibile dell’amore. Varrebbe la pena vivere anche per questo soltanto.
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Bernardo Giusti, nato a Firenze nel 1990, giovane speranza tra i romanzieri italiani ha pubblicato recentemente “Bivium” Edizioni Masso delle Fate. Teresa non è ancora nata e Bernardo Giusti ha scelto Bebeez per condividere l’attesa.