L’Archivio Frittelli per l’Opera di Gianni Bertini di Firenze e l’Associazione Culturale Gianni Bertini di Milano hanno realizzato il Catalogo ragionato di Gianni Bertini, strumento essenziale alla conoscenza dell’opera dell’artista, a cura di Francesco Tedeschi, edito da Electa (già in prevendita con un’offerta speciale), che sarà pubblicato a fine anno, in tre lingue, italiano-inglese-francese, (circa 2500 immagini a colori e in bianco e nero, in due volumi).
Il Catalogo ragionato di Gianni Bertini, artista originale ed eclettico, è il frutto di un lungo lavoro di catalogazione, archiviazione e studio delle opere realizzate dal 1940 al 2009, anno della sua morte, curato appunto dal professor Tedeschi, Ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con un’esperienza consolidata nell’ambito del recupero degli artisti dagli anni Trenta del Novecento. Ha tra l’altro curato il Catalogo e l’organizzazione espositiva per Banca Intesa San Paolo delle Gallerie d’Italia a Piazza Scala; aperto lo scorso anno un Centro sull’Arte astratta in Italia presso l’università e sta lavorando al catalogo generale di Piero Dorazio che dovrebbe essere pronto per il 2022.
Come nasce l’idea e con quale obiettivo?
“Dalla necessità di fare chiarezza sull’opera dell’artista e farlo conoscere perché ha subito qualche difficoltà sia sotto il profilo di memoria storica, sia di mercato perché Bertini è stato attivo intorno agli anni Cinquanta del Novecento in gruppi che poi sono stati in parte dimenticati come la Mec Art. Ritengo necessario un lavoro di catalogazione delle opere di Bertini tra arte e gallerie e anche la narrazione del suo percorso che sottende un lavoro complesso che spazia dalle opere su tela, alla poesia visiva, a quelle che potremmo definire performance e soprattutto per quanto concerne l’esperienza della Mec art che ha consentito di rendere un’opera moltiplicata e moltiplicabile anche se la ripetizione non è mai identica a se stessa, cambiando ad esempio le dimensioni dell’opera.”
Di cosa si tratta nello specifico?
“Il passaggio avviene attraverso il collage con l’uso della fotografia grazie ad una tecnica, credo di matrice tedesca, che si era diffusa presso gli artisti, grazie alla possibilità di stampare su tela e non solo su carta. Il punto di partenza era la fotografia che Bertini ritagliava, quindi assemblava in un collage per poi fotografare la composizione impressionando la tela; su quest’ultima, infine, l’artista interveniva in vario modo.”
Che tipo di lavoro ha richiesto?
“A seguito di un lavoro svolto nell’arco di alcuni anni, in accordo tra l’Archivio Gianni Bertini, costituitosi presso Frittelli arte contemporanea di Firenze, e l’Associazione Gianni Bertini di Milano diretta dal figlio dell’artista, Thierry, il catalogo ragionato raccoglie le opere archiviate, realizzate dall’artista nell’arco di circa sessant’anni di attività. La selezione è stata curata insieme Kevin McManus e Federica Boragina in due volumi, mettendo a fattor comune i cataloghi”.
Il lavoro presenta un puntuale approfondimento dell’esperienza della Mec Art e delle sue evoluzioni, a firma di Kevin McManus; l’inedita lettura dell’attività extra-pittorica di Bertini, condotta da Federica Boragina e, a completamento, un’approfondita biografia dell’artista elaborata da Myrna Galli, responsabile della maggior parte del lavoro di archiviazione e catalogazione delle opere. Il secondo volume costituisce il catalogo vero e proprio delle circa 2400 opere raccolte, in relazione ai diversi momenti e aspetti della sua produzione, preceduti da note storico-critiche e da una selezione antologica degli scritti dell’artista riferiti alla sua opera.”
Ci racconta in breve chi è Gianni Bertini?
“Un toscano verace che si è internazionalizzato attraverso un percorso parigino tra gli anni Cinquanta e Sessanta in modo originale in alcune situazioni come quella della pittura Informale negli anni Cinquanta e poi negli anni Sessanta con la Mec art che è stata una risposta europea alla nascente POP Arte americana, insieme a Mimmo Rotella ed altri. Nel suo atteggiamento un po’ dandy è stato capace di rivelare la serietà e la qualità del suo lavoro che raccoglie anche una riflessione poetico-letteraria, abbastanza prolifica che ha prodotto testi affascinanti e ironici.”
Per saperne di più di Gianni Bertini
Nato a Pisa nel 1922, dopo la laurea in matematica, Gianni Bertini ha esordito in alcune manifestazioni espositive dell’immediato secondo dopoguerra, conquistando presto una posizione di rilievo nello scenario artistico nazionale. Nell’ottobre del 1949 una sua personale è ospitata dalla galleria-libreria Salto a Milano, all’interno delle iniziative promosse dal MAC (Movimento Arte Concreta), con cui manifesta una temporanea sintonia presto seguita da un vivace interesse per le sperimentazioni pittoriche di tipo informale, concretizzate, nella seconda metà del 1951, in opere affini all’Arte Nucleare. Nei primi mesi dell’anno successivo Bertini si trasferisce a Parigi, dove trova presto posto nel côté artistico e intellettuale della capitale francese. La sua posizione indipendente e sperimentale è subito apprezzata da Edouard Jaguer e Pierre Restany, il quale lo seguirà da vicino, inserendolo fra i protagonisti dell’“astrazione lirica” e firmando una prima monografia su di lui nel 1962. Pur perseverando lungo la linea informale, Bertini si rivela un instancabile sperimentatore: dipinge atmosfere incantate, ricerca riferimenti mitologici poi ricorrenti in opere di impianto “meccanomorfo”, si cimenta in azioni performative non prive di ironia che trovano la loro manifestazione nei processi di “bertinizzazione”, presentati nei primi anni Sessanta a Parigi, Bruxelles e Venezia. Sono anni in cui è sempre più affascinato dalle immagini a stampa, le quali diventano protagoniste: prima la serie delle “Mitologie”, collage con ritagli di giornali e interventi pittorici, e, a seguire, le opere della “Mec Art”, tecnica messa a punto da Bertini in cui le immagini fotografiche sono riportate su tela emulsionata e poi elaborate in chiave pittorica. Vetture di Formula 1 e atleti nel pieno del loro impegno, ragazze sexy e alla moda, insieme ai venti di guerra di più momenti storici, immagini pubblicitarie e fotografie di cronaca diventano un modo di impossessarsi della realtà, reinterpretando i “miti del nostro tempo”. L’estetica Mec si rivela subito di estrema attualità e rappresenta, a tutti gli effetti, la possibilità di costituire un’alternativa europea alla Pop Art. Queste opere trovano subito grande visibilità in numerose occasioni internazionali fra 1966 e 1968, anno in cui Bertini ha anche una sala personale alla Biennale di Venezia, dove presenta una selezione delle sue opere Mec di maggiore impatto. Negli anni successivi la sua vitale creatività non si ferma: continua a sperimentare ipotesi di elaborazione dell’immagine, promuovere azioni performative, intraprendere iniziative editoriali e interventi sul rapporto tra parola e immagine, condividendo alcuni aspetti della “Poesia Visiva” e promuovendo, accanto a Sarenco, riviste come “Lotta Poetica”. L’attività pittorica dei decenni a seguire prosegue sulla scia dalla Mec Art, rinnovata nei soggetti e nelle tecniche, attraverso cicli come “Abbaco” (1976-1982) o quelli dedicati alla “Guerra del Golfo” (1991) e ad “Antonin Artaud” (1991), fino ad approdare a elaborazioni su stampe in digitale e, nell’ultima produzione, scegliendo come supporto il legno. L’esuberanza dell’opera e della personalità di Bertini emerge finalmente in modo completo attraverso una catalogazione che vuole essere anche un modo di confrontarsi con i sapori di un’epoca ancora estremamente attuale, in cui le forme dell’avanguardia e della sperimentazione si coniugano con i processi mediati dall’esterno, dalla società della comunicazione, recepiti e riletti con l’ironia e l’invenzione che la visione aperta e internazionale di Bertini (pienamente inserito nella vita culturale parigina del secondo dopoguerra) ha offerto, sulla base delle sue mai dimenticate radici toscane.
a cura di Ilaria Guidantoni