Dopo le anteprime ad ArtVerona e Artissima, la Fondazione The BankETS-Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea viene presentata ufficialmente a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, all’interno dell’ex filiale della Banca Commerciale Italiana in cui trovano sede la Fondazione stessa e temporaneamente il costituendo Museo della Pittura Contemporanea.
Sono due le mostre inaugurali, realizzate con il patrocinio del Comune di Bassano del Grappa, in programma fino al 29 febbraio 2024: Pittura Segreta, un’ampia panoramica sulla pittura contemporanea; e Champions League, un focus dedicato all’artista Michele Moro.
Pittura segreta nella gallery #1
Nella gallery #1 della Fondazione The BankETS è allestita la mostra Pittura segreta, a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Paolo Zanatta, con opere di oltre settanta pittrici e pittori contemporanei facenti parte della collezione permanente, per una disamina che va oltre le geografie e le dinamiche del mercato, ponendo in primo piano la qualità della ricerca, con una particolare attenzione anche agli autori outsider. Al centro dell’attività della collezione “il potere salvifico” dell’arte come ci ha raccontato Antonio Menon, il presidente, che si è avvicinato all’arte in modo significativo in un periodo difficile della sua vita. Nasce così la raccolta che diventa poi una collezione, l’evoluzione di una scelta, animata da consapevolezza e conoscenza. L’arte come terapia esprime la vocazione della Fondazione che anche si evidenzia nella realizzazione dello spazio, dando vita ad una sorta di “rifugio” dai mali del mondo, dallo stress della vita quotidiana, una sorta di bunker di bellezza, ovattato entrando nel quale si esce dal mondo. Niente finestre sull’esterno, moquette grigia a terra e pareti bianche, luci ovattate e un’esplosione di colore alle pareti. Un luogo di pace ma anche un laboratorio per una riflessione su sé stessi. Prendersi il tempo e lo spazio della ricerca dell’armonia perché la bellezza e la gentilezza-lette come voci di un binomio – non sono una passeggiata ma un cammino verso l’armonia he non è solo estetica esteriore.
La Collezione nasce infatti da un rapporto intimo con gli artisti coltivando coloro che sono fuori dal sistema o almeno che non producono per il mercato. Come ha sottolineato infatti il curatore Cesare Biasini Selvaggi, la pittura è fatica, richiede tempo, dedizione e spesso un isolamento prolungato nello studio che mal si concilia con una vita mondana salottiera. Chi compie percorsi di tale sorta spesso però ha difficoltà ad emergere e la Fondazione vuol essere un veicolo in tal senso, un’opportunità per molti artisti che condividono l’arte come passione e non come semplice mestiere. Bassano del Grappa è tra l’altro in qualche modo un’isola felice perché la delega alla cultura è nelle mani del sindaco ed è parte integrante del progetto per la città e la sua vivibilità. D’altronde, come ha puntualizzato Biasini Selvaggi, per guardare al futuro occorre sapere chi si è e conoscere la propria storia. Ecco però perché si parla di “Pittura Segreta”, nascosta, non esibita: la mostra aprendo ufficialmente l’attività della Fondazione offre una panoramica ad ampio spettro sulla figurazione esclusivamente italiana dal Duemila a oggi. Nell’ambito dell’esposizione segnaliamo l’artista più giovane in esposizione, Vittorio Marella, classe 1998, veneziano, e l’artista che da sempre accompagna la Fondazione Sergio Padovani di Modena, in mostra con un’opera di grande formato, Visioni misteriose per palazzi tenebrosi, la cui ispirazione, ci ha raccontato, è legata ad un viaggio nel nord della Calabria in un’area industriale dismessa dove entrando in alcuni edifici ha avvertito il senso di angoscia che ha restituito con l’oro in quanto colore abbagliante. Un lavoro che, come tutti i suoi, non ha una fase preparatoria con il disegno o una foto, ma procede dalla parola e dal racconto, prima ispirazione – “il titolo nelle mie opere è il 50% della tela” – direttamente con la pittura. Inoltre l’ultimo nome entrato in collezione è Paolo De Biasi; infine Francesco Lauretta in mostra con l’opera che ha vinto il premio Verona all’ultima edizione di Arte Verona.
La collettiva Pittura segreta comprende, tra gli altri, i dipinti di Agostino Arrivabene, Alessandro Busci, Alessandro Papetti, Alex Folla, Alfio Giurato, Andrea Chiesi, Andrea Martinelli, Andrea Angelo Davoli, Carla Bedini, Chiara Sorgato, Cristiano Tassinari, Daniele Galliano, Daniele Vezzani, Danilo Buccella, Domenico Piccolo, Elisa Rossi, Emanuele Giuffrida, Enrico Robusti, Ettore Frani, Ettore Pinelli, Federico Guida, Federico Lombardo, Filippo Robboni, Francesco De Grandi, Francesco Lauretta, Gabriele Grones, Giorgio Ortona, Giovanni Frangi, Giovanni Gasparro, Giovanni Iudice, Giuliano Sale, Guglielmo Castelli, Leo Ragno, Luca Pignatelli, Manfredi Beninati, Manuel Pablo Pace, Marco Bettio, Marco Fantini, Marco Luzi, Marco Petrus, Matteo Massagrande, Maurizio Bottoni, Maurizio L’Altrella, Mauro Reggio, Nicola Caredda, Nicola Verlato, Paolo Maggis, Romina Bassu, Saturno Buttò, Silvia Mei, Tommaso Ottieri, Velasco Vitali, Vittorio Marella, Sebastiano Caldarella, Pierluca Cetera, Ilaria Del Monte, Andrea Fiorino, Greta Frau, Andrea Di Marco, Laura Giardino, Valerio Melchiotti, Marta Naturale, Sergio Padovani, Davide Nido, William Marc Zanghi. Completano il percorso espositivo le sculture di Ettore Greco e Marco Fantini. «Gli autori selezionati mostrano la rivoluzione silenziosa e “segreta” della pittura, in particolare di quella figurativa, la sua capacità di rinnovarsi nel tempo, muovendosi sui sentieri accidentati quanto effimeri del presente in divenire», evidenzia Paolo Zanatta, conservatore delle collezioni. «Una rivoluzione silenziosa, segreta, operata nella pratica assidua della pittura, quotidiana, in ore e ore trascorse a cavalletto, in studi lontano dalle luci della ribalta e delle pubbliche relazioni a oltranza, dalle speculazioni commerciali», dichiara Cesare Biasini Selvaggi, segretario generale della Fondazione. Tutti i pittori riuniti, tutt’altro che in difesa della tradizione contro il progresso,
dell’ordine contro l’avventura, riflettono direttamente o incidentalmente sui problemi legati al medium, alla metapittura – la sua estensione semantica, per esempio, dai territori dell’installazione a quelli della scultura e della videoarte – al rapporto tra figurazione e astrazione. Ci sono quadri intesi ora come dispositivi di rappresentazione ora come presenze nella loro dimensione oggettuale, immersi nell’alveo della ridefinizione di alcuni generi tradizionali della storia dell’arte, come il ritratto, il paesaggio e la natura morta; oltre che nell’appropriazione consolidata di temi e di generi provenienti da altri ambiti linguistici, dalla letteratura e dal cinema (giallo, noir, pulp, fantascienza) fino ai video musicali e all’animazione digitale. Si tratta di una ricerca pittorica che si muove fondendo in maniera indissolubile la vicenda esistenziale con l’essere artista. Si tratta di casi di sovrapposizione tra arte e vita, sul modello di quello, ancora più radicale, incarnato da Joseph Beuys. Per la maggior parte di loro significa tornare indietro a un tempo senza storia e a luoghi ancestrali nei quali vi è il dominio incorrotto della natura; luoghi dove dominano le emozioni e prevalgono l’empatia, la spontaneità e i sentimenti più genuini. I temi inventariati comprendono il mito innocente e selvaggio che si svela nella campagna, l’io fanciullo e il tempo dell’infanzia, lo spirito di auto-rappresentazione dei luoghi e delle comunità, la memoria individuale e quella collettiva, la storia interiore o l’identità svelata, le contraddizioni che rimandano ai valori archetipi dell’esistere, il sogno (espressione simbolica dell’inconscio) e la percezione reale (determinata dal rapporto dell’Io con il mondo esterno), in cui allegorie e simboli sono il trait d’union per sintonizzarsi.
Champions League nella gallery #2
Parallelamente, la gallery #2 della Fondazione viene riservata a Michele Moro, artista di Treviso, classe 1964, autore di un progetto espositivo curato da Cesare Biasini Selvaggi, una galleria di ritratti dove ogni esistenza è presentata come un’opera d’arte, ricordando che per viverla appieno occorre affrontare sfide difficili, tentando l’impossibile per guadagnarsi una personale Champions League. Diciotto dipinti ad olio su tela sono i protagonisti di una mostra che presenta una serie tra le più significative del pittore, cultore della qualità e del “ritorno al mestiere”, testimone e custode dei valori dell’arte. Michele Moro incarna ad hoc lo spirito della Fondazione per il suo lato Pop all’apparenza che nasconde una pittura molto “pesante”, un invito alla riflessione profonda sul sé, non gentile, per alcuni aspetti disturbante e con un lato trash. Nondimeno lo spettatore non può rinunciare a guardare, a cercare delle risponde, interrogare i personaggi che ha di fronte. Indubbiamente tra l’altro mostra una grande qualità pittorica in una galleria di ritratti che diventano potenziali autoritratti deformanti di un nostro lato. L’umanità di Moro si svela «nell’apparizione di cose e figure in scene visionarie dal fascino pop-surreale che attingono a varie suggestioni, dai ricordi di persone che hanno costellato la vita dell’artista nel quotidiano accostando a essi simboli e contenuti sorprendentemente contemporanei, definendo un racconto originale e personale», scrive Rebecca Delmenico in catalogo. «Ogni ritratto è il modo in cui l’artista interpreta il soggetto, proiettandolo nel suo universo emblematico sospeso in una surrealtà schizoide, i cui elementi circoscrivono un clima che Moro definisce punk e, al contempo, lirico».
«Moro rappresenta il prototipo di artista che la Fondazione The BankETS ama, ed è quindi immediatamente entrato a far parte del gruppo di artisti con cui noi abbiamo un rapporto diretto, direi quasi intimo. Perché quando ci si ritrova (l’artista e noi) dentro una tela, si condividono emozioni, nasce un rapporto con l’artista che non può che essere intimo. È una sorta di confessione reciproca, che diventa complicità, amicizia e comune aspirazione affinché quello che la tela racconta, quello l’artista racconta, possa essere conosciuto e condiviso anche dal pubblico. L’esposizione, in questo senso, diventa per l’artista un modo per confermare la propria esistenza, una sorta di liberazione dalla propria solitudine: espongo e quindi sono, esisto. C’è sicuramente anche una giusta e necessaria componente di ambizione, che non diventa comunque mai predominante», afferma Antonio Menon, presidente della Fondazione.
L’esposizione propone una raffinata scelta di ritratti di Moro, un excursus che prende le mosse dalle lezioni di Leonardo e dei suoi epigoni – come Giuseppe Arcimboldo – intrecciandola con il naturalismo di Annibale e Agostino Carracci, attraversando la trionfale ripresa del genere presso i pittori veneti della prima metà del Settecento, da Marco Ricci a Giovan Battista Tiepolo, fino alla ricerca di Francis Bacon nella ritrattistica metamorfica. «Il bello rappresentato dall’io nella ritrattistica di Moro è presente in qualsiasi forma che, di per sé, può essere considerata non-bella, non-convenzionale, addirittura brutta. È questa la personale ricerca del sublime dell’artista», dichiara Biasini Selvaggi, curatore della mostra.
«Mentre tutti ci guardavano con sospetto e un po’ di compassione perché restavamo incantati dai soggetti di Moro, scoprivamo che il nostro amico trevigiano era pure più concettuale di qualsiasi informale che abbiamo visto passare a cifre incredibili nelle varie aste. Perché Moro ci racconta la verità ridendo, e sotto il suo sorriso prevedeva il disagio della Brexit, il disastro delle banche venete e della finanza occidentale, ma era anche ambientalista vero ante litteram, prima di ogni Greta, prima di ogni protocollo verde, in anticipo sui catastrofisti del riscaldamento globale, con le sue canottiere e le sue corse matte e disperatissime, sempre in fuga da una realtà che non basta mai. The Bank non poteva non intercettare un talento di tale portata, perché sta proprio nel codice genetico della collezione questo andare contro i tempi, contro i luoghi e in qualche misura contro le mode che hanno lasciato ai margini molti artisti affini a Michele Moro», evidenzia Paolo Zanatta nel suo contributo in catalogo.
Chi è Michele Moro
Nato a Treviso nel 1964, svolge gli studi in grafica pubblicitaria a Treviso e, successivamente, frequenta i corsi serali presso la scuola d’arte “Lorenzo Lotto” a Mirano (Venezia) dove, oltre agli studi in storia dell’arte, apprende i fondamentali del disegno e della pittura, percorso che poi proseguirà in autonomia come autodidatta nella pittura a olio. Nel frattempo lavora in un’agenzia pubblicitaria; successivamente pratica la decorazione con aerografo disegnando su plexiglass o alluminio per insegne luminose, coniando il proprio idioma espressivo nel coltivare la pittura a olio.
Chi è la Fondazione The BankETS- Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea
Istituzione nazionale dedicata esclusivamente alla pittura contemporanea, è un centro di ricerca e di formazione specialistica con l’obiettivo di avvicinare all’arte italiana e internazionale un pubblico sempre più vasto. Istituita nel mese di agosto 2023 dal collezionista Antonio Menon, suo presidente, la Fondazione è un’istituzione no-profit che ha le proprie radici nella raccolta d’arte conosciuta come The Bank, in quanto allestita all’interno di un’ex filiale della Banca Commerciale Italiana. Gli spazi di Bassano del Grappa (VI), trasformati nel 2019 in museo privato a seguito di un accurato intervento di archeologia industriale, sono oggi sede della Fondazione e del costituendo Museo della Pittura Contemporanea. I vertici della Fondazione sono costituiti da: Antonio Menon, presidente; Cesare Biasini Selvaggi, segretario generale; Paolo Zanatta, conservatore delle collezioni. La Fondazione The BankETS-Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea è stata presentata in anteprima nel 2023 ad ArtVerona e Artissima.
a cura di Ilaria Guidantoni