Alla Triennale Milano, con il suo Museo del Design Italiano non solo un contenitore di eventi e mostre ma a sua volta contenuto dinamico che si intreccia con la propria attività, è di scena la mostra Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli – fino al 7 marzo 2021 – dedicata al lavoro e al pensiero di uno dei principali progettisti, artisti, critici e teorici, che per primo ha parlato di democratizzazione dei progetti, attraverso un allestimento diviso in tre sezioni con una scelta espositiva cronologica che mostra progetti, modelli, disegni e materiali spesso inediti, provenienti dall’Archivio Mari recentemente donato al CASVA – Centro di Alti Studi sulle Arti Visive del Comune di Milano.
Un’occasione per conoscere il lavoro di ricerca, i progetti e la versatilità di chi ha disegnato libri per l’infanzia, scenografie teatrali come quella per Il Tabarro di Giacomo Puccini – il bozzetto è all’inizio del percorso – fino a oggetti nati dalla libera ispirazione (che egli stesso ha voluto contraddistinti da un asterisco) o commissionati da aziende, alcuni diventati iconici – come il Vassoio di Putrella, esempio di grande classicità ed essenzialità del suo stile – e molto altro ancora.
Un’opportunità preziosa perché l’accesso agli archivi è un fatto eccezionale dato che Mari ha chiesto di ‘secretarli’ per quarant’anni, dopo di che una nuova generazione matura di design sarà pronta per consultarli.
Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, ricorda infatti che “in un’intervista del 2016 Mari ha affermato di aver posto la condizione che, dopo la donazione, per quarant’anni nessuno avrebbe potuto accedere al suo archivio. Questo perché, nelle sue più ottimistiche ipotesi, solo dopo questo lasso di tempo, una nuova generazione potrà farne un uso consapevole e riprendere così in mano il significato profondo delle cose.”
Dall’idea di questo lungo silenzio nasce l’idea della mostra che incarna l’idea di Mari del lavoro come sola condizione perché l’uomo possa trovare la felicità. Questo artista che è difficile connotare con una solo etichetta o anche con molte è artigiano-artista nel senso classico del termine e lui stesso si richiama espressamente al mondo antico nel quale un artista lavorava per la comunità, spesso in modo anonimo, ricercando la spiritualità ed erano le sue opere a parlare, al di là di ogni divismo.
Mari ha ragionato molto sulle religioni e il loro essere strumento politico e sulla società dei consumi e la mercificazione della vita – non perché il commercio non sia legittimo – e proprio il rifiuto di ogni ideologica rischia di consegnarci alla sola filosofia del produrre. La produzione da incentivare è invece quella della cultura senza la quale, secondo Mari, una società muore.
Milano è la città nella quale Mari ha sempre vissuto e lavorato e la mostra, nata dal costante scambio e dialogo intercorsi negli anni tra Mari stesso e il curatore Hans Ulrich Obrist, racconta oltre 60 anni di attività progettuale, dall’arte al design, dall’architettura alla filosofia, dalla didattica alla grafica.
Il progetto espositivo è articolato in una sezione storica, a cura di Francesca Giacomelli, e in una serie di contributi di artisti e progettisti internazionali –Adelita Husni-Bey, Tacita Dean, Dominique Gonzalez-Foerster, Mimmo Jodice, Dozie Kanu, Adrian Paci, Barbara Stauffacher Solomon, Rirkrit Tiravanija, Danh Vōe Nanda Vigo, oltre a Virgil Abloh per il progetto di merchandising– invitati a rendere omaggio a Mari attraverso installazioni site-specific e nuovi lavori appositamente commissionati. Un contributo particolare è quello di Nanda Vigo che nell’opera inedita, ideata per la mostra, prima della sua scomparsa, reinterpreta con la luce due dei lavori più celebri di Mari, i 16 animali e i 16 pesci.
La sezione storica si sviluppa a partire dal riallestimento dell’ultimo progetto espositivo dell’autore. L’arte del design, tenutosi alla GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino nel 2008-2009, di cui Mari stesso aveva seguito la curatela, l’allestimento e il catalogo.
La mostra ha il pregio di consentire letture a diversi livelli, una pura fruizione giocosa – a Mari non mancava mai un sorriso e l’ironia – adatta anche al pubblico più giovane; una lettura culturale e artistica – le opere pittoriche mostrano una qualità che iscrive Mari tra gli artisti italiani – e un’indagine tecnica per chi vuole approfondire, che non appesantisce però il viaggio dello spettatore comune.
L’esposizione riunisce 250 opere, dalle Pitture degli anni Cinquanta alle Strutture degli anni Cinquanta e Sessanta (Arte programmata), dalla serie di contenitori Putrella (1958) ai multipli d’arte de La Serie della Natura (1961-1976), dai vasi delle Nuove proposte per la lavorazione a mano del marmo. Serie Paros (1964) agli Allestimenti modulari di cartone (1964-1970), dal progetto per la Copertina della Collana Universale Scientifica Boringhieri (1965) alla sedia Box (1971), dall’Autoprogettazione (1973) alle ciotole della Proposte per la lavorazione a mano della porcellana. Serie Samos (1973), dalle 44 valutazioni (1976-2008) alla sedia Tonietta (1980), dai progetti non realizzati Tre piazze del Duomo (1982) all’Allegoria della dignità (1988), dalle Lezioni di disegno (2007-2008) fino al progetto Per un Nuovo Museo del design per la rivista Abitare (2009-2010), considerati tra i più rappresentativi dei quasi 2.000 ideati nel corso della sua carriera. Nel corridoio di ingresso il suo ‘gioco’ sulla Falce e martello su carta con le tessere del puzzle, in marmo esposte su colonne, che rinviano al titolo di una mostra che si declinava come uno tre modi di un artista di servire la società, ai cui bisogni è stato sempre attento, smontando il mondo del design italiano, l’estetismo, l’autocompiacimento, quella vena patinata di un finto andare controcorrente.
In parallelo, diciannove Piattaforme di Ricerca, ideate per la mostra in Triennale, presentano approfondimenti su altrettanti progetti dai quali emergono le tematiche centrali nella pratica e nella poetica di Mari: le prime indagini sulle ambiguità percettive, le ricerche sulla produzione sperimentale, le ricerche sulla produzione di serie, il tema dello standard ed altro. Negli approfondimenti è inclusa una selezione delle Allegorie – tra queste la prima Modulo 856 (1967), l’esercizio critico di progetto Proposta per un’autoprogettazione (1974), Perché una mostra di falci? (1986), l’ultima realizzata dall’autore Sessanta fermacarte (2010) – e degli ultimi progetti realizzati da Mari negli anni successivi alla mostra antologica di Torino, tra i quali lo scenografico progetto di allestimento dell’esposizione Vodun, African Voodoo (2011) disegnato per la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi nel 2010, di cui è riproposto un ambiente dai potenti rimandi formali alle strutture dei modelli che costituiscono la Proposta per un’autoprogettazione del 1974, di forte suggestione.
Completa il percorso una serie di video interviste realizzate da Hans Ulrich Obrist che testimoniano la costante tensione etica di Mari, la sua profondità teorica e la straordinaria capacità progettuale di dare forma all’essenziale.
L’esposizione si inserisce nel percorso iniziato da Triennale e dal suo Museo con le grandi mostre dei Maestri del design, sostenute dai Partner Istituzionali Eni e Lavazza, il Partner Tecnico ATM, l’Institutional Media Partner Clear Channel sostengono Triennale Milano da Mario Bellini, a Osvaldo Borsani, Achille Castiglioni ed Ettore Sottsass. Un percorso che continuerà nell’aprile del 2021 con l’esposizione dedicata a Vico Magistretti.
Mari, un gigante del design del Novecento, è nato nel 1932 a Cerano nel novarese ed è morto il 19 ottobre 2020. Studiò letteratura, arte e psicologia della percezione visuale, frequentò l’Accademia di Brera dal 1952 al 1956 formandosi in letteratura e arte. Un artista di fama mondiale, creatore di icone leggendarie, cinque volte Compasso d’Oro, un maestro che con la sua riflessione teorica ha formato generazioni di designer.
a cura di Ilaria Guidantoni