Questa XI edizione prende il nome di Metamemoria, e mette in luce strumenti per vivere il presente attraverso l’arte con l’immagine coordinata della serie fotografica Le piante dell’artista Turi Rapisarda, realizzata tra il 1990 e il 1993. Quattro piani in una palazzina immersa in un bosco autunnale al quale Torino regala la luce tersa del Nord di un autunno generoso in una giornata di sole. Un colore per ognuno dei quattro piani che si snodano tra corridoi e stanze come quelli di una grande villa dell’aristocrazia locale. Il fascino d’antan dell’ambientazione molto curata restituisce l’idea di un’arte contemporanea a se stessa, che attraversa il tempo senza essere mai datata. L’edizione 2023 è particolarmente ricca, curata, con un’accessibilità molto più disciplinata della scorsa edizione e una chiarezza di visione anche dove il tema è così ampio da correre il rischio di perdersi. Forte naturalmente la presenza delle gallerie torinesi, Milano sempre protagonista e in modo singolare spicca la partecipazione di Roma con realtà di grande rilievo. La selezione delle opere è attenta e curata e la qualità intrinseca dialoga con la discrezione.
La nostra passeggiata inizia proprio con Mushroom Forest di Michel Vecchi, installazione site specific in legno e tronchi recuperati nel parco, con vernice acrilica, 2023.
Beatrice Burati Anderson, Art Space Gallery con sede a Venezia e Roma, apre il percorso con Vis-à-vis, progetto che riflette sul ruolo degli Archivi d’artista, mettendo in relazione Pilade Bertieri – il cui archivio è curato da beatrice Burati Anderson – e Jean-Pierre Velly – curato da Pierre Higonnet – vissuti in periodi diversi sebbene accumunati da una sensibilità decisamente fuori dal comune con una riflessione ben presente e una fascinazione per la morte, in realtà un incanto per la vita, con opere artistiche e filosofiche ad un tempo che superano i confini della storia e della datazione.
Cesare Lampronti con sede a Londra si concentra
sulla fine del Seicento e l’inizio del Settecento con nomi quali Mattia Preti, Giovanni Battista Caracciolo detto il Battistello e Antonio Canal noto come il Canaletto. Atipografia di Arzignano in provincia di Vicenza mette in dialogo non tanto la storia con il presente quanto un artista storicizzato quale Fabio Mauri con l’emergente Stefano Mario Zatti, già ospitato in galleria. Il lavoro è stato quello di cercare dei punti di contatto tra lo schermo, simbolo del mondo, accesso all’infinito attraverso il linguaggio che è sempre parziale del primo e l’attenzione all’infinito del secondo in rapporto alla moltitudine dei singoli, con la quale crea uno scambio come nel libro della vita, opera in fieri che oggi conta 11mila nomi; così come in Mundus dove la circolarità delle citazioni creano una sorta di mantra evocando la ripetizione di un eterno ritorno. La Galleria del Ponte di Torino presenta una bella mostra monografica di Carol Rama; scelta monografica, dedicata a Ugo Nespolo, anche da parte della Galleria romana Luma Contemporary Art.
I tappeti, come ormai
da consuetudine, sono rappresentati dalla Galleria Mirco Cattai che ha dedicato una parete a tre tappeti ottomani di cui un Ushak Lotto del Cinquecento, molto raro, con una bordura à ramages bianca e rossa su sfondo verde; e due della Transilvania di cui uno a doppia nicchia, un’invenzione artistica nata per aggirare il divieto di esportazione dei tappeti ‘preghiera’. Se questi oggetti rappresentano la geometria dell’arte nomadica, la magnificenza urbana, la perfezione del disegno è quella di un tappeto Esfah Savafide, tappeto di corte del XVII secolo. Nello stand 2 Kazak caucasici, uno ad alberi e uno con fondo verde acqua, un Karaciof, realizzato a memoria, senza ricetta, di grande suggestione. Infine un Heriz ’Serapi’, proveniente dal nord-ovest della Persia, regione montuosa, sotto un certo profilo semplice da capire e spartano nel disegno, di grande piacevolezza anche per i colori, moderno come può esserlo un tappeto antico.
La storia della galleria e del Novecento
italiano alla Galleria Russo, nata nel 1898 a Roma, dal bisnonno dell’attuale proprietario collezionista per divertimento dell’Ottocento, ovvero dell’arte contemporanea di allora. Una storia gloriosa e curiosa che ad esempio ebbe dal 1948 al 1968 un contratto in esclusiva con Giorgio De Chirico fino a quando l’artista si innamorò della moglie di un noto deputato democristiano. La moglie dell’artista venne a scoprire la liaison amoureuse in realtà meramente platonica, consumatasi in una corrispondenza epistolare a mezzo del fermo posta, e accusò la Galleria di essere complice costringendo di fatto il marito a rompere il contratto. La ricostruzione dell’attività della Galleria e della sua collezione – in mostra tra gli altri Gerardo Dottori e Mario Sironi – è raccontata in un volume di recente pubblicazione che contiene un filmato, un vero oggetto d’arte, La chiusura del cerchio, edito da Maretti Editore.
Flashback alterna gallerie che si occupano di contemporaneo e di arte antica, progetti di confronto tra passato e presente all’interno di uno stesso spazio senza mai far scemare la tensione dell’arte attraverso il tempo. La romana Antiques par force, galleria antiquaria generalista dedicata in particolare alla pittura ma anche ad arredi e a mobili particolari, dal Barocco al Romanticismo, ha presentato un progetto centrato sul Grand Tour, quindi sul viaggio e sul vivere in una dimensione in cui l’Italia diventò fonte d’ispirazione e definizione del segno pittorico di artisti internazionali, l’ultima grande stagione nella quale fu il Belpaese il riferimento artistico dell’Europa, a cavallo tra la fine dell’Illuminismo e l’esordio del Romanticismo. In mostra quasi tutti artisti stranieri da Jakob Philipp Hackert fino ad Anton Sminck Van Pitloo. Protagonista dell’esposizione Antoine Volaire, pittore francese che arrivò a Napoli nel 1860 durante l’eruzione del Vesuvio rimanendone così affascinato da specializzarsi in eruzioni con figure in controluce colte di sorpresa tra lo sgomento, la paura e la fascinazione, incarnazione di quel sentimento del sublime che caratterizzò l’estetica della prima metà dell’Ottocento.
Luca Gracis sceglie un’accoglienza raffinata in un gioco che punta sul bianco con opere di Alessandro Algardi, Fausto Melotti, Lucio Fontana, Piero Dorazio e Carla Accardi, per lasciare poi spazio nella seconda sala alla pittura Informale e all’arte astratta con una scelta tutta italiana, eccezion fatta per Antoni Tapiès, per ricordare la mostra realizzata nel 2023 per il centenario della nascita. In mostra Edmondo Bacci, fresco di mostra alla Peggy Guggenheim a Venezia, che firmò il manifesto dello Spazialismo con Fontana e ora in fase di riscoperta. Artista acquistato già negli Anni Sessanta del secolo scorso al Moma di New York anche se poi messo un po’ da parte. Tra gli altri anche una selezione di opere di Sanfilippo, Giulio Turcato e un’opera di Mattia Moreni che partecipò nel 1950 alla prima Biennale di San Paolo del Brasile.
In Galleria a Milano fino al 23 dicembre la personale di Enrico Baj nel ventennale della morte, Soluzioni immaginarie, con allusione alla patafisica, che anticipa le celebrazioni previste nel 2024 per il centenario dalla nascita.
È la Galleria Lo Scudo di Verona il simbolo di questa edizione per aver saputo incarnare perfettamente il senso del dialogo nel tempo e di quella memoria oltre la storia con un dialogo realizzato come un’installazione teatrale fra le opere di Luigi Ontani e gli artisti storici, come nel caso del suo San SebastianSaggittario, del 1995, in ceramica di Faenza e Pietro Ricchi, autore di un San Sebastiano, nel XVII secolo.
a cura di Ilaria Guidantoni