Hausbrandt e Trieste Cultura e commerci mitteleuropei tra il 1892 e il 2023, al Salone degli Incanti sulle Rive Triestine fino al 22 ottobre 2023. In mostra il rapporto tra il famoso marchio del caffè che ha superato i 130 anni e Trieste sua città natale e luogo dell’anima e la cultura mitteleuropea. Cuore del percorso espositivo, la storia dell’immagine grafica e della comunicazione del brand Hausbrandt, che da fine Ottocento, tra arti e design, accompagna il mutare dei tempi, con pittori e cartellonisti famosi – da Metlicovitz a Biban – con approcci innovativi. Non solo una mostra ma un progetto per un mese e mezzo di eventi,
laboratori e incontri che raccontano il rapporto intimo tra l’azienda e la città, un’azienda che ha reso la sua attività produttiva cultura.
Trieste è conosciuta anche come la città del caffè perché qui è stata aperta la prima caffetteria in Italia nel 1748 e la sosta al caffè fa parte della cultura di una città mitteleuropea che unisce la cultura del nord e lo spirito Mediterraneo. Trieste è infatti anche una città nel vento intimamente legata al mare e al suo porto che ha vissuto tempi glorioso come il Porto degli Asburgo diventato porto franco, luogo di transito di merci in primis il caffè appunto e di idee, di genti. Scelta indovinata dunque la ex Pescheria Centrale costruita nel 1913 affacciata sul porto dalle
cui vetrate entra la vita esterna per allestire l’esposizione che diventa una sorta di viaggio nel tempo e nello spazio a cura dell’architetto Luciano Setten.
Un mese e mezzo di eventi collaterali tra talk, incontri e concerti
Una lunga storia intrecciata al percorso di crescita dell’Italia, ai mutamenti di gusti, stili e riti della società, e sempre profondamente legata alla città di origine.
Hausbrandt e Trieste. Cultura e commerci mitteleuropei 1892 – 2023 è l’evento/kermesse promosso dalla Fondazione Hausbrandt, con la coorganizzazione del Comune di Trieste, il Patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia e della città di Treviso, che dal 9 settembre al 22 ottobre 2023 animerà il Salone degli Incanti, nella città Giuliana, con l’intento di ricostruire il lungo, straordinario percorso del famoso marchio del caffè presente in 90 Paesi del mondo.
L’evento, fortemente voluto dal Comune di Trieste e accolto da Mart
ino Zanetti, Presidente della Fondazione Hausbrandt, vuole valorizzare e celebrare la stretta relazione tra la città e l’azienda. A rappresentare l’Austria, in occasione della presentazione alla stampa, Markus D’Asburgo, amico fraterno della famiglia di Martino Zanetti. La loro partecipazione assume grande rilevanza in quanto Hausbrandt Trieste 1892, decana dell’industria europea, ha voluto dedicare questa mostra e lo sforzo per organizzarla alla città di Trieste ma anche alla crescente condivisione degli industriali mitteleuropei della volontà di pace, unico contesto nel quale può prosperare la civiltà.
Il percorso espositivo
La mostra traccia un percorso storico da quando la casa ha inteso vendere il caffè tostato direttamente incontrando la resistenza delle massaie triestine che preferivano tostarlo in casa. Questa diventa la molla per concentrarsi sulla comunicazione, motore dell’azienda, in tempi in cui non era ancora così forte l’investimento in pubblicità che forse non a caso allora si chiamava “propaganda”. D’altronde fino agli anni 30 del Novecento, la distinzione tra
artista, illustratore e pubblicitario è praticamente assente, liberi com’erano i creativi da necessità e regole di marketing.
Fu così che grandi personalità, come quella del pittore e cartellonista Leopoldo Metlicovitz, dei pubblicitari Luciano Biban e Robilant e dello studio Demner Merlicek & Bergmann, diventano tra i protagonisti del racconto.
Il nostro viaggio in mostra comincia con 10 bozzetti e la barchessa di Metlicovitz del quale è esposto anche un manifesto sul cui retro la sua firma e alcune indicazioni e dagli anni della Bella Époque l’evoluzione è nello stile, nel gusto e anche nel modo di proporsi fino ai giorni nostri.
Nella sua duplice veste di Presidente del Gruppo Hausbrandt e di artista, e cultore della Arti, della Musica e delle Lettere, infatti, Zanetti ha contribuito in questi ultimi anni a innovare la comunicazione, partendo proprio da una sua opera, Figura 1, per inondare di geometrie
e colore gli strumenti iconici e il merchandising dell’azienda; in occasione dei 130 anni della stessa, ha inoltre dato una nuova veste alla famosissima Moka Hausbrandt, la cùccuma umanizzata che beve una chicchera del suo stesso caffè, creata negli anni Sessanta dal celebre artista friulano Luciano Biban, morto giovanissimo, un intervento che richiama il saldo legame con l’iconografia della pubblicità del primo Novecento e con l’anima mitteleuropea di Hausbrandt.
Accanto a La Storia del brand, che si apre ricordando il primo slogan scelto, alla fine del XIX secolo, per evidenziare in modo semplice e diretto la qualità di questo caffè – “Specialità Caffè Hausbrandt”, un motto tanto innovativo e immediato da divenire presto sinonimo della Ditta stessa – si completa con una sezione dedicata a La Tecnica, tra sacchi di caffè, macinini e macchine del caffè per i bar a partire dagli anni Cinquanta, e un omaggio a Il Territorio, ovvero alla Trieste del passato e del presente.
Il tema della tecnologia tra l’altro non è solo un must aziendale quanto una caratteristica della città friulana.
Hausbrandt in particolare è stata la prima azienda a offrire prodotti lavorati e confezionati in contenitori metallici, sigillati all’interno dello stabilimento, e già nel 1900 aveva presentato il sistema brevettato
Grevenbroich: un sistema innovativo a motore elettrico e con meccanismi di raffreddamento che garantiva tostatura e aroma del caffè perfetti. Così, anche l’evoluzione delle macchine da caffè, da quelle di tipo lever azionate manualmente degli anni Cinquanta fino a quelle sofisticate d’oggi, testimonia l’attenzione crescente del settore del caffè verso la qualità.
Percorrendo l’evoluzione dell’azienda, già negli anni della Bell’Epoque Hausbrandt aveva utilizzato réclame innovative e soluzioni grafiche precorritrici, come il disegno del turco che sorseggia caffè e alza tre dita a sottolineare tre parole, “Specialità Caffè Hausbrandt”, esempio di sintesi formale di grande modernità, simmetria e nel contempo grande iconicità nel turbante arancione; o come la famosa campagna del 1910 – di carattere diametralmente opposto ma non meno efficace – con i cosiddetti “Vecchietti”, debitori del realismo romantico ispirato dallo statunitense Norman Rockewll e ancor oggi uno dei
segni grafici più riconoscibili dell’azienda.
Allo stesso modo lo slogan utilizzato viene inserito nelle confezioni e sui primi mezzi aziendali, attuando una declinazione coordinata della campagna promozionale ancora sconosciuta per l’epoca.
Sarà però negli anni immediatamente seguenti che la prima industria italiana di torrefazione inizia a collaborare con alcuni dei più importanti artisti impegnati anche nella grafica pubblicitaria, tra cui come accennato il triestino Leopoldo Metlicovitz considerato tra i padri del moderno cartellonismo italiano.
Pittore e illustratore nato a Trieste nel 1868, era divenuto famoso collaborando con la Casa editrice musicale e le Officine Grafiche Ricordi – suoi i cartelloni di Tosca, Madama Butterfly e di Turandot di Puccini – ma anche come scenografo e costumista per il Teatro alla Scala, illustratore di libretti, spartiti, calendari e riviste.
Prima di dedicarsi quasi esclusivamente alla pittura, come illustratore sui lavori erano apparsi anche su La Lettura (1906-1907, 1909) mensile del Corriere della Sera, e nel 1906, in occasione della grande Esposizione Universale di Milano, Metlicovitz aveva vinto il concorso per il manifesto simbolo della fiera, dedicata al Traforo del Sempione. Quindi trai vari incarichi spiccano i suoi impegni nella cinematografia, in particolare per l’Italia Film.
In mostra ci saranno dunque alcune delle sue prime pubblicità Hausbrandt e soprattutto i bozzetti originali per la realizzazione di un fondale e di un’insegna di Casa Hausbrandt a Trieste, con anche la ricostruzione scenografica di questa lunga quinta, sulla base delle indicazioni lasciate dello stesso artista a corredo dei bozzetti.
Affiancando infatti le riproduzioni litografiche di ciascun disegno, raffigurante un diverso personaggio stilizzato in cui è distinguibile una lettera dell’alfabeto, si forma il nome Hausbrandt in una parete ad archi lunga 6 metri: “Avvicinando i dieci disegni, che si tocchino l’un l’altro – scriveva Metlicovitz – già si gode dell’immagine di questa barchessa ad archi, che sarà nei tempi la “Casa Hausbrandt”. Una barchessa scenografica che doveva fungere da fondale in una fiera campionaria degli anni Venti, ma destinata a diventare anche elemento comunicativo del brand nei locali in cui si beveva il Caffè Hausbrandt. E se tante sono le curiosità che mostrano l’esplorazione di nuove possibilità comunicative e veri e proprie sperimenti espressivi – come i sei quadri proposti per una campagna pubblicitaria del Maccò, alcuni in stile Depero e con una simpatica storiella in rima, che dovevano essere riprodotti e stampati fronte/retro dalla De Agostini – un altro fondamentale momento della storia del marchio, ricordato in mostra, è quello legato alla creazione e alle molteplici trasformazioni della Moka Hausbrandt: il logo ancora oggi simbolo forte dell’azienda. È Luciano Biban, veneziano di nascita e friulano d’adozione, nato nel 1935 e scomparso a soli 33 anni, a dare vita nel 1967, partecipando ad un bando di concorso, alla “coccuma umanizzata” che resterà nella storia della comunicazione italiana e diverrà identificativa del piacere del caffè di qualità Hausbrandt. A completare il logo, Biban – dedito alla grafica pubblicitaria, ma anche alla pittura che gli aveva già fruttato diversi premi e riconoscimenti – inserì anche un payoff, posto lì dove si sprigiona l’aroma del caffè, prima caratteristica sensoriale di chi si accinge a berlo: “Il piacere di un buon caffè”, propose Biban, poi modificato in “Che piacere…un buon caffè”.
Nel 1980 sarà Robilant Associati a far evolvere l’iconico logo, ancorando la Moka a un rettangolo che la definisce meglio, rendendo più grafico e meno pittorico il segno, inserendo i colori – il rosso e il giallo – che hanno contraddistinto il marchio Hausbrandt nel mondo; quindi, quindi vent’anni dopo, nel 2019 è stata l’Agenzia Demner, Merlicek & Bergmann di Vienna, fondata nel 1969, a impegnarsi nel restyling del logo e del sistema comunicativo dei prodotti.
La Moka diventa nera e stilizzata, in stile diventa più mitteleuropeo e il tono del marchio cambia senza stravolgere. Gli elementi di base rimangono il lettering di taglio obliquo e la moka, con l’essenzialità di uno stile puro e minimale. Infine Martino Zanetti, che ha festeggiato i 130 anni dell’Hausbrandt intervenendo personalmente sul logo colorato e ammiccante delle origini, nella rivisitazione di Roibilant. La coccuma animata, che beve un caffè fumante, esce lei stessa allegra da una tazzina stilizzata esclamando con gioia “Che caffè!” a esprimere i concetti di convivialità, di condivisione e di gioia che sono i valori della Hausbrandt.
Indietro nel tempo, uno sguardo su Trieste
Quando inizia l’avventura di Hausbrandt, la città è un importante hub commerciale per il caffè, fulcro delle relazioni tra i Paesi dell’Europa centrale e la cultura del caffè già da tempo si era espansa in Italia e in Europa: è a Venezia il primo caffè pubblico nel 1643, circa un secolo dopo l’arrivo nella città dogale, pare, del primo chicco di caffè usato da medici e speziali; quindi in Francia, ove la bevanda fu introdotta anche alla corte di Luigi XIV, e poi in Austria. È sotto l’Impero asburgico infatti che la città, nominata porto franco da Carlo VI d’Austria, diviene uno snodo cruciale del commercio dell’Impero e l’importazione del caffè diventa una delle maggiori occupazioni del porto triestino, oggi scalo principale del Mediterraneo nel settore.
Il caffè nel Settecento diventa la sintesi dello spirito del nuovo mondo, quello dell’Illuminismo.
Un anno prima della nascita di Hausbrandt a Trieste si forma l’Associazione Industriali e agli inizi del XX secolo viene aperta la Borsa.
Oggi il legame tra Hausbrandt e Trieste è dimostrato anche dall’impegno della Fondazione Hausbrandt che – nata per volontà di Martino Zanetti in Austria – oltre ad affrontare studi e ricerche connessi all’età rinascimentale, intende contribuire al dibattito sulla valorizzazione del patrimonio storico architettonico della città, come ricorda il metaprogetto per il recupero dello storico Palazzo Carciotti, illustrato in mostra.
Il progetto di uno spazio multifunzionale
Quello di Palazzo Carciotti, di proprietà del Comune, disegna l’orizzonte del futuro a portata di mano con l’idea di costituire un polo sotto la direzione della Fondazione Hausbrandt che oltre al mondo del caffè, della ristorazione, di spazi culturali adibiti a mostre, convegni e laboratori, in qualche modo legati al caffè, si nutra anche di attività autonome e varie proprio per diventare una sorta di cittadella.
a cura di Mila Fiorentini