A Marina di Grosseto c’è l’unico ristorante stellato della zona, Il Gabbiano 3.0, un nome futuristico nato solo dal fatto che per Riccardo e Marco Tomi è il terzo locale, all’interno di una cittadella sul porto.
La famiglia Tomi ha cominciato circa 15 anni fa con il Bagno Gabbiano Azzurro, che nel progetto futuro vorrebbe diventare un club all’americana dove non si paga l’ingresso ma il servizio di bevande e cibo – e ha via via reinvestito gli utili in nuovi progetti. La pizzeria Gabbianella; il cocktail bar Gabbianino e appunto il ristorante Gabbiano 3.0, tre anni fa. L’atmosfera semplice e marinara respira il gusto della vicina Maremma nei sapori e in alcuni arredi vintage, l’aria di mare, presente soprattutto nel piatto ma anche sentori d’oriente.
La passione per Bali dove i proprietari passano l’inverno, affascinati dai locali di questa terra e dall’artigianato locale, si avverte in un’integrazione armonica che non stride con il territorio.
Qualcosa riecheggia infatti di Bali, definita dai proprietari “una New York sul mare”, dalle molte piante, ai lampadari in vimini, alle ceramiche a tavola realizzate da un’azienda italiana, Gaya ceramic, trasferita da tempo a Bali che produce piatti unici per importanti ristoranti stellati nel mondo, insieme ad una serie di complementi in legno, servono l’arte in tavola.
L’anima della cucina è Alessandro Rossi, nato a Chiusi in provincia di Siena, il 20 aprile 1991 con alle spalle studi alberghieri a Chianciano Terme, al famoso istituto Pellegrino Artusi. L’impronta è toscana, con i sapori tipici della vicina Maremma e l’olio extravergine – prodotto con addirittura il 90% di olivastra seggianese, una varietà di oliva tipica della Maremma amiatina, con una ricerca molto celebrale, che regala un’esperienza intellettuale dal forte sentore estetico, non sempre di immediata lettura.
Al centro erbe, verdure e ‘frutti minori’ dell’orto di Roselle. Un luogo dove si va per vivere un’esperienza, per conoscere prima che per mangiare, anche per la piacevolezza del luogo con una cura del dettaglio spiccata, fin nei minimi particolari che regala, l’essenzialità della modernità con il sapore artigianale e caldo, frutto di un dialogo con l’oriente.
Alessandro ha iniziato con Filippo Germasi al ristorante Zafferano a Città della Pieve. Ma la formazione di Rossi comincia con un “cattivo maestro” come Stefano Ciavatti, genio e sregolatezza della cucina di mare, da Fino di Rimini al Jasper di Perugia dove appunto Rossi ha lavorato per quattro anni. È stato uno dei migliori ristoranti del capoluogo umbro. Dopo una breve esperienza da Alessandro Dal Degan all’Hotel Europa ad Asiago è tornato in Toscana per approdare come chef e socio, alla Leggenda dei Frati di Filippo Saporito nel momento del trasferimento a Firenze. In quei due anni è arrivata anche la prima stella Michelin oltre ai due cappelli della Guida de L’Espresso; finché, nel giugno del 2020, è approdato a Marina di Grosseto, davanti al porto di recente ristrutturazione e oggi molto ambito per la sua posizione strategia davanti alle Formiche di Grosseto e quindi al Giglio e a due passi da Castiglione della Pescaia e Punta Ala o l’Isola d’Elba a nord, ma anche al promontorio dell’Argentario e a Giannutri a Sud. Isole che, nelle giornate terse, sembra di toccare stando seduti a tavola.
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In effetti le colline e la campagna alle spalle e il mare di fronte dialogano nel piatto. “La mia idea di cucina”, ha raccontato lo Chef, ” è quella di legare ciò che abbiamo di fronte a noi, ovvero il mare, con quello che abbiamo alle nostre spalle, ovvero la Maremma più verace. Una unione e anzi una intersezione con i sapori dell’orto. Una cucina di stile mediterraneo, senza disprezzare qualche tecnica francese in alcuni piatti che si prestano ad accompagnamenti più ricchi. Tuttavia, l’uso di tante erbe aromatiche e di sapori delicati si prestano proprio allo stile mediterraneo”.
La firma di Rossi è l’equilibrio di piatti sempre incentrati su una rotondità al palato e contrastati dalla freschezza, amara o acidula delle erbe aromatiche e dei prodotti dell’orto. Nel piatto non c’è nulla che non si mangi, nulla puramente decorativo. Sono due i menu degustazione, a sei e nove portate.
Il primo è un menu di mare, con qualche guizzo sulle carni, come la rana pescatrice cotta avvolta da una rete di maiale (in crepinette) servita al tavolo con la propria brace, accompagnata da dei carciofi cotti al tegame con grasso di maiale. Alla base il pesce, poi in pratica le erbe della porchetta e la salsa Perigourdine con foie gras, fegato della stessa rana pescatrice e tartufo. Tra gli antipasti si segnalano il “Sanpietro in green” cotto a bassa temperatura, coperto da una pellicola di biete con una bernese al drangoncello e a tavola viene servita una salsa a base di estratti di erbe e un cedro sotto sale. Alla rotondità del pesce e della salsa fanno da contrasto la parte amara e acida degli accompagnamenti. Da notare anche il gambero rosso ligure servito crudo con 25 pomodori diversi: crudi, cotti, marinati, essiccati… accompagnato da cocomero, schiuma di cocco e scalogno. Tra i primi troviamo invece lo spaghettino Felicetti, cotto in estrazione di cipolla bianca, senape e croste di formaggio, servito con lumachine di mare e bottarga di Muggine di Orbetello.
Il secondo menu degustazione è un 9 portate misto, dalle lumache di terra come le cucinava la nonna, cotte in bianco con erbe spontanee come finocchietto, mentuccia e dragoncello poi servite con foie gras, salvia, cocco e mais a dare una carezza esotica a tortellini o piccione. I primi sono ripieni di fegatino alla Toscana, con il doppio consommé di pollo al tè fermentato, salmoriglio di mentuccia e grasso di maiale. Ma merita citare anche i maccheroncetti all’anguilla, con cipolla bianca e rapa rossa. Il piccione invece è proposto con il petto servito con rucola selvatica e susine; la coscia cotta in barbecue servita con una salsa barbecue; il fegatino con il pan coi santi; il prosciutto di piccione. I dolci Anche nei dolci la rotondità della terra viene sferzata dalla sapidità marina, con l’uso ad esempio dello zenzero. La chiave resta il territorio per l’approvvigionamento e la ricerca dei prodotti e così dei vini. Una carta dei vini che si distingue, con una specificità toscana, una scelta interessante di bollicine e referenze francesi in crescita, mentre, in linea con una cucina di mare, i bianchi sono protagonisti rispetto ai rossi.
a cura di Ilaria Guidantoni