Il testo di Mario Luzi per la regia di Federico Tiezzi è al Teatro Strehler di Milano fino al 3 aprile. A trent’anni dalla prima regia, Federico Tiezzi torna al poema dantesco iniziando dal Purgatorio, cantica dell’amicizia e dell’arte, seguendo la storica drammaturgia di Mario Luzi. Uno spettacolo coraggioso, non facile, comunque riuscito, di grande bellezza, una scommessa che riesce a raccontare con una sintesi che non è riassunto ma suggestione, unendo i versi immortali di Dante con l’estetica della drammaturgia contemporanea. Una scenografia
essenziale di piani inclinati dove il colore domina e i video danno le indicazioni simboliche.
La cantica del Purgatorio è sui generis rispetto alle altre due perché Dante è sullo stesso piano delle anime ed è piena di poesia.
L’allestimento è totalmente nuovo per i tre spettacoli basati sulle drammaturgie allora create da Edoardo Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici. Questa volta Tiezzi ha scelto di iniziare dal Purgatorio, con il titolo Il Purgatorio. La notte lava la mente, perché, in questi tempi di sofferenze, è la cantica della speranza e anche
della pazienza, dell’attesa e dell’indugio. I personaggi sono soprattutto musicisti, pittori e poeti – da Guinizzelli a Stazio – l’arte è ciò di cui si discorre, e l’arte è forse la strada della salvezza. Tutto prelude al grande incontro con Beatrice nel Paradiso Terrestre, dove la fanciulla amata da Dante, maternamente lo rimprovererà per aver perduto la «diritta via» della conoscenza, della malinconia, tutta terrestre, del distacco da Virgilio di Dante, considerato che il poeta del Limbo non potrà accompagnarlo nel Paradiso.
Il Purgatorio è anche la cantica della speranza:
quella speranza di cui il momento storico presente ha bisogno più di ogni altra cosa, quella speranza che è volontà di un mondo diverso e anelito e movimento verso una migliore coscienza della realtà. Quella speranza che è trasformazione e aspirazione al bene.
Nel Purgatorio, come scrive Luzi «esiste il tempo»; nel Purgatorio splende lo stesso sole che illumina la terra abitata: e le notti succedono ai giorni, i tramonti alle albe, mentre le anime parlano della vita passata con la nostalgia e la dolcezza di personaggi beckettiani. Sembra di essere ancora nello spazio storico dell’uomo, sulla Terra, ma toccato dalla grazia divina che dà alla vita, nella sofferenza quotidiana, dolcezza e appunto speranza. E’ una sfida difficile da rendere a teatro, vinta da Tiezzi.
In questo luogo dove il tempo esiste – mentre nelle altre due cantiche c’è solo l’eternità della sofferenza o della beatitudine – il poeta, affaticato, può ben pensare di addormentarsi e di sognare. Ed è la presenza dei sogni a fare una delle peculiarità di questa cantica, che si distende nella regia di Tiezzi come una grande seduta psicanalitica. L’ambiente è allusivo del mondo militare e sanitario, con una trasposizione, all’inizio disorientante, dei personaggi storici nell’oggi e una funzione particolare attribuita al personaggio collettivo del coro e del ‘poema’.
E’ l’amicizia e la gestualità aggraziata che in certi passaggi diventa quasi un teatro danza al centro della regia che vede un Dante smarrito, incredulo, affrontare un viaggio interiore, fino all’apertura che è anche resa, finale, “puro e disposto a salire a le stelle”. E’ un Dante profondamente umano, che si mostra nella sua fragilità e che Sandro Lombardi incarna con grande emozione, non recitando ma vivendo questo cammino. Il testo è il risultato di un grande lavoro dove alcune terzine vengono ripetute in una sorta di amplificazione come i versi legati alla figura di Pia dei Tolomei e nel quale il tema dell’amore della conoscenza e della passione, rispettivamente dell’Ulisse e di Paolo e Francesca, sono ‘salvati’ dall’Inferno e riproposti in una sorta di ‘capriccio’ letterario.
Tiezzi scrive che «la visione del mondo e dell’uomo che ci si offre dalle pagine della Commedia, opera che contribuisce alla nascita della cultura europea, nel punto di snodo tra l’evo antico e quello moderno, è tra le più vaste e profonde della letteratura di ogni tempo, nella sua consapevole capacità di abbracciare con l’umano tutta la realtà.
Le radici della nostra cultura – filosofia, etica, estetica, politica, teatro – affondano nel poema. La poesia di Dante coglie e tramanda lo spirito profondo di quella cultura nella quale l’Europa ancora attinge le ragioni interiori del suo stesso esistere. Con questo lavoro vorrei mostrare come Dante non sia solo il teologo, il moralista, il politico che negli anni di scuola ci è stato mostrato: ma anche l’appassionato ricercatore di quella che lui stesso chiama l’umana felicità, cioè la piena realizzazione dell’uomo».
Lo spettacolo, cofinanziato e patrocinato dal Comitato Nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, è realizzato in coproduzione da Associazione Teatrale Pistoiese, Fondazione Teatro Metastasio, Compagnia Lombardi Tiezzi, Campania Teatro Festival, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale; in collaborazione con l’Accademia della Crusca, l’Università per Stranieri di Siena, l’Opera di Santa Croce, l’Opera di Santa Maria del Fiore, la Certosa di Firenze/Comunità di San Leolino e Fondazione Sistema Toscana/Manifatture Digitali Cinema Prato; con il sostegno del Ministero della Cultura e con il contributo della Regione Toscana e della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.
Lo spettacolo è sostenuto e patrocinato dal Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri.
a cura di Ilaria Guidantoni