Con la fase del deconfinamento inizia un secondo viaggio attraverso la musica italiana.
L’apertura è con Canio Loguercio e il suo invito a restare “In compagnia per guardare al futuro”
Lucano di nascita, di Campomaggiore – in provincia di Potenza – e napoletano di adozione, architetto, lavora al Ministero dell’Ambiente a Roma dove ha iniziato un nuovo progetto sulla qualità dell’aria e della mobilità sostenibile. Cantautore, anche se questo termine non lo sente proprio: “non mi sento rappresentato dall’immagine italiana del cantautore”. Certamente Canio Loguercio più che esibirsi sul palco, crea un momento teatrale in un dialogo dal vivo con il pubblico a partire dalla canzone.
Musicista?
“Sono un praticante della musica, ci ha raccontato, avendola studiata poco ma ne sono attraversato grazie anche alla frequentazione di tanti amici musicisti. Nella mia vita al centro c’è la compagnia, lo stare in compagnia, unico modo per guardare al futuro e per costruire un progetto professionale”.
Autore di canzoni, nel 2017 ha vinto il Premio Tenco per il miglior album in dialetto con Canti ballate e ipocondrie d’ammore. “Le canzoni sono una compagnia costante con la quale sono cresciuto e anche in questo periodo ne sto scrivendo, la colonna sonora della mia vita”.
Quando hai cominciato?
“Negli anni Settanta al liceo con un paio di band tipicamente studentesche, L’alba di Oz e Fantasie Urbane con i primi tentativi di fare canzone d’autore, un po’ folk e quasi rock. Poi, negli anni Ottanta ho fondato i Little Italy, un gruppo più professionale, con il quale sono arrivato terzo a un festival rock a Bologna, vinto dai Litfiba. Con noi c’erano tra gli altri Daniele Sepe e due musicisti che poi entrarono nella band del mio conterraneo Mango: il bassista Nello Giudice e il tastierista Rocco Petruzzi. Forse eravamo in troppi e ci siamo dispersi. Restammo però uniti professionalmente e fondammo uno studio di registrazione vicino Potenza, il mio paese natale dove abbiamo realizzato alcune produzioni ad esempio per Il Manifesto Kufia-canto per la Palestina”.
Il primo disco da solo arriva relativamente tardi però nel 2004 quando debutta come solista con il concept-album Indifferentemente, bche la critica ha definito “una breve cerimonia a domicilio di canzoni appassionate, una performance musicale prêt à porter, da compiersi nelle case private, invocando una sorta di “sacralità” dell’amore”. Riprendendo il titolo di una canzone che Mario Abbate presentò al Festival di Napoli nel 1963, in Indifferentemente Canio Loguercio innova e sperimenta, dando vita a un concerto “love-songs” di un “amore che si mangia”, rigorosamente in napoletano, sacra madrelingua delle passioni.
La critica, accogliendo con favore questa produzione musicale, lo ha posto a metà strada tra Battiato e Laurie Anderson. Seguiranno Miserere e Passioni.
La primavera 2020 ha congelato la musica. Come hai vissuto questa situazione?
“Il 6 maggio avrei dovuto presentare il mio nuovo cd all’Auditorium di Roma, Ci stiamo preparando al meglio, miei i testi, le musiche, gli arrangiamenti e la produzione, titolo di una canzone. A fine febbraio stavo facendo i ritocchi quando tutto si è fermato e rinviato a data da destinarsi. La situazione della musica era già complessa e questo confinamento ha creato solo un aggravio. Esiste un problema della discografia per cui i dischi si comprano sempre meno se non a concerti e presentazioni e ora tutto è bloccato anche perché non esistono più dei luoghi ad hoc come le librerie per i libri. On line al di là della visibilità la remunerazione è quasi nulla e in generale il mercato è dominato dal main stream con un taglio televisivo e le grandi etichette che dettano legge. Sicuramente è venuto alla ribalta il disagio dei lavoratori del mondo della cultura e della musica e mentre si stanno cercando delle soluzioni mi auguro si trovi una nuova modalità per valorizzare che esce da quell’immagine che si crede vendibile: le canzoni in stile Sanremo o il recupero della tradizione operistica.”
Cosa stai facendo al momento? Ci anticipi qualcosa del nuovo album?
“Continuo a scrivere e sto cercando di capire se lanciare qualche brano sul digitale. Il titolo che ora è diventano un inno alla speranza prende spunto da una canzone della raccolta ed è un auspicio per cui ognuno possa trovare il proprio meglio e il meglio in quello che vive. Tre le cover presenti sul disco Incontro di Francesco Guccini, Quando vedrete il mio caro amore, portata al successo da Donatella Moretti nel 1963, e Mia cara madre, una rielaborazione del classico Lacrime napulitane, a cui parteciperanno M’Barka Ben Taleb, la Banda Basaglia e i migranti della cooperativa Kasbah. Da questo brano sarà tratto un video, diretto da Alessandro Scippa e girato al Molo San Vincenzo, a Palazzo Donnaregina e a Capo Miseno.”