Prosegue il nostro viaggio tra i cantautori italiani al tempo del confinamento, ai quali BeBeez chiede un videomessaggio per i suoi lettori. La settima tappa è con Gabriele Rosciglione e “il cielo in una stanza, senza confini quando si scrive”. Trovate il suo videomessaggio in fondo all’articolo.
Romano, ventidue anni, figlio di una scrittrice sarda, Paola Musa e di un padre siciliano, inizia a scrivere a 14 anni con il nome d’arte Kaligola, adatto al rap (nome scelto per l’aspetto delirante dell’imperatore che nomina senatore un cavallo, non per l’incendio), genere al quale si avvicina, ottenendo un certo successo, perché cita frasi in latino.
Nel 2015 partecipa al Festival di Sanremo nella categoria Giovani e vince come miglior testo con la canzone Oltre il giardino, un senza tetto che sorride sempre malgrado al sua triste storia, pensando che nessuno sa veramente cosa c’è dietro il volto dell’altro. L’anno successivo pubblica un EP che diffonde su Internet. Nel frattempo studia, laureandosi di recente a La Sapienza di Roma in Biotecnologie agro-industriali. Ora ha più tempo per scrivere, anche se un tempo forzato, e dentro la sua stanza è entrato il cielo, come ci ha raccontato. Questo confinamento è arrivato nel momento della programmazione dei grandi concerti estivi.
Adesso cosa succede?
“E’ un duro colpo per tutto il settore artistico che già soffre perché gli artisti, al di là dei pochi che fanno i grandi numeri, sono sempre in affanno e probabilmente prima dell’autunno i concerti non ripartiranno. Tra l’altro non solo il copri-fuoco per gli assembramenti è arrivato nella stagione della programmazione estiva ma all’indomani di Sanremo, un momento cruciale per il lancio della discografia. Soprattutto per coloro che hanno investito in questa manifestazione arriva il tempo del raccolto, che quest’anno non c’è stato”. Probabilmente in questo periodo si ascolta più musica.
Che impatto sta avendo lo stop ai concerti sul mondo e sul mercato della musica?
“Si sente più musica, la si ascolta meno a mio parere. La musica sta diventando un diversivo, soprattutto su youtube, non tanto un interesse vero e proprio. Le persone muovendosi nella loro vita quotidiana ascoltavano molto la radio e ora questa modalità si è quasi azzerata. In generale c’è una grande offerta che ora sta esplodendo con un’accelerazione costante: si produce sempre più musica, i generi si mescolano, com’è nel caso della nascita del trap, e, se è vero che gli stimoli crescono, la competitività è aggressiva, con un rischio dispersione molto alto. Sentiamo tanto e di tutto, perché basta una base musicale scaricata on line per creare il rap, però ci resta poco, siamo un po’ frastornati. In un certo senso la quarantena esaspera questo meccanismo, anche se io stesso ascolto molto, perché sono curioso di capire cosa succede a livello internazionale e mi lascio trasportare dalla guida di youtube dove dalla visione di un video è suggerita quello di un altro e così via.”
Cosa stai facendo musicalmente in questo periodo?
“Sto scrivendo molto e questo mi permette di pensare che la mia stanza non abbia più pareti, ma sia in grado di accogliere un mondo intero, io che prima usavo molti mezzi pubblici dove amavo ascoltare musica guardando la vita fuori. Il mio mondo però non si è rimpiccolito. Ho riscritto Fiori di marzo, a quasi un anno di distanza girando un video nella mia stanza: la canzone racconta della lontananza da una persona che oggi sento attuale nella lontananza e nostalgia della vita quotidiana. Sto componendo diverse canzoni che andranno a costituire un album, ancora senza titolo, dove i temi sono l’amore e il sentire personale, con suggestioni di un racconto intimo che vengono da prima del confinamento anche se l’osmosi con la situazione presente è inevitabile. Fa parte dell’empatia di chi scrive.”