A cura di Ilaria Guidantoni
Il viaggio nella musica italiana continua pensando all’estate in vista della riapertura di cinema e teatri a metà mese. E’ solo una riapertura o anche una ripartenza. La terza puntata di questa tappa è insieme a Mr. Steven, che invita a “andare a cercare la ‘propria’ musica”.
Non essere passivi rispetto all’ascolto, ma cercare quel sapore che incontra il nostro gusto come a tavola. D’altronde Mr. Steve è musicista, bassista, chitarrista, autore di testi per canzoni e chef, proprietario di un ristorante a Udine, la sua città, il Parcè no (Perché no in dialetto) e trova che ci sia molto in comune tra i due mondi, soprattutto in quest’estate, dove forse la musica si potrà ascoltarla soprattutto mangiando.
L’abbiamo raggiunto al telefono chiedendoci di raccontare la sua storia e la sua passione per la musica (e ci ha lasciato anche un videomessaggio che trovate in fondo all’articolo).
Se ti dovessi raccontare senza pensare al curriculum cosa diresti della tua storia?
Al secolo Stefano Taboga, tutti mi chiamano Mr. Steve. Sono nato con la musica perché ho cominciato a prendere lezioni di pianoforte a 8 anni anche se il mio sogno era il basso e così poi è stato perché ho capito che questo strumento è sia ritmico, sia armonico, sia melodico insieme. All’inizio la passione musicale era quella trasmessa da mio padre, appassionato, che suonava per me i dischi di jazz. Poi ho studiato e continuo a studiare ancora adesso. Ho messo in piedi due band, The Mad Scramble e gli High Jackers e poi lavorato con altre e sono anche produttore con Toks Records, etichetta e portale social per artisti. È un’etichetta discografica del Nordest Italia con sede a Udine, che ho fondato a inizio 2017 da un’idea di Stefano Taboga, musicista con l’obiettivo di unire e valorizzare i migliori talenti emergenti della scena musicale italiana. L’etichetta racchiude attualmente nel suo roster 12 proposte artistiche che spaziano fra diversi generi, dal rock, al soul, al jazz, al punk e pop.
Cos’è accaduto alla musica in questo periodo?
Si è perso totalmente il live per cui è entrato in crisi tutto il sistema, mancando la domanda si è azzerato il mercato. La punta dell’iceberg è rappresentata dai musicisti ma tutte le maestranze.”
Pensi che si sia recuperato qualcosa in questa situazione di confinamento?
Sinceramente non credo. Quello che è accaduto è che tutti abbiamo utilizzato più i social, prima strumento di allontanamento; ora di avvicinamento.
Tu in particolare come hai vissuto questo periodo che ancora non si è concluso?
Mi sono reinventato con una trasmissione che già esisteva e che ora ho condotto da solo, Cooking a toks dedicata a musica e cucina che sono strettamente intrecciate, per me in particolare che sono chef e proprietario con mio fratello e altri due soci di un ristorante a Udine, il Parcè no. Uno dei due soci p nella società Toks che è produttore di birra tra l’altro.
Musicalmente come si annuncia l’estate?
Ho molte incertezze. Ci saranno piccoli concerti e probabilmente ci sarà più musica nei locali dove si mangia. Ora difficile individuare il limite tra piacere e fastidio. Certo l’ascolto potrebbe essere più attento rispetto al concerto dove l’elemento spettacolare è una componente forte”.
Quali sono i tuoi progetti a parte quelli legati alla ristorazione?
Da settembre ho in programma l’uscita di quattro dischi, uno mio e gli altri con band diverse. Per il primo mancano ancora le voci e i mix e non c’è ancora il titolo.
Cosa racconta questo album? Dentro c’è finito dentro qualcosa della pandemia?
Parto da una mia esperienza cercando di parlare in modo universale, sempre su una base soul e funk con un’iniezione di rock and roll anni Settanta e molte novità in termini di suono. L’ispirazione era precedente alla pandemia e credo che prima si dimenticherà la parola Covid meglio sarà perché credo che cavalcare quest’onda non sia funzionale alla musica.
Se fosse un piatto cosa sarebbe?
Un ragout napoletano, un piatto della tradizione ma con molti ingredienti che lo rendono speciale e lo reinventano.