Pistoia Musei presenta all’Antico Palazzo dei Vescovi e al Museo Civico Medioevo a Pistoia Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico a cura di Angelo Tartuferi, Enrica Neri Lusanna e Ada Labriola fino all’8 maggio 2022 (mercoledì-domenica, ore 10-20; giovedì 10-22; chiuso lunedì e martedì), una mostra che si propone di illustrare, per la prima volta, lo straordinario panorama delle arti a Pistoia dal XII agli inizi del XV secolo, valorizzandone il ruolo storico e artistico. Una mostra dunque sulla città e per la città che ha avuto difficoltà a valorizzare la propria identità culturale perché qui hanno lavorato artisti soprattutto di importazione.
Attraverso una selezione di 68 opere fra dipinti, sculture, oreficerie e codici miniati, l’esposizione – organizzata da Pistoia Musei, sistema museale promosso da Pistoia Musei &Cultura Scrl, società strumentale di Fondazione Caript; main sponsor Conad Nord Ovest e partner il Comune e la Diocesi di Pistoia – intende infatti rivelare il ruolo di primo piano assunto nel Medioevo dalla città nel campo delle arti figurative.
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Quando, per volere del vescovo Atto, nel 1140 la reliquia di San Jacopo arriva a Pistoia – inserendo il comune toscano tra le più importanti rotte europee di pellegrinaggio – la città diventa immediatamente un polo economico e artistico internazionale.
Oggi, in occasione dell’anno Iacobeo e sullo sfondo di un capolavoro identitario come l’Altare d’argento di San Jacopo, la mostra illustra per la prima volta lo straordinario panorama delle arti a Pistoia dal XII agli inizi del XV secolo, rivelando il ruolo di primo piano assunto nel Medioevo dalla città nel campo delle arti figurative.
Composta da sei sezioni, con importanti prestiti nazionali e internazionali, l’esposizione ha un andamento cronologico che inizia con l’arrivo della reliquia di San Jacopo in città, per passare al Duecento quando Pistoia conquista un ruolo da protagonista nel panorama delle arti figurative internazionali, e poi al Trecento con presenze illustri in città e l’avvio di una forte identità figurativa. Anche nella stagione del Tardogotico, nonostante la perdita di autonomia politica e la definitiva sottomissione a Firenze, la città mantiene nel panorama della pittura toscana tra XIV e XV secolo i suoi caratteri distintivi.
Una mostra che si espande idealmente oltre i confini dei palazzi che la ospitano, nella visione diffusa degli arredi delle chiese e delle collezioni del Museo Civico. L’allestimento all’Antico Palazzo dei Vescovi, fulcro dell’esposizione, diventa un vero e proprio viaggio nella tortuosità della struttura architettonica che sembra ripercorrere le vie di una città medioevale, quasi un labirinto. Suggestiva l’illuminazione e le pareti grigio scuro che si aprono inaspettatamente sulla città rafforzando l’idea di dialogo tra mondo politico, religioso, vita economica e culturale del territorio. Mancano le didascalie alle opere che per il periodo e la materia trattata aiuterebbero.
Nel periodo medioevale Pistoia si confronta con i maggiori centri della Toscana grazie all’importanza dei suoi monumenti, alla cospicua committenza dei loro arredi e a una vocazione culturale di respiro internazionale. Ne fu antesignano il vescovo Atto, che accogliendo nel 1140 la reliquia dell’apostolo Jacopo da Compostela inserisce Pistoia nella rete europea delle rotte di pellegrinaggio. La città gode all’epoca della presenza di committenti illuminati, che attraggono figure come gli scultori Guglielmo, Guido da Como, Nicola e Giovanni Pisano, che a Pistoia lasciano capolavori fondanti della storia dell’arte italiana. Accompagna le opere di questi scultori la più imponente tra le opere di oreficeria, ideale sigillo della mostra: l’altare di San Jacopo, che rende Pistoia uno snodo centrale per la lavorazione dei metalli preziosi. Anche la miniatura – grazie all’attività della bottega del Maestro di Sant’Alessio in Bigiano, e nel Quattrocento dall’eleganza delle illustrazioni del Maestro della Cappella Bracciolini nella Divina Commedia conservata nella Biblioteca Nazionale di Napoli – vive a Pistoia un periodo di grande vivacità. Alla fine del XII secolo sono in città anche due personalità di primo piano della pittura: il Maestro del Crocifisso n. 434 degli Uffizi, sulla cui attività dovette formarsi Coppo di Marcovaldo, e il Maestro di Santa Maria Primerana. Nel Trecento Pistoia offre in campo pittorico un panorama variegato di personalità e tendenze culturali, con artisti del calibro di Lippo di Benivieni, Taddeo Gaddi e Niccolò di Tommaso, che collocano Pistoia in una posizione di primo piano, ribadita dalla Maestà e angeli di Pietro Lorenzetti proveniente dagli Uffizi – uno dei prestiti più prestigiosi della mostra – restaurata per questa occasione.
Le opere riunite in occasione di Medioevo a Pistoia si rivelano tanto più interessanti per la densa trama di relazioni che le legano ai capolavori conservati nelle chiese e nei musei pistoiesi. Se la mostra ha infatti il suo nucleo nelle sale dell’Antico Palazzo dei Vescovi a cui si affianca una sezione presso il Museo Civico di Arte Antica, il dialogo coinvolge tutti i monumenti medievali della città e del suo vasto territorio. L’importanza della mostra infatti non è solo artistica ma anche storica. “La conservazione, la valorizzazione e la promozione del patrimonio artistico e culturale locale – ha sottolineato il Presidente Fondazione Caript, Lorenzo Zogheri – così come dei suoi elementi identitari e distintivi, sono d’altra parte tra i principali obiettivi che caratterizzano l’azione della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. Ed è anche attraverso l’attività del suo sistema museale – gestito dalla società strumentale Pistoia Musei & Cultura scrl e diretto da Monica Preti – che il nostro ente persegue queste finalità”.
Con Medioevo a Pistoia, Pistoia Musei propone dunque ai suoi visitatori un percorso alla scoperta della Pistoia medievale che attraverso le chiese di Sant’Andrea e San Giovanni Fuorcivitas (ingresso gratuito con il biglietto della mostra),la cattedrale di San Zeno (in cui si potrà accedere all’Altare Argenteo di San Jacopo), e ancora le chiese San Bartolomeo in Pantano, Santissima Annunziata, San Paolo, San Domenico, San Francesco, la chiesa del Tau e il Battistero permette di riscoprire il tessuto figurativo di uno dei centri più importanti del Medioevo italiano, caratterizzato da scelte cultuali e culturali di respiro europeo.
In occasione della mostra, Pistoia Musei si è occupata dei restauri delle seguenti opere, sedici in totale tra sculture, pitture e miniature, in prestito da importanti istituzioni toscane e nazionali: Pittore giottesco, Madonna col Bambino e nella cimasa il Salvatore, 1360 – 65, Musei Civici, Pavia; Pietro Lorenzetti, Madonna col Bambino in trono e angeli, 1343 circa, Gallerie degli Uffizi, Firenze; Maestro del 1336, Madonna con Bambino tra i santi Francesco, Giovanni Battista, Andrea e Antonio abate, 1345-50, Museo della Collegiata di Sant’Andrea, Empoli; Giovanni di Bartolomeo Cristiani, Madonna col Bambino in trono fra San Nicola da Bari e San Giovanni Battista, 1390, Collezione Intesa Sanpaolo; Giroldo da Como, Tre lastre di monumento sepolcrale, ultimo quarto del XIII secolo, Museo Civico d’arte antica, Pistoia; Matteo Torelli, Graduale B di San Benedetto, 1403-04, Biblioteca Leoniana, Pistoia; Maestro di Sant’Alessio in Bigiano, Graduale Sant’Alessio in Bigiano CXXV. 15, 1285-90, Archivio Diocesano, Pistoia; Maestro di Sant’Alessio in Bigiano, Antifonario San Paolo CXIV.84, 1280-85, Archivio Diocesano, Pistoia; Miniatore fiorentino affine a Pacino di Bonaguida, Graduale di Spazzavento, 1320-30, Archivio Diocesano, Pistoia; Don Simone Camaldolese, Graduale 487/100, 1405 circa, Archivio Capitolare, Pistoia; Maestro dell’Antifonario di San Giovanni Fuorcivitas, Antifonario 488/100, 1340 circa, Archivio Capitolare, Pistoia; Maestro della Cappella Bracciolini, Crocifissione e santi, 1424, Chiesa Cattedrale, Pistoia; Taddeo Gaddi, Polittico, 1353 circa, Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, Pistoia; Giovanni di Bartolomeo Cristiani, San Giovanni Evangelista e otto storie della sua vita, 1370, Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, Pistoia; Guido Bigarelli, San Michele, II quarto XIII secolo, Chiesa di San Michele in Cioncio, Pistoia.
Completano la mostra una serie di attività dalle visite guidate ai laboratori didattici e il catalogo, pubblicato da Mandragora (320 pagine e 235 immagini a colori), che costituirà un fondamentale e inedito lavoro di ricerca sull’arte medievale pistoiese.
Il percorso della mostra
Tutti i grandi maestri che hanno lavorato a Pistoia tra la fine del XII secolo e gli inizi del XV sono stati artisti d’importazione, talvolta tra i più eccelsi del loro periodo. Due i motivi che li hanno attirati per lasciare alla città capolavori fondanti della storia dell’arte: onorare il culto della reliquia di san Jacopo e rispondere all’esigenza, dettata dall’orgoglio civico, di affermare con le arti figurative il prestigio della città di fronte ad altri centri, come Firenze, che già alla fine del Duecento rappresentavano una minaccia alla sua autonomia.
Per rispondere a tali esigenze cultuali e politiche, Pistoia ha saggiato ogni aspetto della produzione artistica conseguendo altissimi livelli in tutti gli ambiti. Attraverso le sessantotto opere a confronto esposte, il viaggio nella mostra vuole offrire un affresco di Pistoia al tempo proiettandola in una dimensione europea.
Sezione 1. Nel segno di san Jacopo
Vent’anni dopo l’arrivo della reliquia di san Jacopo (intorno al 1140) inizia il rinnovamento delle principali chiese, partendo dalla Cattedrale di San Zeno. A Guglielmo, l’autore del grandioso pergamo della Cattedrale di Pisa (ora nella Cattedrale di Cagliari), si attribuisce il nuovo arredo presbiteriale; del perduto pulpito a esso pertinente si espongono due formelle superstiti, espressione del Romanico toscano settentrionale per la forte impronta classica nell’impaginazione e nel modellato (Visitazione e Annuncio a Zaccaria) e per le preziose geometrie (pluteo aniconico).
Sullo sfondo delle decorazioni bicrome dell’architettura, sono due i tipi di arredo peculiari delle chiese pistoiesi: i pulpiti e gli architravi. Negli edifici religiosi dedicati agli apostoli (San Giovanni Fuorcivitas, Sant’Andrea, San Bartolomeo in Pantano), Gruamonte e Adeodato, succeduti a Guglielmo, scolpiscono temi di evangelizzazione e di pellegrinaggio come il Cammino dei Magi, l’Ultima cena, la Missione degli Apostoli. A una simile figurazione apparteneva il frammento con Cristo e san Giacomo del Museo Civico, proveniente da San Jacopo in Castellare e qui esposto.
In pittura, nonostante l’estrema scarsità di documenti figurativi superstiti, si può suggerire che già dal XII secolo l’area pistoiese presentasse la predisposizione a incrociare linguaggi molto diversi tra loro. A fronte di dipinti contemporanei di iconica severità (Madonna con il Bambino del Museo Civico, proveniente da San Matteo) si segnala per il timbro narrativo e i colori luminosi il frammento qui esposto (Fuga in Egitto), appartenente all’antica decorazione ad affresco della cripta della Cattedrale.
Affinità espressive con l’affresco della Fuga in Egitto caratterizzano le miniature della spettacolare Bibbia proveniente dalla Cattedrale (Roma, Biblioteca Casanatense), testimone della ricchezza e del prestigio dei canonici di San Zeno.
Sezione 2. Duecento, secolo d’oro della città
La prima metà del secolo
Mai come nel Duecento, Pistoia si è conquistata un ruolo da protagonista nelle arti figurative a livello internazionale. Sebbene politicamente debole, anche per le modeste dimensioni del suo territorio, la città aveva infatti rapporti con le principali piazze commerciali europee.
Nella prima metà del secolo domina la presenza della famiglia Bigarelli, lombarda, che nel segno della continuità con Guglielmo realizza arredi plastici di grande monumentalità e finezza. Lanfranco firma il fonte battesimale di San Giovanni in Corte (1226), Guido il pulpito di San Bartolomeo in Pantano (1239-50), giocati sul contrasto della più raffinata e fantasiosa bicromia e sulla efficace narratività didascalica. Alla metà del secolo l’arrivo dei frati Minori determina una svolta importante, che si avverte presto con il Maestro della Croce 434 degli Uffizi, il quale con la collaborazione del Maestro di Santa Maria Primerana dipinge una delle prime tavole agiografiche di san Francesco (Pistoia, Museo Civico). Considerando le ingenti perdite di opere d’arte, ipotizziamo che il Crocifisso – dalla splendida cromia, oggi sopra l’altare di San Giovanni Fuorcivitas – nella duplice funzione di crocifisso e di deposto poteva appartenere al gruppo ligneo di una Deposizione che animava il corredo plastico della chiesa canonicale.
Il dialogo delle arti
Ai francescani si deve il ricco corredo di libri di coro, con miniature eseguite dal Maestro di Sant’Alessio in Bigiano, una bottega di origine emiliana capillarmente attiva in città dagli anni Settanta del secolo. Ma è ancora la cappella di san Jacopo a richiamare i migliori artisti toscani; tra costoro emerge l’orafo senese Pace di Valentino, cui si attribuisce il calice detto di Sant’Atto, con le sue raffinate filigrane, e la croce di fine secolo, qui esposta, rinvenuti nel 1840 nell’urna del santo. In tale stimolante contesto si forma il pistoiese Andrea di Jacopo d’Ognabene, probabile autore nel 1287 del primo nucleo dell’Altare d’argento di san Jacopo che ha in Nicola Pisano il proprio riferimento. È molto probabile che lo scultore sia stato chiamato a Pistoia dai frati Minori subito dopo il 1270 per erigere il sepolcro di un importante presule, Filippo arcivescovo di Ravenna. Nel monumento parietale lo scultore innova questa tipologia di arredo funebre per lo stile e l’iconografia dei rilievi con l’Elevatio animae e le Stimmate di san Francesco. Contemporaneamente, il collaboratore di Nicola all’Arca di San Domenico a Bologna, Fra Guglielmo, realizza il pulpito di San Giovanni Fuorcivitas, memore dell’arte antica e aperto all’impiego di vetri dipinti e dorati, di suggestiva cromia, nella lastra del parapetto della scala che adotta fedelmente motivi islamici. Sempre a un seguace di Nicola, Giroldo da Como, si deve l’esecuzione di un altro sepolcro parietale per la chiesa francescana, destinato a un membro della famiglia Ammannati, di cui si conservano le tre lastre frontali con la Madonna e il Bambino, san Francesco, santo apostolo e angeli turiferari (Pistoia, Museo Civico) esposti in mostra.
Negli stessi anni, anche il fiorentino Coppo di Marcovaldo è impegnato nella decorazione della cappella di San Jacopo. Protagonista dell’arredo della Cattedrale con il figlio Salerno, egli ha un valido seguace pistoiese in Manfredino di Alberto, il presunto autore degli affreschi dell’abside di Santa Maria a Ripalta e di San Bartolomeo in Pantano. Influenzato da Cimabue, egli si afferma a Genova nell’ultimo decennio del Duecento (affresco con san Michele Arcangelo, Genova, Museo di Sant’Agostino, qui esposto).
Sezione 3. Il Trecento: presenze illustri e avvio di un’identità figurativa
La prima metà del secolo
All’inizio del Trecento, in una città ormai in procinto di perdere la sua libertà e squassata dalle fazioni, Giovanni Pisano realizza il Pergamo della chiesa di Sant’Andrea, un capolavoro assoluto del Medioevo europeo in cui attua la sintesi tra concezione dottrinale, struttura compositiva e stile.
A Pistoia Giovanni Pisano lascia anche due Crocifissi “in piccolo” (Sant’Andrea, Santa Maria a Ripalta), a sigillo della sua presenza, e l’Angelo con la testa del Battista (già nel Battistero). La statua, che propone l’iconografia nordeuropea della Johannesschüssel, ovvero la testa decollata del Battista, mantiene ancora vivo il dibattito sull’unità originaria del gruppo (indagato con recenti aggiornamenti diagnostici) e sul grado di autografia delle sue componenti. Altre statue dei primi due decenni del secolo attestano il legame con Siena (Angelo annunciante, Museo Civico) e il seguito di Giovanni in città (Sant’Andrea, proveniente dalla chiesa omonima). L’orafo Andrea di Jacopo d’Ognabene nel 1316 firma il paliotto frontale dell’altare d’argento di san Jacopo. In mostra di sua mano figurano anche il Calice degli Umiliati (Museo Civico) e la Croce di Lucchio (Bagni di Lucca).
In pittura il panorama artistico assai diversificato è popolato da personalità di notevole livello e originalità. La figura autoctona che eccelle è il Maestro del 1310, che si confronta con l’altrettanto originale frescante del presbiterio di San Giovanni Fuorcivitas. L’adesione precoce alla cultura senese di matrice duccesca è manifestata dagli affreschi della cappella di San Nicola inseriti nel percorso della mostra. Eco della soggezione politica a Firenze è la presenza di Lippo di Benivieni, che, interprete personalissimo del giottismo, lascia in città il Compianto su Cristo morto, uno dei massimi capolavori del primo Trecento fiorentino, esposto nella sezione del Museo Civico del percorso della mostra.
Anche nel campo della miniatura, le testimonianze puntano in direzione di Firenze. Ne è referente privilegiato la bottega dell’artista leader nella produzione libraria fiorentina, Pacino di Bonaguida, che nel Graduale di Popiglio (Museo di Arte Sacra) offre una versione elegante del suo composto classicismo figurativo. Per contro, l’Antifonario di San Pietro a Vitolini (Pistoia, Archivio Capitolare) si rivela opera di un maestro senese in contatto con la coeva miniatura pisana.
La seconda metà del secolo
Sulla scia degli svolgimenti fiorentini si colloca anche l’importante Maestro della Maestà civica di Pistoia, presente con il giovanile polittico della Pinacoteca di Empoli, che ne attesta la formazione nel seguito del Maestro del 1310. Nel grande affresco eponimo del Palazzo Comunale (1345-50), egli denuncia un sensibile aggiornamento sull’arte di Maso di Banco. Anche il Maestro di Popiglio richiama l’esempio del conterraneo Maestro del 1310, per aprirsi in seguito ai riflessi della coeva pittura pisana.
Influenze della cultura pittorica pisana si colgono nelle miniature che ornano l’Antifonario della chiesa di San Giovanni Fuorcivitas (Pistoia, Archivio Capitolare), opera eponima che denomina un Maestro di probabile origine pistoiese. Il suo linguaggio spiccatamente espressivo si distingue per originalità nel panorama toscano dell’epoca, come illustra in mostra anche l’Antifonario della basilica di Santa Maria all’Impruneta (Firenze).
La scultura ha il suo decennio d’oro tra il 1330 e il 1340; vi concorrono la costruzione in fieri del Battistero e il ritrovamento del corpo del vescovo Atto. Organizzati dal capomastro e “accollatario” Cellino di Nese, artisti senesi come Agostino di Giovanni e il figlio Giovanni con la bottega realizzano in Cattedrale il cenotafio del grande giurista Cino de’ Sigibuldi (si vedano Figura virile e Annunciata) e il monumento per le spoglie del vescovo, mentre artisti pisani “girovaghi” (Maestro/i del Monumento Fieschi), di cui si espone un altarolo (Genova, Sant’Agostino), forniscono le statue per la lunetta del portale del Battistero, inserita nel percorso della mostra.
Sezione 4. L’abbraccio di Firenze
Il processo di assoggettamento politico, commerciale e culturale della città a Firenze era giunto a maturazione sin dall’ultimo scorcio del Duecento. Esso fu sancito in maniera altamente simbolica nel 1296 dal nuovo Statuto del Podestà redatto direttamente dal governo fiorentino.
Tuttavia, è dal secondo quarto del Trecento che la pittura fiorentina afferma la sua preminenza nel panorama artistico cittadino. Lo stesso Giovanni di Bartolomeo Cristiani, principale protagonista autoctono, ben rappresentato in questa sala, oltre ad avere intrattenuto secondo i documenti d’archivio a noi noti un rapporto di collaborazione con Nardo di Cione, svolse la sua attività soprattutto in riferimento ai fatti artistici fiorentini.
L’autorevole presenza di Pietro Lorenzetti (Madonna col Bambino in trono e angeli, proveniente dalla chiesa di San Francesco a Pistoia, qui esposta) sembra tenere alto l’interesse nei riguardi degli artisti senesi, ma in realtà la scena artistica è dominata ormai dai fiorentini, per l’attività intensa nella decorazione ad affresco dei seguaci diretti di Maso di Banco, Alesso di Andrea e Bonaccorso di Cino. Poco dopo la metà del secolo, Taddeo Gaddi (polittico di San Giovanni Fuorcivitas, in mostra) afferma il definitivo predominio culturale fiorentino, divulgato poi in città dall’attività di Niccolò di Tommaso, ed esteso anche nel campo dell’illustrazione libraria. Da San Giovanni Fuorcivitas proviene il Graduale miniato da Don Simone Camaldolese, mentre il suo seguace Matteo di Filippo Torelli è attivo per gli olivetani di San Benedetto, al principio del secolo seguente (Graduale, Biblioteca Leoniana). Nel terzo quarto del Trecento, stanti anche le relazioni commerciali della città con la Provenza, Pistoia apre a orafi fiorentini quali Romolo di Senuccio Salvi, autore del prezioso Reliquiario della Croce (1379-83). Pur con un ruolo defilato vi collabora anche il pistoiese Andrea di Piero Braccini, di cui è esposto un calice firmato nel 1384.
Sezione 5. Eleganze e asprezze tardogotiche
La perdita dell’autonomia politica e la definitiva sottomissione a Firenze nel 1402 fanno da sfondo alla stagione del Tardogotico, che a Pistoia si afferma con caratteri distintivi, nel panorama della pittura toscana tra XIV e XV secolo. Il protagonista della scena artistica cittadina nella seconda metà del Trecento, Giovanni di Bartolomeo Cristiani, ripropone nell’ultimo decennio del secolo il suo linguaggio delicato nel trittico conservato nel Museo Diocesano di Milano e qui esposto, eseguito in collaborazione con Nanni di Jacopo, che fu probabilmente suo allievo. Se l’accostamento di Nanni di Jacopo alle suggestioni tardogotiche si coglie soprattutto nella brillantezza cromatica o nella preziosità dei tessuti che ornano i suoi dipinti – come nel trittico raffigurante la Madonna col Bambino in trono fra san Francesco e san Giacomo, datato 1404, in collezione Ricciarelli a Pistoia – il rinnovamento pittorico è promosso con maggiore convinzione da Antonio Vite. Autore di raffigurazioni vivacemente espressive, negli anni intorno al 1390 Antonio Vite apre la strada che condurrà alla piena affermazione dei fermenti tardogotici, il cui maggiore interprete è un artista di più giovane generazione, il Maestro della Cappella Bracciolini. Pittore di tavole e affreschi, nonché miniatore, l’anonimo artista – cresciuto negli anni Ottanta del Trecento accanto a Giovanni di Bartolomeo Cristiani e attento alle novità di pittori fiorentini come Agnolo Gaddi e Gherardo Starnina – elabora un linguaggio fortemente originale. “Eleganze e asprezze” si fondono nelle sue opere, abitate da personaggi dall’espressività pungente, definiti con linee di contorno affilate e acide tonalità cromatiche: uno stile ancora in auge negli anni Venti del Quattrocento, come documenta il trittico della Cattedrale datato 1424.
Sezione 6. Il Medioevo nel Palazzo Comunale
La Maestà civica
Il grande affresco al piano terra del palazzo, con la Madonna e il Bambino in trono fra sei angeli e i santi Giovanni Battista, Giacomo il Maggiore (oppure san Bartolomeo), Zeno e Giovanni evangelista (?), è una delle testimonianze più rilevanti della pittura monumentale a Pistoia nella prima metà del XIV secolo. La raffigurazione si affianca alle altre Maestà civiche presenti in Toscana: da quelle più celebri di Simone Martini e Lippo Memmi, rispettivamente a Siena e a San Gimignano, a quelle meno note di Bettino di Corsino nel Palazzo Pretorio di Prato o del Maestro di Mezzana nel prospiciente Palazzo Comunale. Essa riveste il medesimo significato di affidare la città e i suoi abitanti alla protezione mariana e, allo stesso tempo, ne riafferma i valori identitari politici e culturali.
Un documento conservato nell’Archivio di Stato di Pistoia, della fine del 1344, attesta che in quel tempo una pictura virginis gloriose Marie cum aliis sanctis era in fase di ultimazione nella camera comunis del palazzo, e con ogni probabilità si tratta proprio di questo affresco.
Il Maestro della Maestà civica di Pistoia rappresenta una delle personalità di primo piano nel panorama artistico cittadino fra il secondo e il terzo quarto del XIV secolo.
Museo Civico, prima sala
In questa sezione della mostra si possono ammirare alcune delle opere fondamentali per gli svolgimenti artistici a Pistoia dal XIII al XV secolo. La splendida formella scolpita da Nicola Pisano con le Stimmate di san Francesco, molto probabilmente per il monumento funebre del vescovo Filippo da Pistoia nella primitiva chiesa francescana della città, insieme alla pala cuspidata con San Francesco e otto storie della sua vita dipinta per la medesima chiesa dal Maestro della Croce 434 degli Uffizi, testimonia la grandezza delle committenze artistiche e il grado elevatissimo della loro qualità nella seconda metà del Duecento, quando la città godeva ancora di una relativa autonomia politico-culturale.
Al principio del Trecento il predominio della vicina Firenze, consolidatosi in maniera definitiva, si esprime nel campo della pittura con il Compianto su Cristo morto di Lippo di Benivieni, capolavoro di questo grande e originalissimo giottesco fiorentino dipinto per la chiesa degli Umiliati. A esso si ispira, per la tipologia morfologica e l’interpretazione assai personale del linguaggio giottesco, il dossale con la Madonna col Bambino e quattro santi proveniente anch’esso dalla chiesa degli Umiliati, dipinto dal cosiddetto Maestro del 1310, il maggiore pittore locale della prima metà del Trecento.
L’apporto costante dell’arte fiorentina fino al principio del XV secolo è documentato dalle tavole di Mariotto di Nardo e Rossello di Jacopo Franchi dipinte per il convento francescano osservante di Giaccherino, vicino Pistoia, su commissione del fondatore Gabriello Panciatichi.
L’Antico Palazzo dei Vescovi
La cappella di San Nicola
La cappella privata del vescovo fu fondata nella seconda metà del XII secolo, ma è menzionata nei documenti a partire dal 1226. Si tratta di uno degli esempi più interessanti in territorio italiano di cappelle palatine a due piani, tra loro indipendenti, una tipologia squisitamente nordica, soprattutto di area francese. L’ambiente presenta una piccola abside sporgente all’esterno rivestita di mattoni. Fu costruito sopra la sacrestia della cappella di San Jacopo, il sacello preposto a ospitare la reliquia di san Jacopo, che era collocato nelle prime due campate della navata destra della Cattedrale di San Zeno, a ridosso della controfacciata, e che fu distrutto nel 1786.
La decorazione affrescata rivestiva completamente l’ambiente: includeva anche le stelle a otto punte su fondo azzurro della volta e la finta cortina a drappeggio sotto il registro inferiore delle scene narrative. Queste ultime consistono in due cicli paralleli con Martirî degli Apostoli e Storie di san Nicola. Sotto alcuni affreschi sono presenti delle iscrizioni superstiti che ne facilitano l’identificazione iconografica. La definizione critica e l’epoca di esecuzione di queste pitture sono oggetto di grande interesse da parte degli studiosi che hanno espresso varie ipotesi in merito. Quella più plausibile indica l’autore degli affreschi in un ignoto maestro di cultura senese, con datazione oscillante entro il primo quarto del Trecento.
Sagrestia “vecchia” di San Jacopo
L’antica cappella di San Jacopo, smantellata nel 1786 dal vescovo Scipione de’ Ricci, occupava le prime due campate della navata destra della Cattedrale. A essa erano collegate due stanze impiegate come sagrestie, ambedue già all’interno del contiguo Palazzo dei Vescovi.
La prima era detta “vecchia” (1163-1170) o “Tesoro di San Jacopo”, con le pareti e la volta dipinte a stelle d’oro su fondo azzurro. L’altra era detta “nuova” (fine del XIV secolo).
In esse erano conservati arredi liturgici, suppellettili e paramenti sacri di straordinaria ricchezza, oggetto nel tempo di vari tentativi di furto. Il più noto di questi ultimi è quello portato a termine nel 1293 da Vanni Fucci, cantato nell’Inferno di Dante (XXIV, vv. 97-151).
L’Antico Palazzo dei Vescovi
Nel cuore di piazza del Duomo, l’Antico Palazzo dei Vescovi con i suoi cinque piani, uno interrato più quattro in elevato, abbraccia l’arco cronologico lungo cui si sviluppa l’intera storia di Pistoia, dalla sua fase pre-romana fino all’epoca moderna. Attestato dal 1091 e definito palatium nel 1112, l’edificio medievale è simbolo e manifestazione del potere del vescovo in città e delle sue alterne vicende, sorto in dialettica con la fabbrica della nuova cattedrale e con la nascente istituzione del Comune. Dopo aver servito per secoli come sede episcopale, il palazzo, troppo bisognoso di cure e ristrutturazioni, nel 1786 fu venduto dal vescovo Scipione dei Ricci, e poi, tra il 1863 e il 1865, completamente stravolto per ospitare botteghe e appartamenti privati. La svolta arrivò nel 1973 quando la Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia lo acquisì promuovendo un lungo e avventuroso recupero inaugurandolo, nel 1981, come sede museale e di rappresentanza.
Sono passati quarant’anni esatti da quel momento di entusiasmo, in cui la città finalmente si riappropriava di uno dei pezzi più preziosi della sua storia e, oggi come allora, grazie all’acquisizione da parte di Pistoia Musei & Cultura Scrl, l’Antico Palazzo dei Vescovi torna ad accogliere il pubblico in occasione della mostra Medioevo a Pistoia. Crocevia di artisti tra Romanico e Gotico (27 novembre 2021 – 8 maggio 2022). L’esposizione, organizzata su due piani, giunge a seguito di un delicato intervento di valorizzazione iniziato a giugno 2020, che ha compreso il riassetto distributivo e funzionale dei servizi di accoglienza, l’adeguamento impiantistico, la messa a norma dei servizi igienico-sanitari e il superamento delle barriere architettoniche, al fine di garantire ai visitatori maggiore accessibilità e una più libera fruizione degli ambienti rispetto ai decenni precedenti in cui la doppia funzione di museo e banca causava molte limitazioni. Per l’occasione, affreschi ed elementi di pregio delle sale, degradati dal passaggio del tempo, sono stati oggetto di revisione e restauro per cura della ditta Piacenti Spa sotto la guida della Soprintendenza, e per la prima volta si offrono al pubblico, valorizzati da un’illuminazione appositamente progettata.
Con la mostra inaugurano anche l’ingresso-biglietteria e il nuovo bookshop, ricavato nei locali che a lungo ospitarono la Farmacia de’ Ferri, mentre il grande salone al primo piano, ripensato nell’acustica, è destinato oggi a convegni e incontri, ma anche a spazio polifunzionale collegato alle attività museali.
L’intervento appena concluso si configura come il primo passo di un più ampio piano di ristrutturazione e di valorizzazione dell’intero palazzo, secondo un nuovo progetto museologico e museografico condiviso con gli enti preposti alla tutela: una sfida tanto stimolante quanto impegnativa a causa della complessa stratificazione subita dagli spazi dell’edificio nel corso della sua storia secolare.
La prossima fase di lavori vedrà il risanamento conservativo delle strutture e degli scavi della sezione archeologica, che sarà completamente rinnovata nella parte espositiva entro i primi mesi del 2023. Seguirà il riallestimento di tutti i piani del palazzo, compresi l’ultimo, destinato agli uffici di Pistoia Musei, e infine la terrazza, che restituirà, a coronamento dell’intero progetto, una vista magnifica sulla piazza e sulla sua città.
I curatori
Angelo Tartuferi, specialista di pittura italiana dal Medioevo al Quattrocento. Autore di numerose pubblicazioni e curatore di una serie di mostre sul periodo. Ha tenuto corsi nelle Università di Firenze e Perugia. Vicedirettore della Galleria degli Uffizi dal 2009 al 2013 e Direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze (2013-2015). Nel 2020 è stato nominato Direttore del Museo di San Marco di Firenze.
Enrica Neri Lusanna, già funzionaria del Ministero Beni Culturali e professore ordinario di Storia dell’arte medievale presso l’Università di Perugia, ha incentrato le ricerche sulla scultura e sulla pittura centroitaliana tra XII e XV secolo, partecipandone gli esiti in saggi, cataloghi di musei e cura di mostre (Arnolfo, Firenze, 2005; Gubbio al tempo di Giotto, 2018).
Ada Labriola, ricercatrice indipendente, è specialista di miniatura centroitaliana del Medioevo e del primo Rinascimento. È autrice di numerose pubblicazioni, e ha curato la sezione dedicata ai manoscritti miniati in molte mostre. Tra le sue più recenti pubblicazioni, vi è il catalogo dei corali francescani del Museo di San Marco a Firenze (2020).
A cura di Ilaria Guidantoni