A Palazzo delle Esposizioni di Roma, fino al 28 luglio, è aperta una mostra curiosa dal punto di vista storico (inaugurata il 30 maggio), un percorso nella città attraverso le mostre di gallerie significative, un intreccio tra artisti e luoghi dell’arte, che ripercorrono cinquant’anni di vita culturale della Capitale, a cura di Daniela Lancioni. Al piano di accesso di Palazzo Esposizioni intorno all’area centrale, come fosse una grande piazza si snoda il percorso che propone sei mostre, inizia dalla personale di Titina Maselli presso la Galleria La Tartaruga nel 1955 per terminare con Myriam Laplante. Elisir curata da Lorenzo Benedetti e Teresa Macrì promossa dalla Gallery Apart e dalla Fondazione Volume! E da quest’ultima ospitata nel 2004; con, infine, un omaggio al fotografo Sergio Pucci, professionista che dalla metà degli anni Cinquanta ha documentato le opere d’arte presso gli studi degli artisti o in mostra, lavorando per gli amici (Ettore Colla, Leoncillo, Giulio Turcato, tra gli altri) o per le gallerie (tra le altre La Salita, Giuliana De Crescenzo, L’Oca, Mario Diacono).
L’obiettivo dell’esposizione è dar voce ai protagonisti nonché ai luoghi e alle istituzioni che dal Dopoguerra hanno reso Roma un centro vitale della cultura contemporanea, non tanto in senso archeologico o filologico, restituendo pur nella documentazione accurata, un viaggio emozionale. L’avvio è come accennato con le immagini forte, colorate, dagli smalti materici dipinte da Titina Maselli, pittrice nata a Roma nel 1924 e morta nel 2005, a New York a tema il paesaggio urbano e mostrate da Plinio De Martiis e Ninnì Pirandello a La Tartaruga, mostra che fu rinviata perché la distanza e lo stato delle comunicazioni di allora non consentivano una vita facile. E’ da notare che non è certo che proprio queste e tutte queste siano state le opere scelte per quella mostra ma certamente lo spirito e lo stile ne è specchio fedele. Sorella del regista Citto Maselli, cresce in un ambiente familiare molto stimolante dal punto di vista artistico.
Passano dieci anni e nel 1964 approdiamo alla Galleria La Salita con Giulio Paolini per la sua prima personale dell’artista genovese allora ventiquattrenne, in uno spazio già noto che per l’occasione fu riallestito dallo stesso artista come se si trattasse di una mostra in preparazione: una sorta di dietro le quinte con pannelli appoggiati ai muri. A Palazzo Esposizioni il riallestimento è stato consentito grazie alla collaborazione della Fondazione Giulio e Anna Paolini e ai prestiti provenienti da importanti collezioni. La terza tappa realizzata grazie al supporto dell’Archivio Luciano e Carla Fabro che ha reso possibile la raccolta dell’impressionante insieme di opere con il quale l’artista rispose nel 1971 all’invito di Achille Bonito Oliva ad esporre prima alla Biennale di Parigi e poi nella appena nata associazione per la rassegna Informazioni sulla presenza Italiana: Fabro. Concetto spaziale d’après Watteau, 1967-71/ Corona di piombo, 1968-71 / L’Italia d’oro / Alluminio e seta naturale, 1971.Luciano Fabro, torinese, morto nel 2007, è stato un artista associato al movimento dell’Arte Povera.
Con la mostra di Carlo Maria Mariani. La costellazione del Leone presso la Galleria Gian Enzo Sperone 1981, oggi conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna della città, siamo alla presenza di un nuovo modo di intendere la pittura e la storia, invitati a condividere l’elogio degli artisti, dei critici e dei galleristi allora protagonisti della scena romana e oggi ritratti nel dipinto. Il leone è in omaggio al segno zodiacale di questo pittore romano, classe 1931, che lavora fino agli anni Sessanta sulla pittura murale e reinterpreta la pittura di genere storico in una semplificazione moderna che è in bilico tra il d’après – anche se, pur nel suo riferimento forte al Rinascimento e al Barocco, non copia mai le opere degli antichi – e la reinterpretazione originale.
Penultima tappa Jan Vercruysse, Tombeaux (Stanza), con la Galleria Pieroni nel 1990, a con simulacri severi, oggi ripresentati grazie alla Fondazione intitolata all’artista plastico belga, scultore e fotografo, scomparso, tra i più influenti della scena contemporanea.
La mostra di Myriam Laplante, artista canadese nata in Bangladesh, Elisir del 2004, conclude il percorso con un’immersione nell’immaginazione paradossale e avvincente dell’artista, fiabesca e mordente al tempo stesso, inquietante allestimento certamente di impatto, che gioca anche sul paradosso.
A cura di Giada Luni