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Un grande libro “La chiusura del cerchio. Oltre un secolo di storia della Galleria Russo”, pubblicato da Maretti Editore, anche nel formato di pregio, che diventa a sua volta una sorta di opera d’arte, corredato da un documentario – su chiavetta, sottotitolato in inglese – di un’ora, di grande piacevolezza con la regia di Irene Pantaleo, per raccontare 124 anni di quella che possiamo considerare la galleria d’arte più antica d’Italia, ovvero la romana Galleria Russo. Fino dal titolo si annuncia il senso del volume scritto da Francesca Romana Morelli, storica dell’arte e accademica delle Belle Arti a Roma, sui protagonisti di una dinastia, il rapporto con De Chirico e tanti aneddoti, dalle visite di Andreotti a Ligabue, per ritornare alle origini. In effetti il titolo nasce da quello che il gallerista Salvatore Russo diceva al tempo al giovane figlio Fabrizio, ora suo successore: “Non lasciare mai nulla di interrotto, devi chiudere il cerchio, sempre e comunque”.
Tanti gli aneddoti come l’incontro con Giovanni Boldini.
La storia comincia in via del Babuino 73, dove viene aperta la prima sede nel 1898, tra piazza di Spagna e piazza del Popolo, a Roma. Attualmente la galleria è in Via Alibert 20, a pochi metri da dove il capostipite mosse i primi passi, così anche sul territorio il cerchio si chiude.
Oltre un secolo e tante vicende, incontri e intrecci fra artisti, pittori, scultori, amici, sodali, frequentatori e clienti, che disegnano l’affresco di una città e del mondo dell’arte che cambia insieme con la storia. Il testo, supportato da una documentazione scrupolosa con documenti, lettere inedite e uno splendido fotografico, ha richiesto sette
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anni di ricerche, e vede nella relazione per un periodo esclusiva con il pittore Giorgio De Chirico, pictor optimus padre della Metafisica, un legame simbolico. L’amicizia nasce negli Anni Quaranta del Novecento e durante la guerra, per un breve periodo, diventa anche una convivenza in un seminterrato; finché si trasforma in un rapporto professionale financo commerciale nel 1953, seguito da un divorzio avvenuto nel 1967 per volontà della moglie del maestro, Isabella Far. Oggi alla guida della Galleria c’è Fabrizio Russo, quarta generazione, figlio di Salvatore, nipote di Franco, Ettore e Antonio, bisnipote di Pasquale Addeo. In pista c’è già la quinta generazione, rappresentata dalla figlia di Fabrizio, Francesca Romana, e il nipote Alberto, ventenni che stanno muovendo i primi passi in galleria.
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Come accennato il libro rappresenta anche uno spaccato di storia del costume legato all’evoluzione del mercato dell’arte a cominciare dall’amore per l’antiquariato negli anni del grande sviluppo e la differenziazione sul territorio con l’apertura delle sedi estive fino all’evoluzione di oggi senza dimenticare che l’originalità della Galleria è l’invenzione del mercato diffuso dell’arte.
Sfogliare il volume significa ripercorrere la storia della pittura italiana del Novecento attraverso un’antologia ricca, strutturata, con didascalie accurate, facendo un viaggio non scolastico ma insieme a chi questo cammino lo ha fatto in prima persona e in parte lo ha disegnato.
Sulle orme della storia
Il vero capostipite è Pasquale Addeo, bisnonno di Fabrizio Russo, che viene mandato a Roma, da Marigliano, in provincia di Napoli dov’era nato, per studiare legge ma capisce che vuole intraprendere un’altra strada. Comincia a viaggiare e anche in città passa lunghe ore alla Galleria Borghese, tanto che il custode si insospettisce. Alla fine nasce con l’allora direttore una bella amicizia e nel tempo decide così di aprire una piccola bottega antiquaria in via Margutta, creando importanti sodalizi come quello citato col direttore della Galleria Borghese che diventa il Virgilio del capostipite della Galleria Russo. Siamo in una città in fermento che aveva già conosciuto la prima crisi dovuta a una crescita incontrollata: era la piccola Capitale di Nathan, dove dominavano le grandi famiglie nobili. Fabrizio Russo racconta che “Pasquale Addeo aveva 4 figli, 3 erano donne. Elsa si innamorò di Franco Russo, figlio di un tale Salvatore che possedeva un pastificio. Salvatore era uno scapestrato, giocava i suoi soldi a carte o li spendeva per andare a donne. Ciò nonostante, Pasquale Addeo intuì che Franco, dotato di fisico prestante, intelligenza e prontezza, aveva tutte le potenzialità per divenire un ottimo imprenditore. Prima confermò il matrimonio con sua figlia e poi lo portò a lavorare con sé nel negozio di antiquariato”.
Molti antiquari e galleristi storici di Roma aprirono i loro spazi nella stessa zona, come Di Castro ad esempio.
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La prima Galleria di via del Babuino è chiamata “Il budello” perché è lunga e stretta e univa via del Babuino a via Margutta, e raccoglie arredi, sedie di cuoio seicentesche, ceramiche e opere di Tiziano, dell’Ottocento italiano per lo più – di pittori quali Palizzi, Morelli, Cabianca, Ranzoni, Michetti, Mancini e del giovane Armando Spadini – poi dei Macchiaioli finché Addeo si appassiona dell’arte moderna, grazie alla visita allo studio di Fattori. La scoperta del catalogo dell’Ottocento è stata una rivelazione perché prima si pensava che si occupasse soprattutto di arte antica. Organizza allora tre importanti aste tra il 1914 e il 1938, poi manda il genero Franco a Milano perché qui il mercato dell’Ottocento è florido e Pasquale comincia ad essere anziano. Il genero inizia a lavorare a fianco di Gioachino Cosma, titolare della Galleria Dedalo. Nel secondo dopoguerra è infatti Franco Russo, ad ereditare l’attività mostrando abilità nell’imprimere un nuovo corso alla Galleria, cercando di conquistare i clienti americani e affiancando gli altri componenti della famiglia. A Milano qui tra gli altri segue artisti russi come Sciltian, Dudreville, comunità che viveva in città e Antonio Mancini. Franco è il più internazionale dei Russo, viaggia moltissimo e organizza un’asta in Argentina; dopo di lui sono i fratelli Antonio ed Ettore a continuare l’impresa. I Russo con abilità surfano sull’onda del benessere che stava prendendo il largo in Italia e aprono La Barcaccia, in piazza di Spagna al civico 9, nel 1948 quindi numerose gallerie nei centri termali. Sempre in Piazza di Spagna al civico 1 c’era una piccola galleria che era il punto di ritrovo, mentre l’altra, con una stanza dentro l’altra, è stata una grande passerella, basti pensare
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che alle inaugurazioni arrivava il Presidente della Repubblica o del Consiglio. L’attività a Roma si impianta proprio grazie al contratto con Giorgio De Chirico e da qui parte una nuova fase di attività e comincia l’espansione. La sede di Montecatini Terme, stazione termale quant’anche luogo internazionale della mondanità, è inaugurata in particolare per esporre Giorgio de Chirico e attrarre persone abbienti, nei momenti di vacanza. Il benessere crescente cambia le abitudini degli italiani e anche la fruizione del tempo libero e della cultura. Per fare un esempio, nel 1957 la Fiat riduce le giornate lavorative a 5 e questa scelta imprime un’accelerazione alla motorizzazione del Paese che può utilizzare l’auto per lunghe gite. Sono anni in cui il materiale relativo alla Galleria ha ancora delle lacune e la ricostruzione è stata particolarmente complessa. Sono gli anni in cui si attua una spinta internazionale, con molte puntate a Londra e negli Stati Uniti e la famiglia Russo mostra una grande apertura, incredibile per quegli anni.
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Nel 1966 il padre di Fabrizio, Salvatore, prende in mano la gestione della galleria, mentre è nel 1984 che il testimone passa a Fabrizio Russo. Per quanto riguarda il rapporto professionale e di amicizia con de Chirico, risale al 1954 il primo contratto. Il pittore doveva consegnare ogni mese alla galleria 10 quadri e 40 acquerelli: un accordo che si ruppe quando la signora de Chirico scoprì il marito con la sua musa ispiratrice in una casa al mare. Isabella considerò che i Russo non potevano non sapere e decise di recidere il legame con la Galleria.
Fabrizio Russo entra in galleria ventenne nell’84 e dal ’94 ne è oggi il titolare. Dal 1994 ha iniziato a gestire in autonomia l’attività puntando, oltre che sui contemporanei, sul Novecento, in particolare il periodo tra le due guerre con artisti quali Balla, Boccioni, Sironi e la Scuola Romana tra gli altri. È la chiusura del cerchio, per quanto riguarda l’espansione dei settori e la scientificità della produzione culturale. Accompagnato da uno staff di collaboratori, Russo ha prodotto mostre del primo Futurismo – con opere di Balla, Boccioni, Severini, Russolo – e del secondo – Prampolini, Dottori, Depero, Thayaht, Peruzzi – e ha promosso il catalogo generale dell’opera di Duilio Cambellotti, che Daniela Fonti e Giovanni Tetro stanno portando a termine. Nelle sue esposizioni, sempre corredate da cataloghi importanti, si annoverano opere di Casorati, Donghi, Ferrazzi, Marini, Martini, Mirko, Morandi, Sironi, Wildt, come anche i più internazionali Gauguin, Matisse, Modigliani. Nelle sedi aperte per brevi periodi a Milano e a Istanbul ha presentato anche artisti contemporanei (Floreani, Giannoni, Ottieri, Zefi).
a cura di Ilaria Guidantoni