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Relais Villa Olmo, nato da un progetto del 2006, è un Boutique Hotel situato a Impruneta, la porta del Chianti, a soli 20 minuti di strada da Firenze, un territorio della campagna toscana, ricco di storia che merita una riscoperta. E’ questa la filosofia di Villa Olmo, il racconto di un territorio dove l’obiettivo della qualità alta supera quello del lusso e l’offerta è tesa al godimento della villeggiatura, dall’antico sapore. La memoria del territorio – come ci ha raccontato il direttore Simone Pampaloni – la si trova negli arredi nella ristrutturazione e nel piatto, in un dialogo con la modernità che qui fa rima soprattutto con il rispetto dell’ambiente e una
filosofia a chilometro zero che interessa non solo l’orto, il frutteto, la cantina, tutti in casa, ma anche la scelta dei materiali e delle maestranze. La parola Relais rimanda a un antico termine francese che evoca le stazioni di posta, dove viaggiatori e pellegrini potevano trovare un buon piatto caldo e, finalmente, riposare e, fedele alle tradizioni, questo resort vuole essere un’oasi di pace e di divulgazione del patrimonio enogastronomico regionale. Tipicamente toscano e ricco di fascino naturale, il Relais dispone di 18 dimore, ricavate da un piccolo borgo, originariamente le abitazioni intorno alla villa
padronale – villette con piscina privata, suite e camere – che offrono ospitalità e soluzioni su misura. Questa la linea del gruppo WHS Worlding Hospitality Solutions, holding fondata da Luca Perfetto e Urbano Brini nel 2006 alla quale si è aggiunto nel 2012 Patrizio Montevecchi in qualità di presidente; il gruppo è composto da 4 brand, rispettivamente, Florencetown, tour operator motore iniziale del progetto; Arno Travel, che si muove su tutto il territorio nazionale; Relais Villa Olmo e Diadema Wine Bar & Restaurant. Per inciso ci è stata anticipata l’apertura probabilmente già all’inizio di settembre di una scuola di cucina all’interno del mercato centrale di Milano, portando avanti quell’idea di un turismo culturale che viaggia non solo tra i monumenti ma anche tra i sapori e nella natura dei luoghi. L’hotel e il ristorante sono legati sono legati da una collaborazione stretta con la cantina Diadema della Famiglia Giannotti che produce cinque etichette focalizzate sulla tradizione culturale e storica del territorio. In cantina, infatti, accanto al ‘legno’, la vinificazione in anfore di terracotta che per primi gli Etruschi hanno utilizzato – i Greci le usavano solo
per il trasporto – popolo legato al territorio. Il cotto è proprio il simbolo del territorio, cifra, quasi marchio di fabbrica di Villa Olmo. Nella cantina vi sono cinque anfore realizzate dall’azienda locale Mital, legando tutti i prodotti alle maestranze e all’artigianato locale: la terracotta conferisce un’acidità alta ed esalta il frutto, lo traveste meno rispetto al legno, rendendolo elegante anche se meno complesso. Come ha raccontato la Sommelier Serena Restuccia, se si potesse fare un paragone “la terracotta sta al legno come la Borgogna al Bordeaux”. La carta dei vini non è che il biglietto da visita della cantina, orientata soprattutto al mondo toscano, con una proposta originale, dotata di personalità e la voglia di scoprire novità, sostanzialmente orientata al mondo nazionale. Un’apertura alla cultura internazionale si è creata con la spumantizzazione che si fregia della dicitura Champagne grazie ad un accordo con i vignerons francesi dato il prodotto viene finito di lavorare nella regione di Champagne. Così anche per i vitigni, oltre il vitigno protagonista del territorio, il Sangiovese, sono presenti Pinot noir, Chardonnay (presente per il 70% nel vino bianco), Sauvignon blanc (per un 10%) e Viognier (al 10% nel blend del bianco) che raccontano un dialogo antico con la Francia dove la Toscana ha portato una grande impronta con Caterina dei Medici. Proprio con la voglia di raccontare e di raccontarsi Villa Olmo organizza un Lab Wine, laboratorio di degustazione anche per i neofiti con degustazione alla cieca, proponendo i diversi vitigni che si trovano nei vini come Imprunetis (prodotto nella terracotta e offerto in una bottiglia ‘artistica’, Diadema – con un’etichetta preziosa con decorazioni Swarovski e Damare.
La cucina, che torneremo ad assaggiare perché merita una sosta a parte, è un viaggio che partendo dalla memoria del territorio, si arricchisce dei viaggi e delle esperienze dello chef in giro per il mondo, Alessio Leporatti, 35 anni, formatosi sui banchi dell’IPSSAR Bernardo Buontalenti per ampliare poi la crescita professionale in un percorso che l’ha visto passare dai fornelli fiorentini del Cibreo di Fabio Picchi a quelli valdelsani del bistellato Arnolfo con Gaetano Trovato, lungo un percorso che l’ha portato a conoscere suggestioni più ampie tra Barcellona e Positano, per tornare poi alla cucina chiantigiana con l’Osteria di Passignano, e approdare finalmente ai fuochi del Diadema nel 2019. Al suo fianco un altro giovane fiorentino, Antonio Lombardi, incontrato proprio nelle cucine all’ombra dell’abbazia vallombrosana di Passignano. Nei suoi piatti si respira tutta l’ampiezza del viaggio compiuto fin qui, senza rinunciare tuttavia alla sottolineatura di preziosi dettagli e in particolare alla sostenibilità. L’orto è infatti al centro della sua cucina.
Quest’idea di buon vicinato la si ritrova nei tessuti degli arredi, tutti di provenienza locale; nella maggior parte dei mobili, ristrutturati e reinventati, con linee e colori più moderni, spesso recuperati sul territorio fino alla linea cortesia firmata da Ferragamo, simbolo di un made in Florence che ha il sapore internazionale perché per la Toscana la campagna fa parte integrante della sua identità.
a cura di Ilaria Guidantoni