Il lancio del cd Soloinsieme per piano solo – prodotto da Gianni Bini, patron della House of Glass Studio di Viareggio e dalla casa editrice Saifam – di Riccardo Arrighini, pianista, compositore e didatta nato a Viareggio, è previsto in autunno ma lo abbiamo incontrato per farci dare un’anticipazione del lavoro e conoscerlo più da vicino. Il brano, teaser del cd, racconta eleganza, semplicità di linee, u ‘architettura complessa dal risultato estremamente pulito, spolverato di jazz per un orecchio attebto che lo rende moderno con quel senso di spontaneità e freschezza che promette di regalare leggerezza e di accompagna are per mano il lettore alla scoperta di u a stratificazione di esperienze.
Soloinsieme, un cd per pianoforte solo. Una scelta precisa?
“Ho voluto realizzare un disco per piano solo dopo diversi anni in cui non avevo più inciso con questa formula con molta determinazione perché in fondo è la mia vocazione. Il piano solo è considerato la “summa” del pianismo jazz, il momento in cui rimani da solo con te stesso e in cui devi, con le sole mani e la testa, sintetizzare i tre parametri fondamentali della musica ossia melodia, armonia e ritmo. Il piano solo richiede quindi ampie conoscenza ed esperienza, sia per quanto concerne la tecnica dello strumento che l’espressività, in una parola occorre “maturità”.
A cinquantun’anni suonati, dopo tre decadi di attività jazzistica sui palchi italiani ed esteri ed altrettanti cd incisi, con collaborazioni importanti, ma soprattutto dopo aver dedicato gli ultimi anni ad una intensa attività di ricerca, ho ritenuto fosse arrivato il momento migliore per confrontarmi con questa difficile e quanto mai intrigante disciplina. Un piano solo jazzistico, quindi.”
Qual è l’ispirazione di questo lavoro?
“È il primo lavoro che realizzo a pochi mesi dalla scomparsa di mia madre, che mi piace pensare ricongiuntasi con papà dopo dieci anni: da qui il desidero di dedicare Soloinsieme alla memoria dei miei genitori, a livello emozionale.
Non credo che facciamo nulla da soli e gli altri sono importanti sia come presenze sia come assenze. In questo caso l’ispirazione più grande, che ha permesso alla mia creatività compositiva di avere un “picco” così importante, è stato senza dubbio l’incontro con il mio manager Vincenzo La Gioia, che ha letteralmente scatenato in me una vera e propria “tempesta musicale”. Ritengo Vincenzo un visionario che sa cogliere in anticipo le situazioni e motivare al massimo i suoi artisti. Nel mio caso ha saputo incanalare la mia energia a tratti straripante. Anche il confronto frequente dal punto di vista artistico con lui ha rappresentato per me una vera svolta per la mia carriera.
Non c’è brano all’interno del CD che non sia passato attraverso la sua lente di ingrandimento, potrei addirittura osare dicendo che questo è un album realizzato a quattro mani.”
Dal punto di vista stilistico, musicale in generale che sapore ascolteremo in Soloinsieme?
“Non sono mai stato “stilista” di un genere in particolare, preferendo sempre tra vari generi e anche all’interno del jazz stesso ho amato varie correnti, magari a periodi alterni, cercando di sviscerare ciascuna nel suo significato più profondo. Ho amato e amo indistintamente il Bebop come il jazz modale e contemporaneo e i miei riferimenti stilistici passano da Bud Powell a Mc Coy Tyner, da Bill Evans a Keith Jarrett, da Chick Corea a Herbie Hancock senza dimenticare Lyle Mays e Michel Petrucciani, fino a Esbjorn Svensson e Brad Mehldau.
“maturità”.
A cinquantun’anni suonati, dopo tre decadi di attività jazzistica sui palchi italiani ed esteri ed altrettanti cd incisi, con collaborazioni importanti, ma soprattutto dopo aver dedicato gli ultimi anni ad una intensa attività di ricerca, ho ritenuto fosse arrivato il momento migliore per confrontarmi con questa difficile e quanto mai intrigante disciplina. Un piano solo jazzistico, quindi.”
Qual è l’ispirazione di questo lavoro?
“È il primo lavoro che realizzo a pochi mesi dalla scomparsa di mia madre, che mi piace pensare ricongiuntasi con papà dopo dieci anni: da qui il desidero di dedicare Soloinsieme alla memoria dei miei genitori, a livello emozionale.
Non credo che facciamo nulla da soli e gli altri sono importanti sia come presenze sia come assenze. In questo caso l’ispirazione più grande, che ha permesso alla mia creatività compositiva di avere un “picco” così importante, è stato senza dubbio l’incontro con il mio manager Vincenzo La Gioia, che ha letteralmente scatenato in me una vera e propria “tempesta musicale”. Ritengo Vincenzo un visionario che sa cogliere in anticipo le situazioni e motivare al massimo i suoi artisti. Nel mio caso ha saputo incanalare la mia energia a tratti straripante. Anche il confronto frequente dal punto di vista artistico con lui ha rappresentato per me una vera svolta per la mia carriera.
Non c’è brano all’interno del CD che non sia passato attraverso la sua lente di ingrandimento, potrei addirittura osare dicendo che questo è un album realizzato a quattro mani.”
Dal punto di vista stilistico, musicale in generale che sapore ascolteremo in Soloinsieme?
“Non sono mai stato “stilista” di un genere in particolare, preferendo sempre tra vari generi e anche all’interno del jazz stesso ho amato varie correnti, magari a periodi alterni, cercando di sviscerare ciascuna nel suo significato più profondo. Ho amato e amo indistintamente il Bebop come il jazz modale e contemporaneo e i miei riferimenti stilistici passano da Bud Powell a Mc Coy Tyner, da Bill Evans a Keith Jarrett, da Chick Corea a Herbie Hancock senza dimenticare Lyle Mays e Michel Petrucciani, fino a Esbjorn Svensson e Brad Mehldau. Con il passare del tempo ho maturato sempre più la convinzione di essere un compositore, un “vestito” che mi sento cucito addosso e ormai imprescindibile da me. Solo negli ultimi mesi infatti ho scritto moltissimi brani, diversi dei quali presenti appunto in questo CD.”
Ci sono altre fonti di ispirazione, non necessariamente legate al nuovo lavoro?
“Nella mia vita musicale c’è da tempo una presenza di straordinaria importanza, che ha contribuito notevolmente alla realizzazione del CD, Matteo Franz, mio figlio, un ragazzo tredicenne, maturo per la sua età e di straordinario talento musicale, già incline alla composizione. Da qualche tempo infatti studia pianoforte e si sta preparando ad entrare in conservatorio per seguire gli studi classici. Insieme fratello minore, Gabriele Giuseppe, rappresentano per me un faro. Altra persona determinante nella realizzazione di questo progetto è mia moglie Stefania, non musicista.
Non posso dimenticare un amico di lunga, un grande chitarrista Max Muller, sempre vicino nei momenti alterni della mia carriera, è stato prezioso nella scelta della direzione musicale e dei brani da inserire in scaletta.”
Oltre alla collaborazione con Vincenzo La Gioia con chi è nato il lavoro?
“Con Daniele Maglie, artista multimediale che, con le foto ed i videoclip ha saputo cogliere, attraverso le inquadrature, le tante espressioni che colorano la mia vita, la mia musica e che ha contribuito con affetto e simpatia a far sì che il clima in studio fosse davvero rilassato.”
Da parte sua, il manager Vincenzo La Gioia, che abbiamo avuto l’occasione di incontrare, ha sottolineato che quello con Arrighini è stato un “incontro fortunato anche per il momento che segna la maturità dell’artista che mette insieme tutti gli aspetti del suo pianismo e la ricerca verso quella che potrebbe essere il jazz e la musica del domani, un fatto insolito oggi la capacità di reinterpretare il mondo classico senza dimenticare di sperimentare. Questo musicista, classe 1967, che ha ereditato dal padre Franz l’”orecchio assoluto”, inizia lo studio del pianoforte classico all’età di 7 anni e già l’anno dopo vince la medaglia d’oro per la sua categoria al concorso pianistico internazionale “Città di Osimo”. Qualche anno più tardi ottiene l’ingresso al Conservatorio Luigi Boccherini di Lucca dove si diploma nel 1986 col massimo dei voti sotto la guida di Clara Cesa Luporini. Inizia la carriera di concertista classico ed esegue concerti in vari teatri italiani.
Parallelamente nasce in lui l’esigenza di confrontarsi anche col misterioso mondo del Jazz che scopre solo a 23 anni rimanendone folgorato, tanto che nel 1991 parte per gli Stati Uniti d’America per frequentare il “Berklee College of Music” di Boston, Massachussets, dove frequenta due anni di corsi sotto la guida di grandi insegnanti tra cui Hal Crook e Jerry Bergonzi.
Al suo rientro in Italia decide di perfezionarsi ai seminari di “Siena Jazz” dove frequenta e si laurea nel 1996 ai “Corsi di alta qualificazione professionale” sotto la guida di Enrico Pieranunzi e Stefano Battaglia.
Alla musica colta affianca quella popolare ed ha l’occasione di suonare tra il 1989 ed il 1992 con band rock/pop/fusion oltre che arrangiare ed eseguire le canzoni composte dal padre Franz in vari concorsi canori nazionali. E’ in questo periodo che scopre l’elettronica e la fusion di Miles Davis, Pat Metheny, Steps aHead, Yellow Jackets e tutte le grandi band del genere.
Col suo gruppo “Fusion” vince il concorso “Barga Jazz ‘96” e nello stesso anno partecipa come tastierista alla trasmissione televisiva “Medicine a confronto” in onda su Retequattro.
Dopo due dischi autografi con brani scritti o arrangiati, Il Monterosso (1998 Splasc’h) e Comme un enfant (2000, “Map”), nel 2001 avviene l’incontro col grande produttore discografico Paolo Piangiarelli, dell’etichetta marchigiana “Philology” con cui incide subito il suo terzo cd These unfoolish things. L’incontro poi con Francesco Cafiso, il giovane talento siciliano del sax segna l’inizio di una collaborazione professionale e umana di respiro internazionale.
Sono anni fitti di incisioni, anche con nomi importanti come
Lee Konitz.
Dopo la morte del padre nel 2007, grande amante e conoscitore dell’Opera oltre che compositore, Arrighini gli dedica un duplice progetto, il Puccini Jazz, riarrangiando le arie più conosciute del suo conterraneo DOC e realizza due cd.
Sull’onda del successo affronta anche la contaminazione con la musica classica e nasce così per piano solo Vivaldi Jazz: Le 4 Stagioni (2009, Spazi Sonori) e Chopin in Jazz (2010, Spazi Sonori) per ritornare poi sulla Lirica in occasione del 150enario dell’Unità d’Italia del 2011.
E’ il momento quindi di tornare a sviluppare la composizione e nel 2012 suggella il suo pianismo melodico e la sua creatività nel riarrangiare grandi autori con il progetto Nothin’but Morricone.
Dal 2016 ha ripreso l’attività di ricerca dedicando più tempo allo studio del jazz.
Da oltre 20 anni insegna classica/jazz e pop con allievi provenienti da tutta Italia, si è specializzato nell’insegnamento del Jazz Bebop e Modale.
A cura di Giada Luni.