
Fino al 2 ottobre 2022 la 32a BIAF – Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze torna in presenza dopo tre anni a Palazzo Corsini, splendida residenza seicentesca affacciata sul fiume Arno con circa 80 espositori nella maggior parte italiana e con una considerevole presenza fiorentina e toscana, accanto alla partecipazione significativa di Milano, Roma e l’Emilia Romagna. Londra a Parigi sono le città europee più presenti. Esposizione di grande ricchezza, piena di fermento che si conferma essere ormai un excursus della storia della pittura dai fondi oro del Trecento all’arte moderna con interessanti sconfinamenti, accompagnata dalla scultura mentre mobili, argenti, porcellane e anche gioielli ormai sono presenze molto circoscritte. La più antica mostra mercato al mondo e quella di riferimento assoluto per la grande arte italiana, alla cui guida troviamo in qualità di Presidente il Sindaco Dario Nardella e di Segretario Generale Fabrizio Moretti coadiuvati da un Comitato Direttivo portano idealmente nelle case opere da museo con un nuovo allestimento a cura dell’interior designer, scenografo e regista Matteo Corvino. La BIAF significa grande tradizione di mecenatismo: con la donazione della splendida pala d’altare di Durante Alberti, raffigurante la Trinità e i santi Andrea, Maria Maddalena e Cristina (olio su tela, cm 373 x 192,5) da parte di Fabrizio Moretti e Eleonora e Bruno Botticelli, per commemorare la memoria dei loro rispettivi genitori, alla Cattedrale di Sansepolcro, risarcendo la chiesa di una grave perdita subita in passato. Mentre grazie al sostegno economico della Biennale dell’Antiquariato, la Fondazione Archivio Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia ha dato avvio a un’importante campagna di restauro di un nucleo significativo di preziosi modelli in cera, gravemente danneggiati dall’umidità negli anni seguiti alla chiusura e all’abbandono del Museo Ginori, tra

questi il gruppo raffigurante Apollo e Marsia, tratto da un’opera dello scultore fiorentino Giovan Battista Foggini e i gruppi con Venere che spenna Amore e Leda col Cigno, i cui archetipi in bronzo si devono all’invenzione dello scultore tardo-barocco Massimiliano Soldani Benzi.
La Biennale si articola in un percorso labirintico – dalla fruizione un po’ faticose – tra le grandi sale del palazzo, allestite alla maniera di una fiera con corridoi e stand in alcuni casi in armonia con saloni e soffitti affrescati in altri casi un po’ forzati.
All’ingresso Carlo Ossi presenta una quadreria di alto livello con Giambattista Tiepolo e Gaspare Landi tra gli altri. Anche da Jean-Luc Baroni & Marty di Cambiaire – con sede a Londra e Parigi – un ritratto di Principe Francesco I de’ Medici attribuito a Jan Van der Stract detto Stradamus (Bruges, 1523 – Firenze, 1605); la quadreria continua da Cesare Lampronti Gallery di Londra con artisti di spicco quali Lorenzo Lotto, Pompeo Girolamo Batoni, Gaspar Van Wittel detto Vanvitelli, Antonio Canal detto Canaletto, Bernardo Bellotto e Ippolito Caffi.
La galleria romana Antonacci Lapiccirella presenta per la prima volta in Italia, un dipinto di Antonio Canova diffuso dal committente come Autoritratto di Giorgione (1792) e una grande tela di Onofrio Martinelli, pittore di Mola di Bari del 1900 morto a Firenze nel 1966, I giganti, ispirato al ciclo di incisioni di Botticelli su Dante. Pittore contemporaneo di Colacicchi, si legò alla Scuola Romana e fu molto apprezzato. La narrazione è

potente, molto statuaria e dimostra una maestria di livello. Tra l’altro l’opera data 1937 e forse risente di un momento drammatico della storia d’Italia.
La galleria di Ginevra De Jonckeere presenta tra gli altri Giovanni Capassini (1510-1570), fiorentino che lavorò a Roma e fu poi richiamato dal Cardinale de Tournon in Francia dove mise in atto un buon mélange tra la maniera italiana e quella francese segnatamente di Corneille de Lyon, ritrattista dal quale fu influenzato come si nota in particolare nel piccolo ritratto in mostra su sfondo verde. Interessante anche La Madonna con bambino di Paul Coecke Van Aelst (1530-1569), figlio d’arte, che presenta una composizione particolare in un incontro giocoso, molto umano tra madre e figlio, con alcuni elementi caratteristici della sua pittura quali un vaso che dimostra la conoscenza di manifatture fiorentine, elementi tipici della natura morta in primo piano e un paesaggio sullo sfondo. Sconfina nel contemporaneo Galleria Continua nel cui stand abbiamo scelto un vaso dell’artista cinese AI Weiwei perché rivisita in chiave contemporanea la porcellana della dinastia Ming. Interessante perché nel 2018 la Galleria organizzò la sua prima mostra a Pechino, dove ha una sede, dopo l’arresto. L’idea che soggiace all’opera è la rivalutazione della ricchezza e raffinatezza della storia cinese mentre oggi il paese è percepito come sede di manodopera di scarso livello. Tra l’altro con la Fondazione Berengo la Galleria è presente con una personale dedicata all’artista all’Isola di San Giorgio a Venezia.
Sapiente dialogo tra moderno e antico da ML Matteo Lampertico di Milano dove sono esposte due tele di Pedro Fernandez attivo in Italia e in Spagna nel primo quarto del XVI secolo, identificato anni fa come lo pseudo Bramantino. Nelle due tavole per un retablo spagnolo si evidenzia una composizione e una veduta prospettica che attinge al linguaggio italiano in una reinterpretazione personale dei volti e in particolare nell’andamento sinuoso dei panneggi e dei colori cangianti, che attingono maggiormente alla tradizione spagnola. Le due tavole – alle quali è dedicato un catalogo a cura di Marco Tanzi, accademico di riferimento dell’artista che una ventina d’anni fa aveva già realizzato un catalogo con quanto era noto allora dell’artista – saranno al termine della Biaf in mostra al Prado all’interno di una mostra dedicata a pittori spagnoli attivi in Italia. Interessante la scoperta della Galleria che ha acquistato le due tavole che non avevano un’attribuzione e questo lavoro è la parte interessante dell’antico rispetto al contemporaneo.
Dalla fiorentina Parronchi Dipinti 800-900, autori di primo piano della tradizione toscana, tutti con alle spalle almeno una partecipazione importante in mostra di rilievo, da Giovanni Fattori, a Oscar Ghiglia e Telemaco Signorini e in particolare un Vagero, giramondo, uomo di mare nel linguaggio viareggino, di Lorenzo Viani del 1919, uno dei suoi personaggi diseredati viareggini che però non presenta i toni drammatici tipici della sua arte ma una certa delicatezza.
Alla Galleria Gomiero – con sede a Milano e Padova – sono due tavole come icone russe di Antoinette Raphaël Mafai che ritraggono i suoi genitori con la particolarità che sono state realizzate tra il 1932 e il 1958 e la cui storia è stata raccontata dalla figlia, Miriam Mafai. I ritratti sono stati realizzati sulla scorta di una fotografia e la lunga gestazione diventa una storia essa stessa, in particolare dell’affetto e della riconoscenza verso la madre, di un debito che da figlia sente di non aver mai colmato e di grande stima per il padre rabbino. Nello stesso spazio l’artista Herta Ottolenghi Wedekind, artista nata a Berlino che poi ha vissuto tra l’Italia e l’America, presente con un arazzo degli anni Venti di grande modernità; e una terza artista, Elisabetta Sirani, autrice di un dipinto che apparteneva a Cosimo III, una Madonna che guarda il bambino e che ha il volto, fatto singolare per l’iconografia tradizionale, in ombra.
Troviamo delle ceramiche in terracotta vetriata da Altomani & Sons, con sede a Milano e Pesaro, che tra le altre presenta un bel vaso di Giovanni della Robbia e una Madonna di Andrea della Robbia, oltre alla splendida Pala Rugoli, Madre con bambino tra San Giovanni e San Francesco di Alesso di Benozzo Gozzoli. La Società Belle Arti di Viareggio presenta tra le altre opere Vittorio Corcos, il Ritratto di Adolfo Belimbau, pittore ebreo che nasce al Cairo e poi si trasferisce a Firenze dove stringe amicizia con l’altro pittore Eugenio Cecconi con il quale sarà a Tunisi. Di quest’ultimo tra l’altro un assemblaggio di quadretti che raffigurano i suoi cani – con cui andava a caccia – con i loro nomi sul retro e spesso la causa di morte. Lo stand presenta un’antologia dei pittori dai Macchiaioli fino al Novecento figurativo, con una spinta sul Novecento. D’altronde l Macchiaioli sono protagonisti di una mostra al Fortino di Forte dei Marmi fino al 20 novembre. Un’altra esposizione sullo stesso tema con una settantina di opere sarà aperta a metà dicembre a Palazzo Fava a Bologna, organizzata come Istituto Matteucci. Si risale la storia con la galleria milanese Salomon avvolti in un suggestivo corridoio rosso come una navata in Bagliori gotici, titolo di un prezioso percorso attraverso i fondi oro.
Alla Laocoon gallery al centro dello stand una grande scultura del Laocoonte di Vincenzo de’ Rossi, cinquecentesco, mentre dietro, a fare da quinta, un grande olio di Mario Mafai, ai lati i lavori di Luigi Pericle e poi statue romane del I, II e III secolo e poi quadri e disegni di Achille Funi e una serie di ceramiche di Leoncillo.
La scultura è protagonista da Scultura italiana di Dario Mottola di Milano che racconta la storia della tridimensionalità nella Penisola dalla fine del Seicento con Alessandro Algardi fino alla metà del Novecento con le opere di Arturo Martini. Sorprendete alla Galleria Romigioli Antichità di Legnano dove si può ammirare l’opera di Domenico Remps, singolare soprattutto se si pensa ad un’opera del Seicento. È un quadro scultura, giocato sul
Trompe l’oeil, perché è un dipinto su tela ma l’effetto è quello del legno. Di straordinaria modernità, non è incorniciato né incorniciabile perché dalla forma irregolare, in sé ha un quadretto con cornice e racconta Memorie di cose cavalleresche, legato a un personaggio della marina di Pisa. Personaggio del quale si sa che lavora a Venezia e a Firenze ma non si hanno grandi informazioni; il suo capolavoro è all’Opificio di Firenze.
Alla Galleria Farsetti di Prato una grande antologia della pittura del Novecento, con un lavoro di Giorgio De Chirico del 1926, un Marc Chagall del 1927, un Mirò del 1932 tra gli altri. Particolarmente interessante il Clown avec trompette di Chagall, gouache su carta lavorata, sentita, curata, e corretta come si nota da alcuni interventi sovrapposti, propri della prima maniera del pittore.
Un viaggio nelle sfumature dell’Ottocento, dal realismo, alle influenze parigine, alla cultura della macchia e alle istanze rivoluzionarie, secolo spesso sottovalutato, ritenuto per lo più decorativo da Enrico Galleria d’Arte con sede a Milano e Genova, dove sono esposti, tra gli altri, un bel Giovanni Boldini e un Giuseppe De Nittis.
La galleria romana Paolo Antonacci disegna idealmente il Gran Tour, partendo da fine settecento con due disegni molto raffinati di François Keisermann, pittore svizzero, attivo a Roma e artista dei facoltosi nobili. Tra le opere esposte un raffinato Duomo di Firenze, datato 1862, interessante perché ancora non era stata realizzata la facciata attuale, di Josef Albert Berg, pittore svedese che trasferisce le atmosfere malinconiche e un po’ livide del nord.
a cura di Ilaria Guidantoni