Il nuovo film di Fabrizio Guarducci con Sebastiano Somma, Sandra Ceccarelli e Desirée Noferini, alias la sconosciuta, sarà al cinema prima come film-evento il 13, 14 e 15 dicembre e a seguire con distribuzione tradizionale. Prodotto e distribuito da Fair Play, è un piccolo gioiello di poesia, film delicato, sospeso, letterario con un impianto teatrale. Un film raro ormai per la struttura e la
raffinatezza: pennellate che affondano nell’animo, tutto giocato sul dialogo e gli sguardi, con grandi pause che sembrerebbero strane in un film che dura appena un’ora e un quarto. Evidentemente si può lasciare il segno senza dilungarsi, senza effetti speciali, soprattutto senza scene di sesso, sangue e violenza verbale. Non solo, questo film rappresenta il volo e il sogno del cinema nella sua semplicità di una storia quotidiana e apparentemente quasi inconsistente, perché si
stacca finalmente dalla tendenza ormai dominante di restare attaccati alla cronaca, di diventare documento o rappresentazione della realtà in senso televisivo. Il sogno come mostra il regista è dentro di noi come la seduzione è in uno sguardo e la comunicazione più profonda non ha bisogno di parole. Non c’è bisogno di far volare, spogliare, gridare nessuno.
Tratto dal libro omonimo, edito da Lorenzo De’ Medici Press, scritto dallo stesso regista, che
firma la sceneggiatura con l’attore Sebastiano Somma, Una sconosciuta è un film letterario per la cadenza e il tono dei dialoghi, quasi una lettura scenica. A parte l’inizio del teatro nel teatro, vista anche la passione del protagonista e della donna con la quale si ritrova dopo anni e dopo un dolore comune profondo che sembra averli divisi, autrice di romanzi, e il finale, c’è nello svolgimento della pellicola un ritmo scenico. Pochi cambi di scena e lunghe sequenze fisse come atti di una pièce.
Belle le musiche di Pino Donaggio di cui si avvale il film, sotto la direzione della fotografia di Stefano Spiti, del montaggio di Paolo Marzoni, dei costumi di Stefania Pisano. Premiato in numerosi festival nazionali e internazionali, Una sconosciuta ha inoltre vinto tre prestigiosi premi al Terra di Siena International Film Festival 2021: il Sanese D’Oro per il Miglior Film, per il Miglior Attore Protagonista a Sebastiano Somma e per il Miglior Produttore a Matteo Cichero.
Non lo si guarda per la trama esile eppure compiuta: il cerchio si apre con un arrivo, la ex donna del protagonista interpretata da Sandra Ceccarelli, seguito da quello della Sconosciuta e si chiude con una partenza, la ‘visita’ insieme a una figlia che non c’è più della coppia dopo che la donna misteriosa com’è arrivata è scomparsa.
I temi e le suggestioni sono molte grazie anche al grande equilibrio che il regista mantiene. Non si lascia sfuggire si mano la vicenda, non si fa prendere dal groviglio delle passioni, non insegue inutilmente la complicazione. Non c’è nessun colpo di scena. Tutto quello che normalmente avviene qui è sospeso. La protagonista del titolo è una scelta vincente, con la sua bellezza soave, elegante, sensuale ma non disturbante tanto che nessuna donna del paese ne è gelosa. Sembra quasi una creatura celestiale e gli abiti ne sottolineano questo carattere. Non parla ma comunica, dà risposte senza proferire verbo, è una presenza forte ma leggera, quasi impalpabile. Sembra leggere impassibile dietro il suo sorriso sincero. E’ uno strumento della maieutica che riesce a tirar fuori dagli abitanti di una cittadina ripiegata su se stesso la voglia di comunicare. In un luogo non ben definito della campagna italiana che sembra del Centro Italia, dal glorioso passato, ormai desertificata, torna ad essere vitale perché all’arrivo della sconosciuta la curiosità è tanta che la gente comincia ad uscire. La sua presenza suscita le più diverse reazioni e commenti fra i cittadini e gli avventori del bar che è solita frequentare in orari precisi. Il suo silenzio, enigmatico, riesce a tirar fuori spontaneamente dalle persone, lati a loro stessi sconosciuti, talora anche il peggio, la curiosità morbosa e il pettegolezzo; perfino l’idea che dietro ci sia un piano di marketing messo in atto dal proprietario del bar che dopo un periodo di crisi torna a far affari. Il film sembra dire che la verità, intesa nel senso di apertura, trasparenza, di ricerca, non come un punto di arrivo, riesca ad essere positivamente contagiosa, soprattutto con il suo silenzio. Infatti “il film, come del resto anche il libro, è stato scritto per riaccendere il dialogo fra i cittadini che non comunicavano più fra di loro – sottolinea il regista – e tutti gli elementi concorrono a far respirare conflitti ed emozioni del protagonista durante lo sviluppo della storia. La trasposizione dal linguaggio letterario a quello cinematografico, seppure si tratti di due mezzi diversi, ha rispettato il mood narrativo che contraddistingueva il libro”. Il finale, che non è l’ultima scena, ma che idealmente scioglie il nodo del film – che non si può raccontare – resta perfettamente nella linea del film, nella sospensione, nell’apertura alla vita che appunto ci sorprende ed è per questo che non è né bella né brutta ma originale, come direbbe Italo Svevo. Intrisa di malinconia ci suggerisce l’ironia del sorriso ripensando ai momenti difficili. Bella la chiusura del film in una successione di scene-atti: il monologo muto del protagonista guardando il libro che la Sconosciuta leggeva silenziosa ogni sera, il ritrovarsi alla giusta distanza di quella che era una coppia e la scena corale che come in una tragedia greca interpreta l’inconscio collettivo.
Chi è il regista
Fin dai tempi dell’Università, Fabrizio Guarducci si è sempre interessato al linguaggio come strumento per il miglioramento della società e dell’individuo. Convinto situazionista, ha svolto numerosi mestieri: tornitore, cameriere, cuoco, addetto alle vendite, guida turistica e creatore di animazioni con argilla, sabbia, carta e condensa su vetro. Nel 1971 fonda l’Istituto Lorenzo de’ Medici, una scuola internazionale di arte, restauro e archeologia. Nel 1980 ha presieduto l’Istituto di Scienze Cinematografiche di Firenze, collaborando con personaggi illustri come Marcello Mastroianni, Nikita Mikhalkov, Michelangelo Antonioni, Martin Scorsese, Bernardo Bertolucci, Tonino Guerra e Vittorio Storaro. La sua esperienza cinematografica inizia nel 1982 come assistente alla regia per il film Silhouettes. Dirige il documentario Dall’Arbia all’Orcia, premiato al PhilaFilm Festival di Philadelphia nel 1993. Ha prodotto Two Days con Paul Rudd nel 2003. Come produttore esecutivo ha realizzato Il Mio Viaggio in Italia, vincitore del Golden Eagle e, nel 2011, Una Vita da Sogno. Presidente dell’Istituto Lorenzo de’ Medici, nel 2015, Guarducci cura il restauro dei Moai sull’Isola di Pasqua ed in India con le Sorelle di Madre Teresa di Calcutta. Nel 2013 pubblica il saggio La parola ritrovata del quale Philippe Daverio ha scritto “Dopo Saussure, questo è il saggio più importante e completo sul linguaggio come mezzo di comunicazione che abbiamo atteso da oltre 150 anni”. Nel 2015 pubblica Theoria, Il divino oltre il dogma: “Questo libro rappresenta un prezioso laboratorio spirituale” (Vito Mancuso). Nel 2016 esce il suo primo romanzo, Il quinto volto, un thriller storico sul mistero che ha come cornice l’assassinio di Masaccio, l’uomo che ha creato il Rinascimento. Nel 2016 Fabrizio fonda anche la società di produzione cinematografica Fair Play. Nel 2017 scrive e dirige il suo primo lungometraggio Mare di Grano, premiato e selezionato in numerosi festival con Ornella Muti, Sebastiano Somma e Paolo Hendel. Sempre con Fair Play, ha scritto e diretto Anemos, attualmente in post-produzione, e sta sviluppando Il Quinto Volto, basato sul suo romanzo. Nel 2019 pubblica il romanzo La parola perduta, nel 2020 esce il romanzo Una Sconosciuta e nel 2021 Duetto.
Chi è Fair Play
E’ una società di produzione cinematografica che nasce nel 2016 e nella quale attualmente il ruolo di Produttore/Direttore Generale è ricoperto da Matteo Cichero. L’idea che muove Fair Play è di riunire svariate professionalità e sensibilità intorno ad un’idea di cinema che sappia valorizzare il rapporto dell’uomo in funzione dell’ambiente che lo circonda e della società in cui vive. Il cinema come rinascita di un umanesimo troppe volte sepolto dall’Io imperante dei nostri giorni, a discapito dell’unione di menti e sentimenti che creano opportunità e cultura. Con questa mission, Fair Play crea la sua linea editoriale selezionando progetti cinematografici che, con stili e generi diversi, si sappiano distinguere nel panorama nazionale e internazionale.
A cura di Ilaria Guidantoni