Tondo Benedetto da Maiano
In mostra sessant’anni di mercato dell’arte, un binomio vincente
La Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze – aperta al pubblico dal 21 al 29 settembre – a Palazzo Corsini, festeggia sessant’anni di attività che, come ha sottolineato il sindaco Dario Nardella in occasione della preview per la stampa, hanno avuto il merito di sdoganare il mercato dell’arte che ha subito un ostracismo forte anche da parte della comunità intellettuale. Arte e mercato possono convivere e grazie alla loro relazione è possibile mantere il patrimonio artistico. Ogni anno la Biennale sceglie infatti tre opere finanziandone il restauro. L’edizione 2019, ancor più della precedente, vede la pittura protagonista, mentre il mobile è quasi una comparsa, insieme a oggettistica e un po’ di ceramica. Quello che spicca a parte qualche rassegna importante di arte antica, è il dominio della pittura tra Otto e Novecento che anche nella città dell’antiquariato per eccellenza fa la parte del leone con una presenza importante di artisti toscani. Gli allestimenti per la seconda volta sono del design Matteo Corvino, che ha saputo unire con l’uso deciso del colore il gusto rinascimentale fiorentino a un tocco di contemporaneità.
Guardando la mostra, forse la numero uno al mondo, viene da chiedersi dov’è finito l’antiquariato, almeno quello del mobile: restano i quadri, le sculture, qualche oggetto e i tappeti – imperdibile lo stand di Mirco Cattai – ma la casa di ieri non si vede più.
Con la manifestazione in corso si è aperta anche la prima «Florence Art Week», della quale abbiamo avuto modo di vedere la mostra «La Firenze di Giovanni e Telemaco Signorini» a Palazzo Antinori, promossa dal Centro Matteucci; e «RAM tra Novecento e Metafisica. La natura ricreata» da Frascione Arte in via Maggio, una delle vie principali degli antiquari coinvolta in varie manifestazioni insieme a Via dei Fossi, Via Tornabuoni e Ponte Vecchio. L’esposizione, a cura di Susanna Ragionieri, è interessante perché presenta 34 opere in una bella e suggestiva cornice, di RAM, acronimo per Roger Alfred Michaelles, fiorentino morto nel 1976, fratello del celebre Thayaht, molto più conosciuto con opere che spaziano dagli anni Venti agli anni Sessanta e ci raccontano un artista poco noto che cita la storia pittorica della prima metà del Novecento.
Alcune gallerie organizzano Mostre collaterali dall’arte antica a quella contemporanea come la Galleria Bacarelli Antichità in collaborazione con Botticelli Antichità e la Galleria Continua di San Gimignano, una mostra con opere di Michelangelo Pistoletto, Anish Kapoor e Daniel Buren (che BeBeez aveva visitato due estati fa), in dialogo con quelle dell’arte classica, proprio all’ingresso della Biennale.
Iniziative anche al Museo del Novecento con le mostre in corso «Nel Novecento. Da Modigliani a Schiele da De Chirico a Licini»; «Solo. Gino Severini, monografica dell’artista toscano; «Paradigma. Il tavolo dell’architetto» protagonista Adolfo Natalini e ancora una personale di Sandra Vàsquez de Horra, Agua profundas; la prima personale dell’artista cinese Wang Yuyang; l’installazione site specific di Rebecca Moccia e la mostra del ciclo Campo Aperto dedicata a Lino Mannocci. Alla Galleria Marletta è aperta la mostra «XX il genere femminile nell’arte del Novecento italiano». La Galleria Il Quadrifoglio a Palazzo Larderel, nella zona dello shopping elegante, via Tornabuoni, apre un’esposizione con una selezione di opere dal XVI al XX secolo, principalmente sculture. Casa Botticelli e Galleria Botticelli Antichità mettono in mostra opere dagli anni Cinquanta agli anni Settanta nel Novecento di Marcello Fantoni.
E ancora, la Galleria Giovanni Turchi presenta una sessione fotografica che fa parte del progetto «Impossible Humans» dedicata a persone del nuovo Rinascimento fiorentino.
Da citare anche la collaborazione con il Teatro del Maggio Fiorentino, partner importante dell’edizione 2019, dov’è allestita tra l’altro la mostra fotografica «Biennale in bianco e nero», una selezione degli scatti più significativi della Biennale a cura dell’antiquario Bruno Botticelli.
Una mostra densa sotto molti profili dove ognuno troverà il proprio percorso.
Nell’antico spicca tra gli altri, nella ricca selezione di opere che la Galleria Longari Arte di Milano, un imponente tondo marmoreo di 105 cm di diametro raffigurante la Madonna col Bambino e San Giovannino di Benedetto da Maiano, un’opera fin ad ora completamente inedita, di grande bellezza, e oggetto di un attento studio di attribuzione da parte di Francesco Caglioti nel saggio “Un tondo bozzato di Nostra Donna”, opera di Benedetto da Maiano pubblicato sulla rivista Prospettiva numero 167-168. Rinvenuto all’interno di una villa dell’antico contado fiorentino, il tondo è uno degli ultimi lavori di Benedetto da Maiano nella sfera della committenza privata, rimasto incompiuto a seguito della morte dell’artista nel 1497 e condotto a termine da una mano anonima negli anni trenta del ‘500. Secondo Caglioti è questa un’opera fondamentale nella conoscenza del lavoro di uno tra i grandi maestri scultori del Rinascimento fiorentino, “capomaestro insuperato della scultura fiorentina dell’ultimo quarto del Quattrocento, e apripista per tutti i migliori esponenti della Maniera Moderna nel suo stesso ambito, incluso Michelangelo”.
La nostra tappa tra Otto e Novecento è da 800/900 Artstudio di Filippo Bacci di Lucca che nel grande spazio allestito, insieme ad un varietà di artisti, dedica un omaggio a Galileo Chini, con una serie di vasi e un grande olio su tela, un pannello decorativo con due putti che avviluppati da nastri sorreggono una ghirlanda di rose, realizzato per la Sala Giovane Etruria – che decora in soli tre giorni – all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906.
Il Novecento ha i colori della Galleria Tornabuoni che ci porta da Roberto Casamonti e alla sua collezione del Novecento, il secondo capitolo, che abbiamo raccontato prima dell’estate, a Palazzo Bartolini Salimbeni in Via Tornabuoni. In mostra un’antologia del secolo scorso con due importanti Giuseppe Capogrossi – tra cui Superficie in sughero su faesite laminato in oro – Alberto Burri, Lucio Fontana, Paolo Scheggi e Alighiero Boetti.
Nella scultura una sosta merita quel Cristo legato di Giacomo Manzù, iconografia lontana dall’arte sacra esposta da Maurizio Nobile (Galleria di Bologna e Parigi).
Il contemporaneo trova un suo spazio con la Galleria Poggiali che sceglie poche grandi opere contemporanee, oltre l’antiquariato, di Gilberto Zorio, al di là della definizione di contemporaneo in senso stretto dal punto di vista cronologico.
Nell’alcova al primo piano di Palazzo Corsini si tiene invece la mostra «Universo Bardini», un progetto espositivo a cura di David Lucidi sulla figura di Stefano Bardini, principe degli antiquari, dedicata non alla sua consueta accezione di mercante-collezionista, quanto al suo ruolo di protagonista nelle vicende del collezionismo d’arte tra Otto e Novecento, alla sua capacità di promuovere, attraverso un fitta rete e preferenziali sodalizi con alcuni tra influenti magnati del tempo, suoi amati clienti ed estimatori, la creazione di prestigiose collezioni internazionali divenute oggi, il fulcro portante di importanti musei, come il Bode Museum di Berlino, il Musée Jacquemart André di Parigi o l’Isabella Stuart Gardner Museum di Boston, di gestione e fruizione pubblica.
Il primo aspetto portante della mostra riguarda la personalità di Stefano Bardini in qualità di esteta, artista e progettista di scenografie emozionali per la sua vasta collezione di sculture, pitture e arti decorative allestite, il suo meticoloso progetto di studio, ricerca espositiva e luministica, all’interno del palazzo fiorentino in piazza de Mozzi.
L’idea è di ricreare all’interno dell’Alcova Corsini alcuni contesti dell’antico palazzo Bardini, oggi sede del Museo Stefano Bardini. In mostra alcune opere, concesse in prestito da collezionisti ed antiquari, collocate sullo sfondo delle grandi riproduzioni, tutte provenienti dalle raccolte Bardini e selezionate tra le più fotografate in variegati contesti di allestimento all’interno dell’antico palazzo di piazza de Mozzi. Per l’occasione sono esposte opere oggi confluite nel percorso espositivo del Museo fiorentino, selezionate secondo tre criteri, quelle tra le più fotografate negli allestimenti d’epoca; quelle che maggiormente rappresentano l’estetica espositiva Bardini attento collezionista anche di tipologie artistiche secondarie, come maioliche, bronzetti e armi, e quelle opere ancora oggi poco note, sia al pubblico che agli studi, recuperate dai depositi del Museo con lo scopo preponderante di promuoverne la fruizione e il futuro interesse della critica.
Il secondo aspetto della mostra è quello di documentare come il ruolo di Bardini collezionista e mercante d’arte, abbia permesso tra Otto e Novecento l’affermazione di determinati soggetti e nuclei artistici, lo sviluppo di una peculiare estetica di allestimento legata alla necessità di ricontestualizzazione delle opere d’arte estirpate dal loro contesto originario, tendenza che decretò la fortuna oltreoceano del mito dell’Italia e della Firenze rinascimentale, ma anche quello della casa del Rinascimento.
A cura di Ilaria Guidantoni