La Villa Reale di Monza, nel Belvedere, ospita, fino al 21 agosto, la mostra Yōkai. Le Antiche Stampe dei Mostri Giapponesi, a cura di Paolo Linetti, che trasporta il visitatore in un viaggio fantastico con storie che miscelano mito, brivido e mistero, attraverso duecento opere dei più spaventosi artisti giapponesi del XVIII e XIX secolo.
Xilografie, rari libri antichi, e poi ancora abiti storici, armi tradizionali, un’armatura samurai e la preziosa collezione Bertocchi: 77 netsuke, piccole sculture in avorio e legno, finora mai esposte al pubblico, una sorta di bottoni o meglio di fermagli preziosi.
La mostra si apre con una sala immersiva che fa rivivere al visitatore l’esperienza della più leggendaria prova di coraggio dei samurai, il rituale delle Cento Candele e poi si struttura come un viaggio a tappe, le stazioni, in un percorso tradizionale con opere preziose ma una lettura e una fruibilità che ha l’ambizione di essere “una crociata contro l’uggia delle mostre d’arte”, secondo la filosofia di Chiara Spinnato, fondatrice di Vertigo Syndrome, che proprio a Monza, città nella quale vive, ha scelto di produrre la prima mostra della sua nuova società di ideazione, organizzazione e produzione di eventi artistici e culturali.
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Un’esposizione non per i produttori di arte e per i critici, o chi ha già un’alfabetizzazione, ma una mostra per tutti, per vivere e divertirsi con l’arte oltre che per conoscerla.
In tal senso il tocco curatoriale è leggero: il lavoro secondo Paolo Linetti dev’essere nascosto e non riconoscibile perché è il demiurgo delle mostre a doversi conformare a quanto espone e non il contrario. In questo caso il gioco è anche un dialogo ardito tra due culture molto lontane, quella giapponese il cui colore imperiale è il viola e quella occidentale, rappresentata dalla Villa Reale, con la sua impronta asburgica settecentesca, tipica delle ville di delizia lombarde.
La mostra, ideata e prodotta appunto da Vertigo Syndrome, con il patrocinio del Comune di Monza, presenta stampe, rari libri antichi, abiti, armi, spade, un’armatura samurai, oltre alle citate netsuke, così come un rotolo a scorrimento lungo 10 metri, anche questo esposto per la prima volta, che racconta la vicenda di Shutendoji, una creatura mitologica (Oni) a capo di un esercito di mostri che infestava il monte Oe nei pressi di Kyoto.
Un’ulteriore opportunità più che eccezionale offerta dalla mostra Yōkai è la possibilità di ammirare alcuni dei famosi quaderni manga di Hokusai e altri suoi capolavori.
Da cosa è ispirata quest’esposizione? Cento Candele e Mille Spaventose Creature. Il rituale macabro delle cento candele è la grande idea alla base della mostra che, ispirandosi a una leggendaria prova di coraggio iniziata da alcuni samurai nel XVII secolo, fa avanzare il visitatore attraverso una narrazione che stimolerà il suo coinvolgimento, non solo in termini didattici, ma anche emotivamente.
Il rituale iniziava dopo l’ora del tramonto: i samurai si ritrovavano in una stanza illuminata dalla luce di cento candele. Ogni samurai raccontava una storia agli altri compagni con l’obiettivo di spaventarli con racconti popolati di mostri appartenenti alla tradizione giapponese; alla fine di ogni storia si spengeva una candela. Il clima di tensione e la paura aumentavano con l’affievolirsi della luce fino al buio completo prima dell’alba, quando si diceva che arrivasse il fantasma. Ora il mostro però non viene ucciso come nella tradizione occidentale perché non è funzionale all’eroe ma ha un ruolo catartico. Inoltre il tema della vendetta nella cultura giapponese serve a ripristinare l’ordine delle cose e non ha il senso deteriore morale presente nella cultura europea.
Tra le molte figure in esposizione, gli Yōkai, il cui termine indica letteralmente i mostri, troviamo le Jorogumo, avvenenti donne che rivelano alle vittime la loro reale natura di enormi ragni, talora portando in braccio un bambino che poi si rivela una sacca di uova: nella tradizione la donna e l’uomo legati affettivamente sono tra loro connessi con un filo rosso che nel caso delle donne ragno diventa una ragnatela di fili fortissimi. Ci sono anche i Tanuki, simpatici tassi trasformisti; i Bakeneko, gatti mostruosi a due code; i Kappa, esseri acquatici, che importunano le natanti che l’artista Cossetti ha realizzato con una grande scultura; le Ningyo le sirene giapponesi la cui carne profumatissima può donare agli uomini giovinezza o morte atroce; Okiku, il fantasma inconsolabile che cerca il decimo piatto a lei rubato…
Sono i mostri di queste storie, rappresentati nelle magnifiche opere dei più famosi artisti giapponesi del XVIII e XIX secolo, che impreziosiscono il percorso che conduce il visitatore in un emozionante viaggio tra gli spiriti, le creature e i mostri del folklore nipponico: creature a volte grottesche, altre dispettose, spesso e volentieri spaventose, che abitano da sempre l’immaginario collettivo e il quotidiano degli uomini e delle donne giapponesi, tutti ben consapevoli di coesistere e di venire in contatto con questi esseri inquietanti. Tra questi s’incontrano anche i Kodama, spiriti delle piante, gli Omukade (centopiedi giganti e velenosi), gli immensi Kaiju (bestie solitamente provenienti dal mare), gli Oogumo (ragni delle caverne dalle dimensioni di vitelli che prosciugano i dormienti), volpi trasformiste, i Gama (rospi vampiri); o ancora le Kitsune (volpi); gli Yurei (spettri e ritornanti).
Il percorso espositivo, tra antichi artisti giapponesi e una nuova illustratrice Rockstar
Il viaggio, suddiviso in undici sezioni, è pensato come un viaggio all’interno dell’immaginario giapponese, che si apre, come già detto con una sala immersiva dove i visitatori fanno il loro ingresso in una stanza totalmente buia, illuminata soltanto dalla fioca luce di cento candele che rivela la presenza delle opere. Le candele si spengono poi una ad una accompagnate dalla voce roca di un attore che impersona il fantasma di un vecchio samurai, morto dopo essere impazzito per aver incontrato un vero mostruoso Yōkai nella notte.
Il Rituale delle cento candele ebbe una grande influenza sul mondo dell’editoria e alla Villa Reale si trovano alcuni preziosi volumi riccamente illustrati che raccolgono le leggende narrate in queste occasioni, oltre a un importante nucleo di xilografie policrome che davano forma ai racconti, realizzate dai più famosi artisti giapponesi del XVIII e XIX secolo.
Ognuno di questi autori era specializzato nel suscitare un diverso sentimento in chi le osservava; è così che Tsukiyoka Yoshitoshi, ultimo grande maestro dell’Ukiyo-e, sapeva rendere l’opera sanguinosa e terrificante, come ne l’Uccisione del vecchio Tanuki da parte di Naoyuki nel palazzo di Fukujima; Kuniyoshi Utagawa era in grado di rendere la scena spaventosa e di forte impatto visivo, come nel trittico La principessa strega Takiyasha e lo scheletro [del padre] da Storia di Utö Yasutaka, in cui l’enorme scheletro incombe su tutto l’impianto compositivo; d’altro canto, Chikanobu Yoshu è noto per la massima tensione psicologica che sapeva infondere nei suoi lavori, Kyosai Kawanabe per l’atmosfera divertente e grottesca, mentre Kunisada, con la sua onnipresente e posata grazia, era invece l’autore ideale per generare empatia verso protagoniste tragiche e romantiche.
Ci sono le citate Netsuke che le donne dell’alta borghesia e della nobiltà chiamavano con orgoglio “i bottoni giapponesi”, già conosciuti a partire dal XVII secolo, che venivano usati come elemento accessorio dei kimono per ancorare oggetti come contenitori, borsellini, tabacchiere e altro. La varietà della raccolta è documentata da una vasta eterogeneità di esemplari: dagli shishi, talismani a forma di leoni canidi che allungavano la vita, agli oni intenti ad aggrapparsi a un elefante, o a un vecchio saggio che cavalca una carpa a molti altri ancora.
L’iniziativa si completa con una sezione prodotta dalla casa editrice Hop!, con le opere di Loputyn, nome d’arte di Jessica Cioffi, l’illustratrice bresciana seguita come una rockstar da una vivace nicchia di hotaku appassionati di manga, che propone sei tavole originali, create per l’occasione che s’ispirano e interpretano altrettante leggende giapponesi. Ogni illustrazione presenterà in chiave contemporanea un racconto e un mostro grazie allo stile che la caratterizza in maniera inequivocabile. Tutte le sei illustrazioni creeranno un piccolo volume realizzato da HOP! e venduto esclusivamente presso la mostra e poi mai più, diventando di fatto un oggetto raro da collezione.
Una serie di eventi collaterali collegati alla mostra animeranno i mesi estivi con conferenze, workshop, concerti e visite guidate.
Accompagna la mostra un catalogo d’arte Skira, partner editoriale della mostra Yokai, grazie alla realizzazione e alla produzione di un volume di pregio che presenta grandi riproduzioni delle opere della mostra, i segreti le curiosità e le leggende ad esse collegati, in collaborazione con Vertigo Syndrome e con la curatela di Paolo Linetti.
L’occasione della mostra è anche quella di vedere e rivedere la Villa Reale con i suoi giardini di delizie fatta costruire da Maria Teresa d’Austria tra il 1777 e il 1780 con una spesa equivalente a 4 milioni di euro per il figlio Ferdinando che si innamorò del luogo. Ai tempi nella zona della Brianza e delle sue colline più salubri di Milano c’erano circa 300 ville con ampi parchi molte di proprietà dell’aristocrazia milanese ma nessuna pareva fare al caso degli Asburgo. Iniziata dal Vanvitelli che ne dettò l’idea generale, fu realizzata dal Piermarini e oggi finalmente ha riaperto dopo grossi lavori di restauro con l’importante intervento dell’architetto Michele De Lucchi. Il restauro conservativo lascia vedere la stratificazione della storia e gli interventi successivi in un ambiente dove hanno risieduto d’estate anche i Savoia e dove hanno mangiato i grandi d’Europa. Tra le curiosità una sala con tavolini da gioco Maggiolini, intarsiatori di Parabiago, in provincia di Pavia, dove nei cassetti si leggono ancora le scritte dei giocatori del tempo e le tracce degli impianti elettrici: questa è stata una delle prime regge europee a dotarsi dell’elettricità e di un ascensore.
a cura di Ilaria Guidantoni