di Stefania Peveraro
direttore di BeBeez
chairman & founder di EdiBeez srl
Cari lettori,
questo mese vorrei portare la vostra attenzione su un paio di trend di cui mi sono resa conto osservando i dati di mercato del private capital italiani e internazionali. Il primo è il tema della nostra inchiesta di copertina e cioè il peso del corporate venture capital. E’ evidente a tutti che lo scorso anno l’attività di venture capital ha subito un colpo importante sia a livello di raccolta sia a livello di investimenti, ma quello che non è così chiaro è che tra gli investitori c’è una categoria particolarmente motivata, che è quella delle aziende industriali, che ormai a livello europeo rappresenta stabilmente il 13% delle fonti di raccolta di fondi di venture e che in Italia rappresenta almeno il 10%. E se questo tipo di investitori è presente sul fronte del funding, lo è perché spesso alla fine è interessato a individuare startup e scaleup che possano portare idee nuove per il loro business e quindi in ultima analisi le stesse aziende coporate possono rappresentare delle ottime controparti per l’exit dei fondi. Punto questo che sempre stato critico soprattutto in Italia. Quindi felici di aver evidenziato questo trend e di aver scoperto che nel nostro paese ci sono tanti operatori al lavoro su questo fronte.
L’altro tema è comunque legato a quello del fundraising e delle exit, anche se sul fronte del private equity. Leggendo l’ultimo Report di PitchBook dedicato al fundraising dei fondi di private capital, ho visto che il ritmo della raccolta è sostanzialmente rimasto stabile nel primo trimestre dell’anno rispetto al primo trimestre 2023 con circa 295 miliardi di dollari raccolti contro 298,4 milioni, ma quello che è cambiato è il tasso di concentrazione, perché il numero di fondi raccolti nel periodo è diminuito del 45,9%: i fondi superiori al miliardo di dollari rappresentano attualmente l’81,2% dei dati di raccolta del primo trimestre 2024. L’altra cosa interessante è che, dopo i fondi di private equity, che hanno raccolto il 52,9% del totale, a catalizzare l’attenzione degli investitori sono stati i fondi di secondario con l’11,8% del totale. E questo dopo che la raccolta di fondi di secondario è stata di ben 81,7 miliardi di dollari nel 2023, in aumento del 124,5% su base annua. Diversi gestori secondari hanno chiuso fondi per oltre 10 miliardi di dollari nel 2023 e nel 2024.
E questo perché il net asset value dei fondi private capital, che ammonta a quasi 10 mila miliardi di dollari a livello globale, sta invecchiando. Secondo le stime di PitchBook, infatti, il 33,5% del NAV, per un valore cioè di ben 3,2 trilioni di dollari, a fine giugno 2023 era rappresentato da partecipazioni che erano in portafoglio da almeno sette anni: una percentuale che è cresciuta in maniera sensibile dal 23% di fine 2020. Tutto ciò a seguito del fatto che il rialzo repentino e importante dei tassi di interesse ha abbassato le valutazioni e reso più complicati i disinvestimenti, riducendo quindi i flussi di rimborso agli investitori e rendendo di conseguenza più difficile la raccolta di nuovi fondi. I fondi di secondario, infatti, sono strutturati per offrire agli investitori un’uscita anticipata dai fondi in caso di necessità, ma la loro diffusione è aumentata negli ultimi tempi perché molti operatori di private equity si sono rivolti a loro come investitori in nuovi fondi, cosiddetti di continuazione, nei quali hanno trasferito singole partecipate o gruppi di partecipate acquisite tempo prima attraverso vecchi fondi, ma che si ritiene possano avere ancora strada da fare in termini di crescita e che per questo motivo si vogliono mantenere in portafoglio, dando però la possiblità a chi vuole dei vecchi investitori di uscire dall’investimento. Si tratta delle cosiddette GP-led secondary transactions. I fondi di continuazione sono passati da 14 nel 2020 a 54 nel 2021 e si sono attestati su livelli simili nel 2023. Tra i lead investor più attivi in questi fondi figurano noti acquirenti secondari come Hamilton Lane, HarbourVestPartners, Lexington Partners e Stepstone Group. Alcune operazioni di questo tipo hanno già riguardato aziende italiane. In passato, per esempio, Teamsystem e Dainese, e poi ora Multiversity e probabilmente Recordati. Tutte operazioni che di solito si intrecciano con operazioni di rifinanziamento del debito, altro trend particolarmente caldo in questi mesi e di cui parliamo nell’ultima Insight View di BeBeez.
Buona lettura!