Moby, gruppo armatoriale controllato dalla famiglia Onorato, ha ricevuto una contro-offerta dal comitato degli obbligazionisti, che sono riuniti nell’Ad Hoc Group e sono prevalentemente hedge fund, tra i quali Soundpoint Capital, Cheyenne Capital, BlueBay, Aptior Capital e York Capital. Lo riferisce Reorg.
La contro-offerta segue la nuova proposta di ristrutturazione del debito presentata a inizio mese da Moby nei confronti dei maggiori creditori e cioé le banche esposte per 260 milioni e appunto gli obbligazionisti per 300 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). Proposta che evidentemente non è piaciuta ai membri dell’AdHoc Group.
Si diceva infatti che Europa Investimenti e la controllante Arrow Global avessero proposto ai creditori di Moby una iniezione di liquidità, ma con due alternative di rimborso dei crediti. La prima comprendeva un riconoscimento immediato del 30% del credito e la seconda opzione prevedeva invece un rimborso in percentuale più limitata, ma con la prospettiva di ottenere altri soldi negli anni successivi a seguito della cessione di 8 navi della flotta di Moby e Tirrenia Cin nell’arco di 5 anni e al contempo di creare una nuova società che diventerebbe proprietaria di tutta flotta e che successivamente cederebbe in lease back a Moby i traghetti. Europa Investimenti entrerebbe con una quota azionaria in questa nuova società proprietaria delle navi. La proposta per il salvataggio di Moby da parte di Europa Investimenti e Arrow Global prevede che la famiglia Onorato resti azionista e alla guida dell’azienda con un piano di sviluppo già definito, in modo da mantenere i livelli occupazionali.
La controproposta arrivata in questi giorni dal comitato degli obbligazionisti, prevede invece una iniezione di nuova finanza (per un importo di 30 milioni), garantiti da un collaterale sulle navi da 70 milioni e un rendimento molto elevato, giustificato dal fatto che Europa Investimenti non chiederebbe paletti sulla governance aziendale, lasciando il totale controllo alla famiglia Onorato.
Moby, assistita dai legali di Gianni Origoni e Grippo, sostiene che la sua proposta di inizio febbraio, migliorativa rispetto alle precedenti, sta ottenendo buoni riscontri da creditori istituzionali e dai commissari di Tirrenia, così come la proposta sulla governance. La società inoltre ritiene che la contro-proposta di Ad Hoc penalizzerebbe i creditori e l’azienda. Le percentuali di recupero indicate nel piano di Moby presentano, al momento, per le banche una percentuale di recupero del 75% (15% subito per cassa e 60% con un credito rimanente) e dell’85% per gli obbligazionisti (10% per cassa e il 75% come credito restante). Le parti avranno tempo fino al 28 marzo 2021 per trovare un accordo sul piano di ristrutturazione del debito di Moby e depositare il piano concordatario in tribunale.
Lo scorso 28 dicembre era scaduto il termine fissato dal Tribunale di Milano per la presentazione del piano concordatario definitivo o dell’accordo di ristrutturazione del debito di Moby e Tirrenia-Cin. Entrambe le società avevano però chiesto il 22 dicembre un’ulteriore proroga del termine, rispetto a quella già concessa lo scorso ottobre (si veda altro articolo di BeBeez), sulla base di quanto previsto dal Decreto Liquidità. Lo scorso dicembre i nomi che circolavano come potenziali investitori a supporto del concordato erano quelli di Fortress Investment Group, di Clessidra sgr, tramite il suo Clessidra Restructuring Fund, e di Europa Investimenti (gruppo Arrow Global), con quest’ultima in pole position.
Il gruppo Moby era stato ammesso al concordato in bianco nel luglio 2020 dal Tribunale di Milano (si veda altro articolo di BeBeez). L’obiettivo del concordato è accelerare l’intesa con banche e obbligazionisti. La compagnia di traghetti controllata dalla famiglia Onorato non aveva pagato né la cedola sul bond da 300 milioni di euro, con scadenza 15 febbraio 2023 e cedola del 7,75%, negoziato alla Borsa del Lussemburgo, né gli interessi dovuti sulla linea di credito revolving da 260 milioni, per il pagamento dei quali era stato lasciato scadere anche il periodo di grazia (si veda altro articolo di BeBeez). In conseguenza di questo, nell’aprile 2020 Moody’s aveva declassato Moby, riducendo a C da Ca il rating corporate e a Ca da Caa3 il rating del bond. Inoltre, l’agenzia di rating aveva lasciato l’
A fine luglio 2020 Moby aveva sottoposto ai suoi finanziatori una proposta che prevedeva il rimborso dei bond a un prezzo compreso tra 20 e 25 centesimi e un allungamento di 10 anni della scadenza del debito bancario. Il prezzo dei bond sarebbe stato pagato grazie ai proventi della vendita della divisione mezzi ausiliari. E infatti Moby fin dall’aprile 2020 è in trattative per vendere il suo ramo d’azienda dedicato ai mezzi ausiliari. Tra i possibili acquirenti si dice che ci sia l’imprenditore Davide Calderan, attivo nel settore a Venezia. La divisione varrebbe attorno ai 40-50 milioni. Se poi si considerano anche i contratti di concessione, il ramo d’azienda potrebbe valere sino a 70 milioni, ma sulla cessione pende la spada di Damocle delle revocatorie (si veda altro articolo di BeBeez).
A causa dell’emergenza Covid-19 il gruppo non ha pubblicato il bilancio 2019 né i conti trimestrali 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). Si dice però che al 30 giugno scorso Moby abbia registrato una perdita netta di circa 50 milioni di euro mentre l’indebitamento complessivo lordo aveva raggiunto quota 643,8 milioni. Di questi, poco meno di 160 milioni sono debiti verso le banche, 295 milioni verso altri finanziatori (obbligazionisti), 39,3 milioni verso fornitori e 140 milioni verso imprese controllate.
I numeri dei 9 mesi 2019 del gruppo diffusi a dicembre 2019 avevano già evidenziato un netto peggioramento della situazione della cassa (si veda altro articolo di BeBeez): a fine settembre 2019 Moby aveva cassa per 56,2 milioni contro gli 89 milioni di euro di fine giugno e contro i 125,5 milioni di cassa che aveva a fine settembre 2018. Nei nove mesi 2019, quindi, il gruppo armatoriale aveva bruciato oltre 115,9 milioni di euro dopo i 108,1 milioni bruciati nei primi nove mesi del 2018, mentre tra gennaio e giugno era stata bruciata cassa per 83,1 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). Nei nove mesi i ricavi erano in crescita a 501,3 milioni di euro dai 478,8 milioni dei nove mesi 2018, con un ebitda ricorrente a sua volta in rialzo a 118,6 milioni (da 68,3 milioni) al netto degli effetti del nuovo standard contabile IFRS16, con un debito finanziario netto in rialzo a 591,3 milioni (da 558,6 milioni), che però al lordo dell’impatto dell’IFRS16 diventa di 728,5 milioni. Ricordiamo che già dopo i numeri della semestrale 2019, i fondi obbligazionisti nel settembre 2019 avevano presentato al Tribunale di Milano un’istanza di fallimento nei confronti di Moby, lamentando un’insolvenza prospettica e futura, prevedibile nel febbraio 2020, quando Moby avrebbe dovuto pagare la cedola sul bond (si veda altro articolo di BeBeez)
Nel maggio 2020 i commissari straordinari di Tirrenia hanno sequestrato navi di Moby-Cin per un importo complessivo di 115 milioni di euro. La mossa è dovuta al fatto che i tre commissari si sono resi conto che non è possibile prelevare tali somme sui conti bancari di Tirrenia, a meno di intaccare la gestione ordinaria e sottrarre risorse alla sua attività di trasporto, con un forte impatto sulla garanzia del trasporto marittimo sulle rotte gestite dalla compagnia di navigazione (si veda altro articolo di BeBeez). Moby deve infatti sistemare la questione del debito residuo da 180 milioni di euro a saldo dell’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin che nel 2012 ancora non era di Moby e che Moby deve ancora a Tirrenia. Quest’ultima era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 135 milioni erano stati pagati al closing dell’operazione nel luglio 2012 e altri restanti 62 milioni pagati nel febbraio 2016 in occasione del rifinanziamento del debito (si veda altro articolo di BeBeez). I restanti 180 milioni dovevano essere pagati in tre rate: la prima rata da 55 milioni andava pagata nell’aprile 2016, la seconda da 60 milioni entro l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021.
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