di Sergio Governale
Va in porto con risultati record il turnaround del gruppo Officine Maccaferri, che a ottobre scorso ha ricevuto l’omologa del concordato dal Tribunale di Bologna (si veda altro articolo di BeBeez) e che non a caso nelle scorse settimane è stato messo sul mercato dai fondi azionisti, che hanno assunto Lazard come advisor finanziario e DLA Piper e Latham Watkins come advisor legali (si veda altro articolo di BeBeez) e avrebbe già riscontrato l’interesse di fondi di private equity e di soggetti industriali. Secondo quanto riferito nei giorni scorsi da Il Messaggero, che parla di una valutazione di 700 milioni di euro, in corsa ci sarebbero Bekaert, azienda belga che si occupa della produzione, lavorazione, trasformazione e rivestimento di fili e cavi d’acciaio; le americane Solmax (gruppo del geosintetico) e Tencant (specializzata nei prodotti per l’industria delle materie prime); e i fondi di private equity di Permira, Blackstone, CVC, Rhone Capital e Rivean.
Il colosso storico dell’ingegneria, che offre soluzioni avanzate ai mercati delle costruzioni civili, geotecniche e ambientali con 23 stabilimenti in quattro continenti, oltre 3.000 dipendenti e una presenza diretta in 70 Paesi e commerciale in oltre 130, ha infatti registrato nel 2022 performance straordinarie, grazie all’aumento dei volumi di vendita, al miglioramento dei margini industriali, al controllo dei costi di struttura, dei costi diretti di vendita e degli oneri finanziari, chiudendo l’anno con risultati in termini di fatturato e redditività più elevate nei suoi 144 anni di storia (si veda qui il comunicato stampa).
I ricavi archiviati alla fine dello scorso mese di dicembre hanno sfiorato i 666,7 milioni di euro (+23,1% da 540,5 milioni), mentre l’ebitda è triplicato in tre anni a 89 milioni (+40,9% da 63,2 del 2021 e dai 30,2 milioni del 2020), grazie anche a un sempre maggior focus su prodotti specialty. Il gruppo ha quindi chiuso con un ebitt di 69,9 milioni (+64% da 42,4 milioni) e con un utile netto di 199,3 milioni (da 20,7 milioni). Un risultato, quest’ultimo, dovuto essenzialmente a ben 161,8 milioni di euro di proventi straordinari derivanti dall’esdebitazione del debito della capogruppo a seguito dell’omologazione del piano di concordato preventiv: al netto di questa componente, il risultato sarebbe stato comunque positivo e circa doppio rispetto al 2021. Quanto alla situazione patrimoniale, l’anno si è chiuso con liquidità netta per 60,7 milioni, dopo un 2021 chiuso con un indebitamento finanziario netto di 188,1 milioni.
Su quest’ultimo fronte, ricordiamo che nell’ottobre 2022, come previsto, l’assemblea straordinaria dei soci aveva approvato ed eseguito l’aumento di capitale da 60 milioni di euro, interamente versato dai fondi Carlyle Global Credit Investment Management, l’hedge fund britannico Man GLG e il newyorkese Stellex Capital Management, riuniti in Ad Hoc Group, che dallo scorso anno controllano il gruppo attraverso OM Topco sarl (si veda altro articolo di BeBeez). I tre fondi erano originariamente i principali sottoscrittori del bond da 190 milioni di euro cedola 5,75% a scadenza 2021 emesso nel 2014 dal colosso storico dell’ingegneria.
Sotto la guida del direttore finanziario Giampietro Gardellini, parte dell’aumento di capitale è già stato utilizzato per rimborsare i creditori come previsto dal piano e si è generato un flusso di cassa per circa 38,1 milioni.
E le premesse per il 2023 sono ancora migliori, dal momento che nel primo trimestre di quest’anno i risultati sono ancora più elevati di quelli dell’esercizio precedente. Intanto lo scorso marzo, cioé a sei mesi dall’omologa, come previsto dal piano concordatario, Officine Maccaferri ha proceduto ad attribuire ai creditori chirografari ricompresi nella Classe 2 (cioé sempre i titolari del vecchio bond da 190 milioni), obbligazioni di nuova emissione per un valore di 60,45 milioni di euro a scadenza 2024 e cedola 5,75%, che sono state ammesse a negoziazioni e quotazione sul mercato Vienna MTF dallo scorso 17 marzo (si vedano qui il comunicato stampa e qui l’avviso di scambio). I bond sono stati attribuiti a titolo di datio in solutum ai sensi della legge italiana, per un valore pari al 30% del controvalore complessivo (capitale più interessi) delle vecchie obbligazioni in capo agli obbligazionisti che hanno così rinunciato a una quota pari al 70% del credito capitale e interessi.
In quell’occasione l’assemblea aveva anche nominato il nuovo consiglio di amministrazione della società, composto da Sergio Iasi (presidente), Karthik Achar, Adnan Khalef e Lapo Vivarelli Colonna, confermato amministratore delegato. L’assemblea di venerdì scorso, oltre ad approvare il bilancio, ha però anche preso atto delle dimissioni del consigliere Adnan Khalef, nominando contestualmente Maria Kiryanova fino alla scadenza del mandato del cda.
“Officine Maccaferri è tornata a occupare la posizione di grande leader internazionale che gli spetta. La società ha compiuto con successo un processo di turnaround estremamente ambizioso, portato a termine grazie al supporto degli azionisti e alla straordinaria ricchezza di competenze e di dedizione del management e di tutti i dipendenti. Grazie a questi ingredienti, la società è adesso stabilmente posizionata su una traiettoria di crescita solida e sostenibile”, ha commentato il presidente Iasi.
E l’ad Vivarelli Colonna ha aggiunto: “Nonostante le importanti sfide poste dallo scenario economico e geopolitico a livello mondiale, il gruppo ha registrato nel corso dell’esercizio risultati economico-finanziari ancora più straordinari rispetto all’anno precedente. La continua attenzione all’efficienza operativa, il sempre maggior focus su soluzioni tecniche a valore aggiunto e sostenibili e l’aumento strutturale della generazione di cassa hanno costituito delle solide basi per i risultati raggiunti. Il lavoro svolto ci consente di guardare al futuro con fiducia e di perseguire con successo gli ambiziosi obiettivi di crescita previsti dal piano industriale”.
Vivarelli, in un’intervista a Repubblica a fine gennaio, era stato più esplicito e aveva anticipato: “Chiusa l’omologa del concordato ci concentriamo sul nostro piano di crescita, che tra 2025 e 2027 dovrebbe portarci a superare il miliardo di ricavi. Ci arriveremo sia con crescita organica che con acquisizioni, perché l’azienda è molto ben posizionata per crescere più rapidamente del mercato e diventare aggregatore. Vogliamo consolidare la nostra posizione in Europa, crescere in Asia e Oceania ed entrare meglio in un mercato consolidato come il Nord America, continuando a investire nell’innovazione con un occhio attento alla sostenibilità”.
Nel 2022 il gruppo ha continuato a implementare la propria strategia di sviluppo. Nel quarto trimestre ha inaugurato un nuovo hub in Albania per creare il principale polo produttivo per la regione europea e mediorientale. Il sito, trasferito da Vorë (Tirana) a Shijak (Durazzo) e già pienamente operativo, consentirà al gruppo di beneficiare dell’accesso a un sistema logistico migliorato e a una catena di approvvigionamento delle materie prime più efficiente, spiega il comunicato. Grazie a un programma di investimenti mirati del valore di oltre 4 milioni di euro, il gruppo potrà ampliare la propria offerta e triplicare la propria capacità industriale, sfruttando le migliori tecnologie presenti sul mercato in termini di efficienza produttiva.
L’azienda continua inoltre a sviluppare sistemi ingegneristici a favore dell’ambiente e del territorio: dalla protezione dalla caduta di rocce in India a quella delle coste statunitensi, dalla riqualificazione del Novo Pinheiros, uno dei fiumi più importanti di San Paolo, alla partecipazione in un complesso intervento di protezione dalla caduta massi a Verbania utilizzando le moderne tecnologie di sensoristica intelligente, all’intervento relativo al raccordo autostradale Oosterweel in Belgio, fino alla recente fornitura della tecnologia alla base del Museum of the Future a Dubai, uno degli edifici più innovativi al mondo. Officine Maccaferri è stato inoltre uno dei principali fornitori della nuova tecnologia a rete sviluppata per Ocean Farm 1, una gabbia semi-sommergibile per l’acquacoltura offshore, di proprietà della norvegese SalMar Aker Ocean.
Nel settore del tunnelling, ha infine lanciato il progetto Automated Steel Arch, caratterizzato da una componente molto spinta di innovazione nel comparto, in grado di affrontare e ridurre drasticamente i rischi di sicurezza storicamente associati alla fase di installazione degli archi in acciaio.