Sono stati rinviati di sei mesi, al 15 febbraio 2021, per tutte le imprese italiane di qualunque dimensione, i termini per l’entrata in vigore dell’applicazione dei nuovi sistemi di allerta in grado di cogliere i segnali anticipatori della crisi e quindi per le segnalazioni agli Organismi di composizione della crisi d’impresa (Ocri) istituiti presso le Camere di Commercio.
La data originale, infatti, era il 15 agosto, la stessa data prevista per l’entrata in in vigore della maggior parte delle norme del Codice della crisi d’impressa e dell’insolvenza, a parte un piccolo gruppo di norme che invece è già entrato in vigore il 16 marzo 2019 (si veda altro articolo di BeBeez).
Ora appunto l’obbligo di segnalazione (art. 15 Codice della crisi), che grava sugli organi di controllo interno e sui revisori contabili, oltre che sui creditori pubblici qualificati (Agenzia delle entrate, Inps e agente della riscossione), slitta al 15 febbraio 2021.
La norma che lo prevede è inserita all’art. 11 del Decreto legge n. 9/2020. recante ulteriori “misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori, imprese e turismo a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19“, dello scorso 2 marzo.
Lo stesso decreto, inoltre, prevede la sospensione dei termini sino al 31 marzo prossimo per le procedure esecutive e le procedure concorsuali che interessano i soggetti residenti o operanti nei comuni della zona rossa.
Il Governo ha così ascoltato Confindustria e commercialisti che nei giorni scorsi hanno chiesto di rinviare l’applicazione dei nuovi sistemi di allerta a tutte le imprese che, anche a fronte dei danni economici derivanti dall’emergenza sanitaria, possano avere difficoltà ad implementare la norma e non solo le nanoimprese, come invece era già stato previsto dal Decreto correttivo al Codice della crisi, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 13 febbraio (si veda qui il comunicato stampa). L’art. 41 di quel decreto disponeva infatti: “L’obbligo di segnalazione di cui agli articoli 14, comma 2, secondo e terzo periodo e 15, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 opera a decorrere dal 15 febbraio 2021 per le imprese che negli ultimi due esercizi non hanno superato alcuno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità”.
La normativa che riforma la legge fallimentare ha tra le principali finalità quella di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese.A questo fine il codice ha introdotto sistemi di allerta in grado di cogliere i segnali anticipatori della crisi al fine di affidare tempestivamente l’impresa alle cure di esperti. In particolare, la normativa prevede che vengano monitorati appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso.
Il Governo ha affidato al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) l’elaborazione di indici puntuali, che fanno ragionevolmente presumere lo stato di crisi di un’azienda. Gli indici previsti nel testo di legge (art. 13) sono: il rapporto tra flusso di cassa e totale dell’attivo (DSCR), il rapporto tra patrimonio netto e totale del passivo e il rapporto tra oneri finanziari e ricavi. Nel Codice della Crisi non viene però fornita una soglia di riferimento per ciascun indice, che doveva appunto essere identificata dagli esperti e sarà oggetto di decreti attuativi successivi. Il CNDCEC il 20 ottobre scorso ha pubblicato il documento su crisi d’impresa e indici di allerta (si veda qui l’Insight View di BeBeez per gli abbonati a BeBeez News Premium) in cui precisa esattamente le soglie dei vari indici.