Mancano solo pochi mesi alla data del 10 novembre, quando tutte le piattaforme europee di equity crowdfunding si dovranno adeguare al nuovo regolamento Ue 2020/1503 del Parlamento europeo sulle piattaforme di equity crowdfunding e di lending per le imprese Regolamento (UE) n.1503/2020 (European Crowdfunding Service Providers Regulation – ECSPR), che ha ottenuto il via libera definitivo del Parlamento Ue nell’ottobre 2020 (si veda altro articolo di BeBeez) e le piattaforme si stanno preparando al big bang, perché davvero di big bang si tratta, visto che il Regolamento è denso di novità. Alcune sono più note, mentre altre sono sinora passate quasi sotto traccia, ma hanno invece risvolti importanti.
In particolare tra le grandi novità c’è l’introduzione della pratica del cosiddetto autoinvestimento fino a oggi assolutamente vietata in Italia. Come spiegato in un articolo di CrowdfundingBuzz, si tratta di fatto di un nuovo servizio di investimento per cui l’investitore fornisce un mandato alla piattaforma per allocare al meglio un budget affidato su diverse offerte. In particolare, in tema di lending, si parla di gestione individuale di portafogli di prestiti (art. 6 del Regolamento): l’investitore dovrà indicare almeno due parametri tra tasso di interesse minimo e massimo applicabile, data di scadenza minima e massima, gamma e ripartizione delle categorie di rischio, obiettivo di tasso annuo di rendimento dell’investimento. Nel Regolamento è precisato inoltre che “i modelli d’impresa che utilizzano processi automatizzati tramite cui i fondi sono assegnati automaticamente dal fornitore di servizi di crowdfunding ai progetti di crowdfunding secondo parametri e indicatori di rischio predeterminati dall’investitore, il cosiddetto ‘autoinvestimento’, dovrebbero essere considerati come gestione individuale di portafogli di prestiti”. In sostanza un qualunque investitore abilitato a operare sulle piattaforme potrà costruirsi su ciascuna piattaforma un proprio fondo dedicato che diversificherà gli investimenti sulle varie campagne che rispetteranno i criteri indicati. Ma non solo. Questa norma apre la porta alla nascita di una nuova asset class che i wealth manager potranno offrire ai loro clienti.
Il tema è emerso lo scorso martedì 17 maggio in occasione di un webinar organizzato da Lemonway, Istituto di pagamento francese per piattaforme di finanza alternativa e marketplace e leader nel crowdlending in Italia, con ben 20 piattaforme italiane clienti (si veda qui il comunicato stampa). Ne hanno parlato nel corso del webinar, Alessandro Maria Lerro di Avvocati.net, ha illustrato tutte le principali novità relativo agli ECSP (European Corwdfunding Service Providers), che ha poi commentato in un panel insieme all’ad di EdiBeez, Fabio Allegreni, in qualità di consulente della piattaforma ITS Lending, e di Angelo Rindone, fondatore e ceo di Folkfunding, provider tecnologico di piattaforme di lending ed equity crowdfunding.
Ricordiamo che nel Regolamento Ue sono previste due classi di investitori, “sofisticati” e “non sofisticati”. I primi potranno investire senza limiti di importo. Si tratta di persone giuridiche che abbiano o fondi propri pari almeno a 100 mila euro o un fatturato netto pari almeno a 2 milioni o un attivo di bilancio pari almeno a un milione; e persone fisiche che abbiano o un reddito lordo personale di almeno 60 mila euro o un portafoglio di strumenti finanziari, inclusi i depositi in contanti e le attività finanziarie, di un valore superiore a 100 mila euro. Gli investitori “non sofisticati”, invece, non possono investire per un importo superiore a mille euro o al 5% del proprio patrimonio netto, a meno che non abbiano effettuato un test, accettando il rischio sostenuto. In proposito, la piattaforma dovrà anche effettuare una valutazione del rischio relativo a ogni singolo prodotto finanziario collocato incrociandolo poi con il profilo di appropriatezza dell’investitore non sofisticato.
Quanto agli strumenti finanziari che potranno essere collocati dai portali, sono tutti quelli previsti dalla Mifid, quindi non solo quote di capitale o prestiti, ma anche obbligazioni, minibond, prestiti convertibili, prestiti convertendo e così via. Gli offerenti dovranno però predisporre un prospetto informativo (KIIS: Key Investment Information Sheet), similmente a quanto accade oggi in Italia per l’equity crowdfunding. La raccolta per ciascuna campagna, comunque, non potrà essere superiore a 5 milioni di euro (in Italia per l’equity crowdfunding il limite massimo è ora di 8 milioni).
Intanto nei giorni scorsi l ’European Banking Authority (EBA) ha pubblicato la bozza finale di norme tecniche di regolamentazione (Regulatory Technical Standards, RTS) in tema di piattaforme di equity crowdfunding, specificando le informazioni che i fornitori di servizi di crowdfunding devono fornire agli investitori sul calcolo dei rating di credito e sui prezzi delle offerte di crowdfunding (si veda altro articolo di BeBeez) e le piattaforme si stanno preparando al big bang, perché davvero di big bang si tratta, visto che il Regolamento è denso di novità. Alcune sono più note, mentre altre sono sinora passate quasi sotto traccia, ma hanno invece risvolti importanti.
Inoltre, a tutela di investitori e stakeholder, sono molto stringenti le norme in materia di conflitto di interessi e, dunque, soci e amministratori della piattaforma non potranno in alcun modo avere interessenze con le società offerenti. Un’implicazione già presente in Italia per l’equity crowdfunding, ma finora non altrettanto applicato per quanto riguarda il lending.
In generale, l’ESMA vuole assicurarsi che le piattaforme siano correttamente strutturate per operare come attore nei mercati finanziari e, dunque, richiede da un lato, che gli amministratori presentino uno standard di professionalità riflesso nella passata esperienza in ambito finanziario e societario e, dall’altro, che le piattaforme adottino una struttura organizzativa un organigramma adeguati, indicando i soggetti interni preposti al governo dei diversi processi.
Per quanto riguarda l’antiriciclaggio, le piattaforme dovranno sottoporre ad adeguata verifica sia gli offerenti sia gli investitori. L’EBA però prevede una sorta di “soft” KYC (Know Your Customer) a patto che i contratti abbiano una firma “forte” e che l’Istituto di Pagamento lo effettui a sua volta.
Ricordiamo infine che è prevista la possibilità per le piattaforme di introdurre una bacheca elettronica, cioé una sorta di “mercato secondario” non assistito che consente a chi detiene un titolo di pubblicare un annuncio di vendita sulla piattaforma o per chi vuole acquistarlo, un annuncio di acquisto. Venditore e acquirente dovranno poi negoziare e concludere l’operazione al di fuori della piattaforma. Per l’Italia questa non è comunque una novità per l’Italia, visto che questa opzione era già stata prevista dall’ultima modifica del Regolamento Consob sulle piattaforme di crowdfunding (si veda altro articolo di BeBeez).
In tutto questo, però, alcuni Paesi membri Ue, tra cui l’Italia, non hanno ancora definito quale deve essere l’organo autorizzativo e per questo motivo hanno chiesto una proroga rispetto alla data del 10 novembre. Il tema è ovviamente cruciale, visto che le piattaforme dovranno richiede l’autorizzazione all’autorità del proprio Paese anche per operare in altri Stati dell’UE. Sarà poi cura dell’Autorità trasmettere la richiesta all’ESMA. Non sarà dunque necessario aprire una società diversa in ogni Paese, anzi, è fortemente sconsigliato in quanto ciò implicherebbe richiedere una nuova autorizzazione nello Stato di competenza.