Le criptovalute sono a tutti gli effetti dei prodotti finanziari, possedendo i caratteri propri dell’investimento finanziario come l’impiego di capitali, l’aspettativa di rendimento e il rischio che ne deriva. A stabilirlo è stata la seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44378 del 22 novembre 2022.
Il che ha una conseguenza importante. Si legge infatti nel testo della sentenza, “che la valuta virtuale deve essere considerata strumento di investimento perché consiste in un prodotto finanziario, per cui deve essere disciplinata con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art.94 ss. TUF), le quali garantiscono attraverso una disciplina unitaria di diritto speciale la tutela dell’investimento; pertanto, chi eroga detti servizi è tenuto ad un innalzamento degli obblighi informativi verso il consumatore, al fine di consentire allo stesso di conoscere i contenuti dell’operazione economico-contrattuale e di maturare una scelta negoziale meditata”.
Più nello specifico, nel caso esaminato dalla Corte è emerso che gli acquirenti delle criptovalute avevano investito capitali al fine di ottenere un rendimento, costituito dalla corresponsione di altre monete virtuali che avrebbero permesso la partecipazione alla piattaforma, dal valore variabile a seconda del momento dell’acquisto e che avrebbe acquistato maggior valore se il progetto relativo alla piattaforma avesse avuto successo. In tal senso, gli acquirenti si sono assunti di per sé un rischio correlato all’investimento del capitale. Ecco perché, secondo la Corte di Cassazione, le criptovalute vanno considerate veri e propri strumenti finanziari.
La Cassazione nella sua sentenza richiama in particolare “la sentenza del Tribunale di Verona, che aveva qualificato ‘strumenti finanziari’ alcune valute virtuali acquistate su una piattaforma di scambio (Trib. Verona 24 gennaio 2017), facendo propria la tesi (richiamata anche dal Pubblico Ministero in ricorso) secondo la quale caratteri distintivi dell’investimento di tipo finanziario sono: a) un impiego di capitali, riconducibile generalmente al danaro o, più in generale, a un capitale proprio che può corrispondere anche a una valuta virtuale; b) una aspettativa di rendimento; c) un rischio proprio dell’attività prescelta, direttamente correlato all’impiego di capitali”.
In realtà, quella di pochi giorni fa non è la prima pronuncia assoluta della Corte Suprema di Cassazione sulle criptovalute. Nel novembre 2021, infatti, la stessa Seconda Sezione Penale della Corte di Casszione si era espressa con la sentenza n. 44337/2021, asserendo che il bitcoin va ritenuto un prodotto finanziario qualora venga acquistato con finalità di investimento.
Del resto, quella delle blockchain e quella delle criptovalute della DeFi e degli NFT, è un mondo ormai da anni sotto la lente del regolatore, soprattutto per la necessità di forme sempre più complesse di regolamentazione della materia. Su tale scia l’Unione Europea ha proposto una regolamentazione sovranazionale, il MiCa – regolamento UE sui cripto-asset, con l’obiettivo di introdurre un nuovo sistema di norme che potrebbe finalmente garantire un approccio legislativo omogeneo sulla materia. Il MiCA intende infatti disciplinare con regole precise gli strumenti digitali basati sulla tecnologia blockhain, le “criptoattività”, i soggetti che li “emettono” o li “offrono al pubblico” (tramite le cosiddette ico’s o Initial Coin Offer) e gli operatori che offrono servizi per custodirli e/o scambiarli.
Dopo il via libera di qualche mese fa da parte del Consiglio dell’Unione Europea al disegno di legge sui mercati delle criptovalute (si veda qui il comunicato stampa del Consiglio europeo e qui il testo completo della bozza di regolamento), l’iter è proseguito al Parlamento UE (si veda altro articolo di BeBeez) con l’European Parliament Committee on Economic and Monetary Affairs (ECON) che il 10 ottobre ha poi votato a favore del Regolamento (si veda qui il tweet dell’ECON).
Prima che l’atto possa essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, dovrà essere votato in una sessione plenaria del Parlamento europeo. Se non saranno apportate modifiche, il disegno di legge passerà alla firma.
La previsione è che il testo normativo MiCA sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea probabilmente all’inizio del 2023, con le regole che però entreranno in vigore soltanto a partire dal 2024, visto che è previsto un periodo transitorio di 18 mesi per prepararsi ai cambiamenti. Tra i numerosi ambiti interessati dalla legislazione vi sono la prevenzione del riciclaggio di denaro, le norme a tutela della protezione dei consumatori, la responsabilità delle società di criptovalute, l’impatto ambientale del settore e le stablecoin.
I regolamenti MiCA erano stati proposti in una prima bozza provvisoria lo scorso giugno ((si veda qui il comunicato stampa del Consiglio europeo), con alcune modifiche e aggiornamenti apportati nelle settimane successive. Sebbene siano sorti alcuni dubbi su alcuni dettagli del regolamento UE, il settore delle criptovalute lo ha accolto con grande favore, in quanto prende una posizione chiara sugli asset digitali. E molti operatori del settore sono addirittura convinti che il regolamento europeo consentirà al mercato di espandersi, perché le parti interessate avranno ben chiare le regole del gioco.