di Alessandro Albano
E’ una tempesta perfetta quella che sta affrontando il settore delle utilities, colpito da un parte da condizioni di credito sempre più rigide e dall’altra da costi energetici diventati insostenibili, non solo per le imprese, ma anche per i consumatori privati. Allo studio dell’Unione Europea ci sono il disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità da quelli del gas e la definizione di un tetto massimo alle importazioni di gas dell’UE, ma in cima alle preoccupazioni c’è l’enorme volume di liquidità che sarebbe necessario a mantenere in vita le industrie in un momento di forti squilibri nell’energy trade europeo.
“Tutto questo ha un forte impatto sul circolante delle imprese energetiche, con i debitori che cominciano ad avere difficoltà nell’onorare gli impegni finanziari e il costo della fattura che aumenta”, afferma in un’intervista a BeBeez Paolo Gesa, dalla fine dello scorso gennaio ceo di Officine CST (si veda altro articolo di BeBeez), società specializzata nella gestione di crediti sia in bonis sia deteriorati verso la Pubblica Amministrazione e il mercato retail e corporate, il cui azionista di riferimento è il fondo di private equity Cerberus.
L’aumento dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea, che Gesa ritiene “non attinente alla situazione” per via di una dinamica inflattiva importata, cioè innescata dai costi e non da un eccesso di domanda come negli Stati Uniti, sta riducendo la capacità delle banche di dare liquidità al sistema, che invece durante la pandemia hanno erogato ampi prestiti alle imprese grazie alla garanzie statali come il programma SACE.
“Le aziende”, spiega l’ad di Officine CST, “devono cominciare a rimborsare i prestiti in pre-ammortamento proprio in presenza di un contesto creditizio incerto e problematico”. A complicare le cose sono gli squilibri tecnici interno al mercato come i margin call, cioè i margini richiesti alle imprese come garanzia di operazioni in derivati, che secondo ammontano a un totale di 1.500 miliardi di dollari e che rappresentano il problema principale per la liquidità del settore. Lo ha detto a Bloomberg Helge Haugane, senior vice president della società energetica norvegese Equinor a margine della Gastech conference a Milano.
“L’effetto principale lo si vedrà sopratutto sulle filiere minori”, sottolinea Gesa a BeBeez, “che fanno più fatica a finanziarsi, cosa che si somma alle difficoltà sul working capital. Si sono già visti i primi segnali in questo senso, come l’aumento delle richieste di procedure tributarie per proteggere le attività o il tentativo di smobilizzare i crediti. Per questo ci aspettiamo un aumento degli acquisti di crediti in bonis e deteriorati, che poi è il nostro core business”.
L’impatto tuttavia, verrà accusato anche dalle realtà medio-grandi, come dimostrano i default di Green Network, ammessa al concordato con riserva già nel dicembre 2021, Europe Energy, ammessa alla procedura di concordato con riserva lo scorso settembre (nell’estate 2021 aveva raccolto 5 milioni di euro sulla piattaforma Azimut Direct, si veda altro articolo di BeBeez) e Interconsult. “In autunno rischiamo nuovi fallimenti”, afferma Gesa, che a livello europeo si aspettava “interventi più decisi a monte come il tetto ai prezzi energetici, e non una proposta di tassazione sugli extra profitti, peraltro difficile da applicare”.
Officine SCT lavora principalmente sui crediti semi-performing e deteriorati (come quelli verso i Comuni in dissesto) nei confronti della Pubblica Amministrazione e di aziende in procedura concorsuale, e su crediti commerciali e finanziari unsecured. Il suo compito è “trovare un anticipo di incasso in modo che le aziende abbiano una cassa sufficiente per far fronte alle richieste di liquidità”.
“Per la pubblica amministrazione è un momento turning point”, avverte Gesa, “in quanto la liquidità disponibile nella prima parte dell’anno ha tolto molta pressione al settore pubblico, che era arrivato ad accorciare i tempi di pagamento anche con numerose sacche d’inefficienza soprattutto nel centro sud, dove rimangono molti enti poco virtuosi. Ora stiamo osservando un cambio di tendenza, con un deterioramento dei tempi di pagamento, e con l’incertezza degli enti locali che fanno fatica ad incassare i propri crediti e ad avere entrate aggiuntive”.
In termini di reverse factoring, la cui piattaforma è stata lanciata da Officine nel 2022 ed è stata utilizzata per finanziare Superstrada Pedemontana Veneta spa, Gesa vede un’opportunità legata al PNRR che potrebbe “rinforzare la filiera e consentire lo sviluppo di un settore, come quello delle costruzioni, che fa fatica ad accedere al mercato bancario”.
Tra gennaio e fine agosto il gestore di crediti ha intermediato 26 milioni di euro di fatture nei confronti di circa 1.000 aziende private, mentre verso le PA il dato ammonta a 111 milioni per 100 mila fatture. Nel 2021, sono state 245 le fatture gestite da Officine per un valore di 33,72 milioni (286,77 milioni dall’inizio dell’attività), mentre sul reverse factoring le fatture sono state addirittura 886 per un valore di 69,1 milioni (193,43 milioni dall’inizio).
Ricordiamo che il bilancio 2021 è stato chiuso da Officine con un portafoglio di crediti di 54 milioni di euro, rispetto ai 38 del 2020, con un volume di nuovi crediti acquistati pari a 120 milioni di euro, mentre l’utile netto consolidato ha superato i 14 milioni di euro, notevolmente inferiore ai 26 milioni del 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). Va però segnalato che del risultato 2020 ben 20 milioni derivavano da rivalutazioni di attività finanziarie in portafoglio (si veda qui l’analisi di Leanus, una volta registrati gratuitamente). In ogni caso il patrimonio netto ha raggiunto quota 51 milioni di euro, rispetto ai 47 milioni di euro del 2020, sebbene a fine 2021 sia stato distribuito un dividendo ai soci pari a 11 milioni.