Le insegne Coin spa passano sotto il controllo di Centenary, cordata italiana di manager e imprenditori organizzata dall’amministratore delegato del gruppo di grandi magazzini, Stefano Beraldo, che a Repubblica ha spiegato: “Coin diventerà qualcosa di più di un punto vendita. Il progetto è quello di trasformare i grandi magazzini in luoghi d’incontri per servizi, esperienze e iniziative particolari, dove la gente si ritrova per magari, vedere una mostra, la presentazione di un libro. L’idea è quella di replicare il successo del Coin di Cola di Rienzo a Roma, che con questa nuova formula ha aumentato i ricavi del 30%”.
Il 25% del capitale di Centenary è in mano a 23 manager delle insegne venete, mentre il resto delle azioni con pacchetti che vanno dal 5 al 15% è suddiviso tra una serie di imprenditori come Alessandro Bastagli (imprenditore della moda e proprietario di Lineapiù e Shanghai Thang), Enzo de Gasperi (patron del gruppo di prodotti per la casa Edg), Giorgio Rossi (ex imprenditore del fashion, ora attivo nel settore immobiliare), Jonathan Kafri (proprietario del gruppo fiorentino di abbigliamento Sicem e di una serie di hotel di lusso) e un family office che ha sede in svizzera, e che è socio di Sempione. gruppo che insieme a Ovs, controlla le insegne di Charles Vogele. E ovviamente anche Stefano Beraldo avrà una quota di minoranza, pur essendo impegnato nella guida di Ovs.
Lo studio legaleGianni Origoni Grippo Cappelli & Partners ha rappresentato gli acquirenti. Latham & Watkins ha assistito BC Partners e Gruppo Coin. Le operazioni notarili sono state affidate allo Studio Busani & Partners.
Il processo di vendita di Coin era stato aperto lo scorso maggio, quando l’azionista di maggioranza di Coin, BC Partners, aveva dato mandato a Rotschild (si veda altro articolo di BeBeez). Il gruppo è controllato dal 2011 dal fondo BC Partners, in coinvestimento con Investindustrial e Ontario Teachers Pension Plan e con il management. Nel dettaglio, al momento delll’acquisizione, dopo il delisting da Piazza Affari, il Gruppo Coin, tramite la lussemburghese Icon 1 sa, faceva capo per l’80,5% al fondo Bc Partners, per il 13,68% all’Ontario Teachers Pension Plan, per il 4,56% al fondo Investindustrial (tramite GB Holdings) e per l’1,245% ai manager. I nuovi azionisti non avevano investito solo equity, ma anche sottoscritto strumenti finanziari di debito convertibili, non convertibili e pik (con interessi capitalizzati da pagarsi a scadenza) emessi da Icon sa in maniera non proporzionale alla partecipazione all’equity, con Investindustrial in particolare che aveva sottoscritto l’intera emissione di strumenti pik per 57,5 milioni (si veda MF Milano Finanza).
Nell’aprile 2013, poi, gli azionisti avevano ricapitalizzato il gruppo per 53,8 milioni di europer riequilibrare la situazione finanziaria e consentire al gruppo di mantenere inalterato il programma di investimenti (si veda MF Milano Finanza). La ricapitalizzazione, a opera della holding Icon 2 sarl era una mossa necessaria, visto che l’esercizio 2012-2013 aveva registrato sì una sostanziale tenuta del fatturato a 1,465 miliardi (dai 1,492 miliardi dell’anno prima), ma aveva visto l’ebitda crollare a soli 150 milioni dai 186,9 dell’anno precedente.
L’uscita dalla catena di abbigliamento, che controlla anche la quotata Ovs, è in realtà allo studio da tempo. Proprio in occasione della cerimonia di quotazione di Ovs a Piazza Affari nel marzo 2015 (si veda altro articolo di BeBeez), il partner di BC Partner Nikos Stathopoulos, che è anche presidente di Coin, aveva dichiarato che il fondo era aperto a tutte le opzioni: una futura quotazione, la cessione a un altro fondo di private equity o la vendita a fondi sovrani. “Non abbiamo ancora deciso”, aveva precisato, aggiungendo che “Coin potrebbe essere una buona possibilità per una società intenzionata a entrare in Italia dal momento che è il maggior operatore di department store nel Paese”.
Il Gruppo Coin aveva poi chiuso l’esercizio 2015-2016 al 31 gennaio 2016 con 1,56 miliardi di euro di ricavi netti consolidati (da 1,51 miliardi l’anno prima) e un debito finanziario netto di 358,6 milioni (da 822,5 milioni) (si veda qui l’analisi di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Ma quei numeri consolidavano ancora la catena di grandi magazzini quotata a Piazza Affari Ovs. L’ipo del 2015 aveva infatti riguardato il 47,88% del capitale di Ovs a 4,1 euro per azione, per un totale di 445,6 milioni di euro raccolti con l’offerta pubblica di vendita e sottoscrizione. Così Coin era rimasta al 52,12%.
Dopodiché Coin ha via via ceduto sul mercato altre quote. L’ultima operazione risale allo scorso settembre, quando con un’operazione di accelarated bookbuilding Coin ha venduto una quota del 12,3% del capitale di Ovs al prezzo di 6,53 euro per azione, incassando circa 183 milioni di euro e scendendo al 17,8% del capitale di Ovs (si veda altro articolo di BeBeez). L’operazione seguiva quella di maggio relativa all’11% del capitale di Ovs, che aveva visto contestualmente l’amministratore delegato Stefano Beraldo e i principali manager di Ovs acquistare dal gruppo Coin lo 0,935% del capitale. Con quella operazione Coin aveva quindi incassato 166 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Nell’aprile 2016 Coin aveva invece ceduto una prima tranche del 10% del capitale di Ovs per 129 milioni (si veda altro articolo di BeBeez).
Il gruppo Coin conta oggi 35 grandi magazzini a gestione diretta nelle migliori piazze d’Italia, nonché una settantina di negozi gestiti da terzi, soprattutto con la formula di Coin Casa, dislocati dentro i centri commerciali e i department store di tutto il mondo. Coin conta circa 400 milioni di ricavi netti, 12 milioni di ebitda, 10 milioni di cassa e non ha perdite. Sulla base di questi numeri è stato valutato circa 70 milioni di euro.
La partecipazione di Ovs ancora in portafoglio, però, evidentemente non è stata considerata parte della trattativa, dato che Ovs capitalizza 1,23 miliardi e che Coin possiede appunto ancora una quota del 17,8%, di cui peraltro si dice che sarebbe prossima la vendita.