Sono attese tra un mese le offerte vincolanti per Bianchi Vending Group, la società produttrice di distributori automatici e di macchine professionali da caffè controllata al 100% da FA Capital. Lo rivela oggi MF-Milano Finanza, che precisa che il private equity nato dal management buyout del private equity italiano di Abn Amro Capital grazie al supporto di Goldman Sachs, ha dato mandato lo scorso luglio agli advisor Fineurop e studio legale Chiomenti per organizzare un’asta per la vendita della società. A seguito delle manifestazioni di interesse ricevute, al momento sono in corso le due diligence da parte di una selezione di soggetti industriali attivi in settori contigui a quello di Bianchi Vending, oltre che di un paio di veicoli di private equity esteri. E le offerte vincolanti sono attese appunto entro novembre.
L’acquirente entrerà in possesso di un’azienda sostanzialmente priva di debito, con risultati 2013 attesi in crescita rispetto a quelli del 2012, anno nel quale Bianchi Vending aveva registrato ricavi per 56,6 milioni (dai 63,6 milioni del 2011), un ebitda di 5,2 milioni (da 4 milioni) e una perdita netta di 3,5 milioni (da 9,2 milioni).
A fine 2012 l’indebitamento netto era di 44,7 milioni (dai 50,3 milioni del 2011), ma i potenziali acquirenti stanno facendo i loro conti sulla base del fatto che, al momento del passaggio di mano della società, questo scomparirà come risultato di un accordo già siglato tra FA Capital e le banche finanziatrici (con Intesa Sanpaolo capofila). Già perché la cessione rappresenta l’ultima puntata di una storia travagliata iniziata nel 2008, quando Abn Amro Capital, che era entrato nel capitale di Bianchi nel 2005 con il 60%, aveva rilevato il restante 40% in capo ai soci fondatori, come risultato di un pesante braccio di ferro sulla gestione.
La crisi economica, però, aveva iniziato a pesare sui conti della società e nel 2009 si era reso necessario il primo accordo di rimodulazione dei debiti e ridefinizione dei covenant, in concomitanza di un versamento soci di 9 milioni di euro in conto capitale e la conversione in una riserva di patrimonio netto del finanziamento soci, per una ricapitalizzazione complessiva di quasi 50 milioni. Lo sforzo, però, non è bastato e ci si è trovati daccapo, tanto che nel febbraio 2011 è stato firmato un accordo di ristrutturazione (ex art. 67 Legge Fallimentare) dei 71 milioni di euro di debiti, che ha portato la posizione finanziaria netta della società a fine 2011 a 50,3 milioni dai 77,3 milioni di fine 2010. Contemporaneamente FA Capital aveva acquistato dalle banche 19,25 milioni di euro di crediti, che sono stati poi via via convertiti a capitale nel corso del 2011 e del 2012, mentre le banche a loro volta hanno convertito in strumenti partecipativi del capitale una quota dei crediti residui
Resta il fatto, però, che i numeri di fine 2012, pur sensibilmente migliori rispetto a quelli del 2011, sono stati inferiori a quelli (target di ebitda 6,7 milioni) che erano stati previsti dal piano industriale stilato a inizio 2011 in occasione dell’accordo di ristrutturazione del debito e la stessa cosa vale per il 2013. Anche quest’anno, infatti, nonostante i miglioramenti attesi a livello operativo e finanziario per la società rispetto al 2012, il mercato europeo del vending ha registrato una dinamica molto peggiore di quanto stimato nel 2011 rendendo improbabile il raggiungimento del target di ebitda di 9,9 milioni previsto per il 2013 nel piano di ristrutturazione.
Così la scorsa estate FA Capital, dopo aver analizzato con le banche diverse opzioni alternative, ha attivato la procedura negoziata in occasione dell’accordo di ristrutturazione che prevedeva, nel caso in cui non fossero stati raggiunti gli obiettivi del piano industriale, che il fondo mettesse in vendita le proprie quote consentendo alle banche di esercitare un diritto di prima offerta entro un determinato tempo a un certo prezzo. Se le banche non lo avessero esercitato, allora FA Capital avrebbe avuto la possibilità di decidere a chi vendere, al prezzo che fosse riuscito a spuntare, e poi dividere il ricavato tra sé e le banche a rimborso del debito, lasciando la società libera di debiti. E visto che le banche non hanno esercitato il proprio diritto, la trattativa con i potenziali acquirenti è ora in mano a FA Capital