Investindustrial è uscito definitivamente dal capitale del produttore inglese di auto di lusso Aston Martin Lagonda, cedendo la sua partecipazione residua del 4,12%. Emerge dalle notifiche della London Stock Exchange (si veda qui il filing dello scorso venerdì 23 ottobre).
Investindustrial a sorpresa aveva iniziato a cedere sul mercato la sua partecipazione lo scorso maggio, quando era sceso da circa il 20,92% al 16,92% (si veda qui i filing di allora). Il 1° giugno il fondo era poi sceso dal 16,92% al 14,99%. Il 9 giugno aveva comunicato la discesa dal 14,99% al 10,99%. Il 2 luglio il fondo era sceso dal 10,99% al 9,66%. Il 21 luglio era sceso dal 9,66% al 7,14%. Infine lo scorso 21 agosto aveva comunicato la discesa dal 7,14% al 4,12%.
Per contro lo scorso 21 aprile il fondo aveva arrotondato al rialzo la sua partecipazione, salendo dal 17,3% al 20,92% (si veda qui il filing di allora). Il cambio di strategia segue evidentemente la serie di difficoltà nelle quali il gruppo di supercar è incorso negli ultimi mesi a causa del lockdown, dopo che il fondo vi ha investito complessivamente alcune centinaia di milioni di euro.
A fine giugno il gruppo ha raccolto 152 milioni di sterline in un aumento di capitale sottoscritto da investitori istituzionali e privati proprio per fronteggiare i problemi nati dall’emergenza Covid-19, ben evidenti nei conti della semestrale, con ricavi per 146 milioni di sterline dai 406 milioni dei primi 6 mesi 2019 e un ebitda negativo per 89 milioni da 21 milioni positivi, con un debito finanziario netto di 751 milioni (si veda qui la presentazione agli analisti). In quell’occasione Investindustrial aveva sottoscritto nuove azioni per un valore complessivo di 11,8 milioni di sterline (si veda qui il comunicato stampa).
Il fondo di private equity fondato da Andrea C. Bonomi aveva infatti investito nella società britannica nel 2012. All’epoca Investindustrial aveva messo sul piatto 150 milioni di sterline (allora 190 milioni di euro) per la sua quota e aveva messo a disposizione fino a 80 milioni di sterline (altri 100 milioni di euro), senza però essere obbligato a investirli, per ulteriori aumenti di capitale se si fossero resi necessari per finanziare il piano di investimenti da 500 milioni di sterline per lo sviluppo di nuovi prodotti e tecnologia. L’operazione era stata conclusa sulla base di una valutazione dell’intero gruppo di 740 milioni di sterline (allora 940 milioni di euro).
Nel maggio 2015, poi, Investindustrial e il socio kuwaitiano Tejara Capital avevano annunciato un aumento di capitale da 200 milioni di sterline per Aston Martin (si veda altro articolo di BeBeez). Nel 2018, poi, c’era stata la quotazione al London Stock Exchange. Il gruppo allora aveva collocato azioni per 1,08 miliardi di sterline pari al 27,5% del capitale ed era stato valutato 4,33 miliardi di sterline. In quell’occasione a vendere erano stati Investindustrial (37,5% prima dell’ipo), i kuwaitiani di Tajara Capital (ex Investment Dar) e Adeem Investments (che insieme controllavano il 54,5%), mentre Daimler non aveva invece ceduto il suo 4,9%, ottenuto nel 2013 in cambio della fornitura di motori e componenti elettroniche, che poi ha però ridotto al 4,2%. Nel luglio 2019 Investindustrial aveva presentato tramite Strategic European Investment Group, società veicolo che fa capo al fondo Investindustrial VI, un’offerta per incrementare del 3% la sua quota in Aston Martin, pagando 10 sterline per azione per 6,84 milioni di azioni, probabilmente per cercare di risollevare le quotazioni dell’azienda (si veda altro articolo di BeBeez).
A fine febbraio 2020 un consorzio di investitori (Yew Tree Consortium) guidato dall’imprenditore canadese Lawrence Stroll, aveva annunciato la sottoscrizione di 45,6 milioni di azioni di nuova emissione, pari a una quota del 16,7% di Aston Martin, a 4 sterline per azione per un totale di 182 milioni di sterline. Il consorzio inoltre aveva promesso che al momento dell’annuncio dei dati di bilancio 2019 sarebbe stato lanciato un ulteriore aumento di capitale da ulteriori 318 milioni di sterline dedicato a tutti gli azionisti, per un’iniezione complessiva di denaro fresco da 500 milioni di sterline. Il tutto per riequilibrare la situazione finanziaria del gruppo, appesantita da un debito finanziario netto di circa 800 milioni di sterline, e per supportare il lancio sul mercato del SUV di lusso DBX (si veda altro articolo di BeBeez).
Il brusco stop alla crescita dell’economia globale conseguente al contagio da coronavirus ha però cancellato il Motor Show di Ginevra, in cui Aston Martin intendeva presentare i nuovi modelli Vantage Roadster e V12 Speedster e ha costretto Stroll a rifare i conti. Il consorzio di investitori ha quindi deciso nel marzo scorso di comprare in aumento di capitale riservato una quota del 25% del gruppo produttore di supercar, con un esborso di 171 milioni di sterline per 76 milioni di azioni di nuova emissione a 2,25 sterline per azione e che il successivo aumento di capitale in opzione a tutti gli azionisti sarebbe consistito nell’emissione di circa 1,2 miliardi di nuove azioni (da 153,2 milioni previsti inizialmente) sulla base di un rapporto di 4 nuove azioni ogni vecchia azione posseduta al prezzo di 30 pence per ogni nuova azione, per un totale di 364,8 milioni di sterline. L’aumento di capitale è stato quindi di 536 milioni di sterline a un prezzo di 225 pence per azione, ossia di circa 592 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). I mercati quel giorno avevano preso molto male la notizia, con il titolo che aveva perso il 30% in una sola sessione.
Prestige/Strategic European Investment Group, il veicolo con cui Investindustrial era azionista di Aston Martin e che allora era il primo azionista del gruppo di supercar con il 29,64%, aveva annunciato che avrebbe sottoscritto l’aumento di capitale, oltre che per il 100% dei diritti di sua spettanza, anche per ulteriori 16,7 milioni di azioni, portando la sua quota post aumento al 22,2%. Per contro quello che sinora era il secondo più grande azionista, cioé il fondo kuwaitiano Adeem/Primewagon (con il 27,2%), aveva annunciato che avrebbe sottoscritto l’aumento soltanto per il 26,5% dei suoi diritti, diluendosi quindi all’8,5%. Quanto a Yew Tree, si era impegnato a sottoscrivere l’aumento esattamente in proporzione ai suoi diritti, restando al 25% del capitale, per un esborso complessivo per il consorzio nelle due operazioni di 262 milioni di sterline (contro i 235 milioni ipotizzati inizialmente). Nella realtà, però, a valle dell’operazione a inizio aprile scorso la quota di Investindustrial era scesa dal 29,64% al 17,3% (si veda qui il filing) per poi appunto risalire al 20,92% pochi giorni dopo.