Saranno esaminate dal Consiglio di amministrazione di TIM nelle riunioni programmate per i prossimi 19 e 22 giugno le due offerte non vincolanti presentate lo scorso 9 giugno, rispettivamente, dal consorzio CDP Equity e Macquarie Infrastructure and Real Assets (Europe) e da KKR per la NetCo di TIM, la nuova società in cui sarà trasferita la rete infrastrutturale del gruppo tlc e nella quale andranno a confluire anche i cavi sottomarini di Sparkle (si veda qui il comunicato stampa).
Ricordiamo che a inizio maggio TIM aveva diffuso una nota con la quale riferiva che il Cda aveva analizzato in profondità le offerte non vincolanti ricevute in aprile per Netco dalle due controparti e che non le aveva ritenute ancora adeguate. Detto questo, aveva dato tempo alle parti per migliorare le loro offerte e presentarle appunto entro il 9 giugno (si veda altro articolo di BeBeez).
Si dice che KKR questa volta abbia ulteriormente aumentato la sua offerta sino a un totale di 23 miliardi di euro, dopo che in aprile aveva offerto 19 miliardi di euro più 2 miliardi di earn out, per un totale quindi di 21 miliardi, compreso il rifinanziamento della quota di debito di TIM che sarò trasferito alla NetCo per circa 10 miliardi di euro, il che già significava un miliardo in più rispetto alla prima proposta presentata a inizio anno (si veda altro articolo di BeBeez).
Quanto al consorzio CDP Equity-Macquarie, non si conoscono i termini della nuova offerta, ma si dice che sia inferiore a quella di KKR, così come era già stato in precedenza. Ricordiamo, infatti, che il consorzio aveva offerto 19,3 miliardi di euro rispetto ai circa 18 miliardi della prima offerta, sempre debito compreso, ma con una quota di contanti più elevata di quella offerta da KKR e quindi con un maggiore impatto potenziale sulla riduzione complessiva del debito di TIM , si diceva per quasi 17 miliardi.
Sarà da capire ora se queste cifre avranno il via libera degli azionisti e in particolare di Vivendi, primo azionista di TIM con il 23,75%, che più volte nel corso dell’ultimo anno e mezzo ha fatto capire di avere in mente una valutazione per la NetCo di circa 31 miliardi, compreso il debito, quindi ben altra cifra rispetto a quelle delle offerte anche nella loro versione migliorativa. Lo scorso maggio si diceva Vivendi sarebbe stata disposta a chiudere la partita attorno ai 26 miliardi.
Ieri Il Sole 24 Ore ha riportato che fonti vicine a Vivendi, basandosi sui valori delle offerte emersi dalle indiscrezioni di stampa, hanno bocciato i rilanci di KKR e CDP-Macquarie, definendoli “inconsistenti” e hanno detto che a questo punto si può chiudere in modo definitivo la “stagione delle offerte”- Più nel dettaglio, Vivendi si attende che il Cda di TIM, che “ha già bocciato offerte sostanzialmente uguali”, confermi “questa linea”. Non solo. Secondo le fonti, “la retorica per cui TIM debba vendere la rete per sopravvivere va smentita fortemente perché esistono altri piani che raggiungono lo stesso obiettivo con meno sforzo economico” e che “è necessario aprire un nuovo capitolo con una visione strategica industriale e non puramente finanziaria”.
Detto questo, nel Cda di TIM da metà gennaio non siede più alcun rappresentante di Vivendi, dopo che il ceo del colosso tlc francese, Arnaud De Puyfontaine, si è dimesso dal board a metà gennaio in polemica con l’attuale presidente Salvatore Rossi. Da allora non è ancora stato trovato un sostituto, ma ora il tema è urgente, proprio in vista delle riunioni del Cda che esamineranno le offerte. Così il Comitato nomine di TIM si è riunito anche ieri, di domenica per esaminare la rosa di nomi possibili sottoposti dall’head hunter (si veda qui Verità&Affari). A metà maggio Vivendi in una lettera al Cda di TIM aveva indicato l’ex presidente di Leonardo, Luciano Carta (si veda qui Reuters). Si tratta del 15esimo consigliere di TIM e il suo voto sarà quindi cruciale per il voto sulle offerte. Mercoledì 14 giugno è prevista la cooptazione.
Ricordiamo che incassare quanto più possibile dalla vendita della rete è cruciale per la riduzione del debito di TIM: nel 2022 il debito lordo è aumentato di circa 3,2 miliardi passando dai 22,2 miliardi del 2021 ai 25,37 miliardi dello scorso anno, a fronte di un aumento dei ricavi del 3,1% a 15,79 miliardi di euro, dai 15,32 miliardi del 2021, e a un aumento dell’ebitda del 5,3% a 5,35 miliardi dai precedenti 5,08 miliardi e con un perdita netta in diminuzione a 2,93 miliardi rispetto a un rosso di 8,65 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez). Le cose sul fronte del debito non sono migliorate nel primo trimestre del 2023: il debito finanziario netto è salito infatti a 25,8 miliardi di euro a fine marzo, a fronte di un incremento dei ricavi a 3,8 miliardi (+4,3% dal primo trimestre 2022) e dell’ebitda a 1,5 miliardi (+3,8%) (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione agli investitori).
Intanto l’amministratore delegato di CDP, Dario Scannapieco, intervenendo lo scorso sabato 10 giugno alla Festa dell’Innovazione del Foglio, ha detto che sulla trattativa per la società della rete di TIM “i tempi saranno probabilmente più lunghi di quello che uno immagina, vedremo quello che accade ma non drammatizzerei. Ci sarà bisogno di tempo e lo scenario è in evoluzione”. E ha aggiunto: “L’Italia è al terz’ultimo posto in Europa come utilizzo della fibra da parte di tutti noi, abbiamo due società che hanno sinergie che possono essere sfruttate perché non ha senso creare due reti per erogare il servizio. La scelta di separare la rete e sviluppare la concorrenza sui servizi come accade sull’elettricità o su altri fronti mi sembra una scelta, che è quella che ha portato avanti il management di TIM, sostenibile” (si veda qui Il Foglio).
Scannapieco fa evidentemente riferimento all’altra società proprietaria di rete OpenFiber, di cui CDP e Macquarie sono oggi azionisti, rispettivamente, al 60% e al 40%. Ricordiamo che da tempo è obiettivo del governo e di CDP quello di unire le reti di TIM e di Openfiber. E proprio in quest’ottica, per evitare problemi di Antitrust, si dice che in queste settimane CDP e Macquarie stiano lavorando allo spacchettamento della stessa Open Fiber (si veda qui Il Sole 24 Ore), con l’acquisizione delle cosiddette aree nere, quelle di maggior valore (più densamente popolate, nelle quali è presente un mercato concorrenziale con almeno due diversi fornitori di servizi di rete a banda ultra larga), da parte degli australiani mentre resterebbero in capo a CDP le cosiddette aree bianche e grigie, con le prime che sono quelle in cui non è previsto che nel giro di un triennio ci sia più di un operatore di rete e con le seconde che sono quelle in cui non è presente alcun operatore e nessuno ha mostrato interesse ad investire (si veda qui sulla definizione di aree nere, grigie e bianche). Se le cose dovessero andare così, allora è possibile che a quel punto CDP e KKR possano allearsi per rilevare insieme la rete di TIM.