Grazie ma si può fare meglio. Questo, in sintesi, l’esito del cda di TIM di venerdì nel quale è stata esaminata l’offerta da 18 miliardi di euro più bonus del fondo di private equity KKR per la rete fissa. “Il Consiglio ha molto apprezzato l’interesse espresso nella suddetta NBO (NetCo), pur considerando che la stessa non riflette pienamente il valore dell’asset e le aspettative di TIM, anche in termini di sostenibilità della società risultante dall’operazione ivi contemplata”, si legge nella nota diramata dalla società (si veda qui comunicato stampa).
“Pertanto, per favorire l’allineamento delle condizioni dell’operazione proposta rispetto al quadro strategico rilevante per TIM, il Consiglio ha deliberato di mettere a disposizione di KKR, non in esclusiva, alcuni specifici elementi informativi e di richiedere le ulteriori indicazioni necessarie per comprendere a pieno gli assunti e gli economics della proposta”. La nota prosegue spiegando che la società si aspetta “di ricevere un’offerta migliorativa” ed “entro il termine del 31 marzo 2023”, mentre tramite un portavoce dal fondo Usa hanno fatto sapere di accogliere “con favore” il comunicato e di essere “pronti a dialogare con il board per cooperare nel rispetto degli obiettivi strategici” di TIM.
La deadline per la proposta “migliorativa” è stata spostata di una settimana rispetto alla scadenza del 24 marzo dell’offerta non vincolante del fondo di private equity americano, dopo che questa era stata già rinviata dalla data originale del 24 febbraio da parte della stessa KKR (si veda altro articolo di BeBeez). Un rinvio dovuto “per effettuare una analisi congiunta degli aspetti pubblicistici dell’operazione concernenti i poteri esercitabili dal Governo nel settore”, aveva spiegato TIM in una nota a riguardo. I colloqui in corso con il governo stanno affrontando una questione spinosa che riguarda l’aspetto giuridico dell’operazione, visto che l’eventuale futura integrazione tra Netco e Open Fiber, nel quadro del noto progetto del governo di creare una rete infrastrutturale nazionale, potrebbe innescare complicazioni in tema di antitrust o in materia di aiuti di stato, visto che i proventi dell’operazione andrebbero ad abbattere il debito di una società privata, cioè di TIM.
Nel cda di venerdì è emerso anche un altro dettaglio, cioè la disposizione “non in esclusiva” a dare “alcuni specifici elementi informativi” a KKR. TIM, infatti, sta aspettando la nuova proposta di Cassa Depositi e Prestiti con il fondo australiano Macquarie, già soci di maggioranza di Open Fiber, dopo che questa è stata bloccata dal governo che ha chiesto a Cdp, di cui il MEF è maggior azionista, di aggiustare alcuni dettagli. L’offerta, si dice, sarebbe migliorativa per TIM sul fronte della quota in contanti per 1,5-2 miliardi di euro.
Dietro ai diversi rinvii c’è Vivendi, primo socio di TIM con il 23,8%, che come noto ritiene che NetCo valga ben più di quanto sarebbero disposti a mettere sul piatto KKR e CDP-Macquarie. La forza dei francesi si è già fatta sentire in passato, come nell’ultimo mou saltato a fine 2022 tra la società e Cdp quando, analogamente al caso KKR di un anno fa, ha fatto valere il proprio “no” per la valutazione sulla rete ritenuta troppo bassa.
Sono diverse le opzioni sul tavolo del governo: la prima, e quella preferita, è un’offerta congiunta con KKR con creazione di una newco direttamente controllata; la seconda è una sorta di “spezzatino” della NetCo nel quale si darebbe la disponibilità al fondo Usa di un’offerta sulle aree nere, cioè quelle a più alta concorrenzialità, mentre la Cassa potrebbe integrare le aree bianche e le aree grigie per le quali sarebbe meno complicato ottenere il via libera dell’Antitrust Ue per l’operazione di fusione (si veda altro articolo di BeBeez).
Intanto in borsa il titolo di TIM ha chiuso l’ultima seduta settimanale in rialzo dell’1,4% a 0,3066 euro, dopo aver toccato 0,3155 euro lo scorso 17 febbraio, il massimo da marzo 2022.