
di Alessandro Albano
E’ scivolato ancora in giù dell’1,04% ieri il titolo TIM a Piazza Affari a 0,2951 euro dopo aver già preso beneficio mercoledì, quando a metà giornata era arrivato il comunicato del gruppo tlc che, come previsto, aveva rimandato al mittente l’offerta non vincolante depositata una decina di giorni fa dalla cordata CDP-Macquarie per la NetCo, la rete infrastrutturale nella quale andranno a confluire anche i cavi sottomarini di Sparkle (si veda altro articolo di BeBeez), ringraziando, ma dicendo che non è in linea con le aspettative (si veda qui il comunicato stampa).
Poi, a contrattazioni chiuse, sono arrivati anche i conti 2022, che hanno confermato i dati preconsuntivi comunicati al mercato a metà febbraio in occasione della presentazione del Piano Industriale al 2025 (si veda altro articolo di BeBeez) e che avevano evidenziato un aumento dei ricavi del 3,1% a 15,79 miliardi di euro, dai 15,32 miliardi del 2021, e un aumento dell’ebitda del 5,3% a 5,35 miliardi dai precedenti 5,08 miliardi, con un perdita netta in diminuzione a 2,93 miliardi rispetto a un rosso di 8,65 miliardi. Resta però il nocciolo del debito, che nel 2022 è addirittura aumentato di circa 3,2 miliardi passando dai 22,2 miliardi del 2021 ai 25,37 miliardi dello scorso anno (si veda qui il comunicato stampa).
Più nel dettaglio, in tema NetCo nella sua nota il gruppo guidato dall’amministratore delegato Pietro Labriola ha detto di aver apprezzato l’interesse del consorzio, così come accaduto per la proposta presentata da KKR a inizio febbraio e con scadenza 24 marzo (si veda altro articolo di BeBeez), ma sempre come nel caso dell’offerta di KKR, “non riflette il valore dell’asset e le aspettative” della società, che per aiutare la cordata nelle valutazioni metterà a disposizione “alcuni specifici elementi informativi” e “ulteriori indicazioni necessarie”.
Per consentire sia al consorzio sia al fondo Usa di presentare le loro offerte migliorative, si legge ancora nella nota, il board ha dato mandato all’ad Pietro Labriola, affinché avvii un processo regolato, trasmettendo a entrambi gli offerenti, per il tramite dei propri advisor, una process letter che indichi: i termini a cui verrà dato loro accesso a ulteriori specifici elementi informativi, uguali per entrambi gli offerenti; e le forme attraverso le quali ciascuno di essi potrà presentare entro il termine del 18 aprile 2023 un’offerta migliorativa non vincolante. Quindi oltre due settimane di tempo in più per KKR a cui, ricordiamo, era stata data la scadenza del 31 marzo per proporre la nuova offerta sulla NetCo.
Ricordiamo che per entrambe le offerte si parla di una valutazione attorno ai 20 miliardi per la NetCo, con quella di CDP-Macquarie che sarebbe migliore per TIM in termini di contanti di 1,5-2 miliardi rispetto ai 18 miliardi più due miliardi di bonus offerti dal fondo americano ad inizio febbraio, che però sarebbe pronto ad aggiungere 7 miliardi per investimenti per sviluppare l’infrastrutturazione a banda ultralarga.
La presa di posizione del board certo non sorprende, visto che già una settimana fa, in occasione della conference call per la presentazione dei conti 2022, l’amministratore delegato di Vivendi (primo azionista di TIM con il 24%), Arnaud de Puyfontaine, aveva ribadito che le opzioni arrivate sul tavolo erano “molto inferiori al reale valore di questa bella azienda che è Telecom Italia” (si veda altro articolo di BeBeez).
Un copione a sua volta già andato in scena 15 mesi fa, quando il socio francese aveva respinto l’offerta del fondo americano da 0,50 euro per azione valutando l’ex monopolista delle tlc a 31 miliardi di euro. Una cifra che Vivendi considera valida ancora oggi, ma che difficilmente verrà pareggiata da CDP-Macquarie o da KKR, che, peraltro, è già proprietario del 37,5% della rete secondaria di TIM, FiberCop.
Con i francesi che hanno deconsolidato TIM dal bilancio per svolgere “il ruolo di azionista attivo”, e “difendere la giusta valutazione della partecipazione”, la via preferita da Vivendi resta un’opa con conseguente delisting. Ma il governo italiano, che invece spinge per una rete unica nazionale, starebbe lavorando a una soluzione che andrebbe a coinvolgere CDP e KKR, avvicinandosi ai francesi in termini di valutazione. Già nelle scorse settimane, a fronte di incontri con diversi incontri con tutte le parti in campo, sarebbe emersa l’idea di spacchettare la NetCo: al fondo Usa si darebbe la disponibilità per un’offerta sulle aree nere, cioè quelle a più alta concorrenzialità, mentre la Cassa potrebbe integrare le aree bianche e le aree grigie per le quali sarebbe meno complicato ottenere il via libera dell’Antitrust Ue per l’operazione di fusione.