Investindustrial ed Edizione Holding starebbero trattando per il controllo delle cartiere Fedrigoni. Lo ha scritto giorni fa Il Sole 24 Ore e nei giorni scorsi la stampa locale ha rilanciato la notizia, dopo aver parlato con i sindacati (si veda qui la rassegna stampa della Uil Trentino).
Si tratta dell’ennesimo tentativo della famiglia Fedrigoni di trovare un partner finanziario per il gruppo, dopo che a inizio anno erano saltate le trattative proprio con Edizione Holding, in quel caso in cordata con il fondo sovrano di Singapore, Temasek (si veda altro articolo di BeBeez). Il tema era stato il prezzo: i due potenziali investitori avrebbero valutato Fedrigoni solo 500 milioni, mentre l’omonima famiglia azionista stava ragionando su 650-700 milioni.
Quello con il fondo di qui è managing principal Andrea Bonomi e con la holding della famiglia Benetton è nel dettaglio il quarto tentativo della famiglia di trovare altri investitori per il gruppo, dopo lo stop all’ipo dell’autunno 2014 (si veda altro articolo di BeBeez) e dopo che nell’estate 2015 erano saltate le trattative in esclusiva con il fondo Charme (in quel caso perché il fondo avrebbe proposto un acquisto con una leva troppo alta). In ipo l’equity di Fedrigoni era stato valutato in un range di 440-560 milioni di euro per una capitalizzazione post-aumento di capitale compresa tra i 514,3 e i 654,5 milioni.
Con oltre 2.700 dipendenti, 13 stabilimenti (di cui 9 in Italia, 2 in Spagna e 2 in Brasile), 14 impianti di fabbricazione a macchine continue, 7 impianti di macchine spalmatrici e oltre 13.000 referenze prodotto in catalogo, il gruppo vende i propri prodotti in oltre 110 Paesi. Guidato dall’amministratore delegato Claudio Alfonsi, il gruppo è tra i maggiori operatori internazionali nella produzione e vendita di diversi tipi di carte e ha chiuso il 2015 con ricavi consolidati per 977 milioni di euro (+11,9% dagli 873 milioni del 2014), con un aumento dell’ebitda a 120,6 milioni (+5,2% da 114,6 milioni) e del risultato netto a 57,8 milioni (+8% da 53,5 milioni), in presenza di un debito finanziario netto in crescita a 178,3 milioni (da 72,7 milioni) per effetto delle acquisizioni. Il gruppo è proprietario, tra gli altri, dello storico marchio Fabriano.