C’è stato un gran recupero dell’attività di private equity e venture capital in Italia nel primo semestre 2021, sia sul fronte degli investimenti sia su quello della raccolta e dei disinvestimenti. Emerge dal rapporto semestrale di AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, in collaborazione con PwC, presentato ieri alla stampa da Innocenzo Cipolletta e Anna Gervasoni, rispettivamente presidente e direttore generale di AIFI, e da Francesco Giordano, partner di PwC Italia Deals.(si vedano qui il comunicato stampa e qui l’intera presentazione).
Un quadro di ripresa che emergeva già anche dal Report di BeBeez su 6 mesi di Private Equity 2021, pubblicato lo scorso luglio e dal Report di BeBeez su 8 mesi di Venture Capital 2021, pubblicato lo scorso agosto (entrambi disponibili agli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data). Ricordiamo però che i dati di BeBeez differiscono da quelli di AIFI, perché BeBeez considera l’attività di private equity e venture capital in senso lato e quindi gli investimenti e i disinvestimenti condotti da tutti gli attori del mercato, dunque non solo da fondi strutturati di private equity e venture capital, ma anche holding di investimento, società già partecipate da fondi, club deal di investitori privati, Spac, corporate venture capital, business angel e crowd di piattaforme di crowdfunding.
La ripresa degli investimenti in italia è parte di un trend molto marcato di ripresa dell’attività di private equity a livello globale. Già Bain&Co nel suo ultimo report indicava che nei primi sei mesi dell’anno soltanto i fondi di buyout hanno investito nel mondo 539 miliardi di dollari, una cifra che è pari alla media investita negli ultimi 5 anni non in sei mesi, bensì in un anno intero. Se il ritmo proseguirà così, la stima è che quest’anno si potrà toccare il tetto dei mille miliardi di dollari di deal di buyout, ben oltre il record precedente a 804 miliardi segnato nel 2006, quando il settore aveva raggiunto il picco, prima della crisi finanziaria globale (si veda altro articolo di BeBeez). E anche in Europa, secondo PitchBook, i fondi nei primi sei mesi del 2021 hanno già annunciato 3824 deal, un dato questo quasi uguale a quello di tutto il 2020, mentre a livello di valore, il totale delle operazioni si è attestato a 342,2 miliardi di euro, pari all’81,5% del totale dell’intero anno 2020 (si veda altro articolo di BeBeez)
Tornando ai dati AIFI, i fondi di private equity e venture capital nei primi sei mesi dell’anno hanno investito ben 4,5 miliardi di euro, non solo in del 142% dagli 1,9 miliardi del primo semestre del 2020, impattato dalla crisi Covid-19, ma anche in crescita dell’81% dal primo semestre del 2019, precedente la pandemia. Il 2020 era stato un ovviamente un anno nero per il settore, con gli investimenti che erano scesi del 9% a 6,6 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez) dai 7,2 miliardi del 2019, un dato peraltro a sua volta in crollo dal record di 9,8 miliardi del 2018 (si veda altro articolo di BeBeez). Invece il 2021 è sulla buona strada per classificarsi come anno record in senso positivo: soltanto nel 2016 era stato infatti raggiunto un valore più alto in termini di ammontare investito nel primo semestre. Quanto al numero di operazioni, si è attestato a 253, a sua volta in crescita del 102% rispetto alla prima parte del 2020 (125 investimenti) e del 52% rispetto al primo semestre del 2019. Da segnalare, inoltre, ha commentato ieri Francesco Giordano, Partner di PwC Deals, che “gli investimenti dei player internazionali ammontano a 3,4 miliardi di euro ossia il 74% sul totale e testimoniano come il private equity possa essere un importantissimo volano nell’attrarre investimenti stranieri”. E a riprova di questo interesse, ha aggiunto Anna Gervasoni, direttore generale di AIFI, “i fondi di private equity internazionali tornano in Italia non solo con gli investimenti, ma anche con gli uffici per essere stabilmente presenti e perchè vedono un potenziale interessante nel nostro Paese”. Un chiaro riferimento, questo, alle aperture degli uffici di Milano appena annunciate dai fondi tedeschi DBAG (si veda altro articolo di BeBeez) e Aurelius (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel dettaglio, il segmento dell’early stage (investimenti di venture capital in imprese nella prima fase di ciclo di vita, seed, startup, later stage) è cresciuto del 314% in ammontare (294 milioni di euro) e del 61% per numero di operazioni (129). Il buyout (acquisizioni di quote di maggioranza o totalitarie) ha registrato un aumento del 22% per ammontare (1,9 miliardi) e del 204% per numero (70). L’expansion (investimenti di minoranza in aumento di capitale finalizzati alla crescita dell’azienda) ha attratto 299 milioni di euro (contro i 31 milioni del primo semestre del 2020), distribuiti su 23 operazioni (+64%). Per quanto riguarda le infrastrutture, gli investimenti sono cresciuti in modo significativo, superando i buyout in termini di ammontare (2 miliardi di euro), mentre il numero di operazioni si è attestato a 25 (contro i 7 dello stesso periodo dell’anno scorso).
Da sottolineare che nel periodo oggetto di analisi sono state realizzate 5 operazioni caratterizzate da un ammontare superiore ai 150 milioni di euro, 2 delle quali hanno riguardato il comparto delle infrastrutture. Sempre lato investimenti, dal punto di vista delle dimensioni delle imprese, prevalgono ancora una volta le
aziende con meno di 50 milioni di fatturato, che rappresentano il 72% del numero totale (89% nel primo
semestre del 2020). Per quanto concerne la distribuzione settoriale, in termini di numero, nel comparto ICT sono state realizzate 72 operazioni (28% del totale), nel settore dei beni e servizi industriali 45 (18%) e nel medicale 27 (11%). Infine, in termini di distribuzione geografica, il 69% delle 242 operazioni realizzate nel primo semestre in Italia è stato realizzato al Nord (167 investimenti), il 21% al Centro (51) e il restante 10% al Sud e Isole, che totalizza 24 investimenti. A livello regionale, in linea con gli anni precedenti, la Lombardia si è classificata al primo posto sia in termini di numero di operazioni (95, pari al 39% del totale), sia di ammontare investito (1,2 miliardi di euro, 27%).
Quanto ai disinvestimenti, nel corso del primo semestre del 2021 ne sono stati realizzati 43, un numero che segna una crescita del 43% rispetto al primo semestre del 2020, quando erano 30, ma ancora inferiore rispetto al dato dello stesso periodo del 2019 (66). L’ammontare disinvestito, calcolato al costo storico di acquisto, si è attestato a 697 milioni di euro, contro i 395 milioni del primo semestre del 2020 (+76%; nel primo semestre del 2019 il valore era pari a 886 milioni). Nella distribuzione dei disinvestimenti per tipologia, nel primo semestre ha prevalso la vendita a soggetti industriali sia in termini di numero (17), pari al 39% del numero totale, sia di ammontare disinvestito, con il 47% del totale pari a 330 milioni di euro.
Un vero e proprio boom si è registrato infine sul fronte della raccolta. I risultati dell’analisi condotta da AIFI, in collaborazione con PwC Deals, mostrano infatti che la prima parte dell’anno ha registrato una raccolta complessiva (sul mercato e captive, cioè proveniente dalla casa madre) di 2,827 miliardi di euro, in aumento del 194% rispetto al primo semestre del 2020, grazie ad alcuni closing di dimensioni significative. Peraltro già nel 2020 la raccolta dei fondi era aumentata del 64% a 2,612 miliardi di euro da 1,591 miliardi nel 2019, che era stato però l’anno di record negativo sul fronte del fundraising dal 2016. Gli operatori che nei primi sei mesi del 2021 hanno effettuato un closing sono stati 21. Le fonti principali della raccolta1 sono state: fondi pensione e casse di previdenza (35%), banche (16%) e settore pubblico (10%).
“La ripresa dell’economia vede anche il contributo del private equity che con la crescita degli investimenti e
delle operazioni, soprattutto di expansion, dimostra quanto sia importante il ruolo svolto dagli investitori
anche in questo delicato momento”, ha detto Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI, che però ha sottolineato: “Serve un’azione maggiore per attrarre capitali italiani e internazionali che moltiplichino così le opportunità per le nostre aziende”. A livello geografico, infatti, ben il 95% dei capitali è provenuto da investitori domestici, accentuando il trend già evidenziato lo scorso anno, quando in tutto il 2020 la raccolta da investitori esteri aveva rappresentato soltanto un 10% circa del totale contro una media di circa la metà negli anni precedenti. Quanto al target di investimento, i fondi sono stati raccolti per investire soprattutto in infrastrutture (42%) e in buyout (41%).